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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero Rassegna Stampa
06.11.2025 Mamdani stravince e lancia la sfida a Trump
Cronaca di Dario Mazzocchi

Testata: Libero
Data: 06 novembre 2025
Pagina: 4
Autore: Dario Mazzocchi
Titolo: «Mamdani stravince e lancia la sfida a Trump: «La città che lo ha creato ora può sconfiggerlo»»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 06/11/2025, pag. 4, con il titolo "Mamdani stravince e lancia la sfida a Trump: «La città che lo ha creato ora può sconfiggerlo»", il commento di Dario Mazzocchi. 


Dario Mazzocchi

Zohran Mamdani lancia il guanto di sfida a Trump dopo aver vinto a New York. Nel suo primo discorso già promette di punire "quelli come lui" nella Grande Mela, tassando i ricchi e regolamentando i palazzinari. Anche su Israele, l'amico Trump troverà una dura opposizione nell'antisionista dichiarato Mamdani.

Lo si era capito sin dai primi istanti in cui il ciclone Zohran Mamdani aveva iniziato ad abbattersi sulla politica americana– Partito democratico compreso – che quella di New York non sarebbe stata una semplice elezione comunale. L’ulteriore conferma è giunta appena ufficializzato l’esito del voto, quando il nuovo sindaco della Grande Mela ha preso la parola con un messaggio alla Casa Bianca: «Se qualcuno può mostrare a una nazione tradita da Donald Trump come sconfiggerlo, quella è la città che lo ha fatto nascere», ha scandito ricordando che il presidente americano è un newyorchese.
«Donald Trump – ha aizzato la folla Mamdani –, visto che so che stai guardando, ho quattro parole per te: turn the volume up!». Alzare il volume per gasare la platea progressista che, tra le due sponde dell’Oceano Atlantico, intravede nel risultato di martedì l’inizio della fine del trumpismo: ancora tutto da dimostrare, ma l’euforia lascia poco spazio alle analisi ad ampio raggio. Trump il volume lo ha alzato, delle sue risposte.
Dall’American Business Forum di Miami, ha previsto che la città della Florida «diventerà presto il rifugio di quelli che scapperanno dal comunismo di New York», con l’opposizione che vuole trasformare il Paese in Cuba o in Venezuela.
Le metropoli è pur sempre il posto dove è cresciuto e quindi ha assicurato: «Vedremo quello che succede, e noi li aiuteremo, noi vogliamo che New York abbia successo».
I numeri indicano che Mamdani, primo sindaco musulmano, ha vinto con il 51,2% dei voti, mentre l’ex governatore dello Stato di New York, il democratico Andrew Cuomo che ha corso da indipendente, si è fermato al 40%. Terzo il repubblicano Curtis Sliwa con il 7%. Un programma misure assistenziali per «abbassare i costi e rendere la vita più semplice» che ha raccolto il favore di quattro distretti su cinque (l’unica zona dove Cuomo si è imposto è Staten Island), con la performance migliore a Brooklyn (57%).
È andato forte tra i giovani (fino al 62% tra gli under 30), meno tra gli anziani (attorno al 29% tra gli over 65). È il paladino delle comunità asiatiche, nere e ispaniche, ma non degli elettori bianchi (37%). Tra chi lo ha scelto c’è chi ha messo in conto che New York si esponga a rischi per la sicurezza, ma la parola chiave resta «affordable», accessibile: congelamento degli affitti, creazione di supermercati con prezzi all’ingrosso per contenere i costi alimentari, introduzione di bus senza biglietto e ampliamento dell’accesso gratuito ai mezzi. Un’agenda dai toni socialisti: Mamdani, non lo ha mai nascosto, arriva da quella galassia.
Ieri ha rilanciato la parola “speranza” a più riprese, come ai tempi dello slogan elettorale obamiano “Hope”, e altre provocazioni al presidente degli Stati Uniti, che ha fornito la sua versione dei fatti: «Il fatto che non fossi sulla scheda e lo shutdown sono state le due ragioni per cui i Repubblicani hanno perso le elezioni».
Un aspetto, quello dello shutdown (la chiusura di alcune attività del governo federale perché non c’è accordo sul rifinanziamento della spesa pubblica), su cui l’inquilino della Casa Bianca è tornato in giornata: «La notte scorsa non ci aspettavamo una vittoria: non credo che sia stata positiva per i Repubblicani. Non sono sicuro che sia stata positiva per qualcuno, ma abbiamo avuto una serata interessante e abbiamo imparato molto». E in particolare che «lo shutdown è stato un fattore importante e dobbiamo far riaprire il governo presto, subito». La chiusura è iniziata il 30 settembre e «ogni Democratico al Congresso sta tenendo in ostaggio il popolo degli Stati Uniti», è l’accusa del presidente, proprio mentre gli stessi «stanno chiedendo assistenza sanitaria gratuita per immigrati irregolari, spacciatori e tossicodipendenti».
«Non mi farò intimidire», ha rimarcato invece Mamdani sull’ipotesi che Washington invii la Guardia nazionale in città per intervenire sulla sicurezza pubblica, «le sue minacce sono inevitabili». Non scontati i complimenti per l’elezione, invece: non sono arrivati, e il Democratico lo ha voluto sottolineare.
Dal mondo MAGA la narrazione è che New York cadrà nel caos e che il crimine aumenterà. Una città finita nelle mani di un «marxista radicale anti-polizia», simbolo del declino urbano e morale delle metropoli che votano per i Democratici. «E dunque ha inizio...» è il messaggio da interpretare che il presidente americano ha postato online a caldo. Calza a pennello sia per il nuovo mandato di Mamdani (scatterà ufficialmente il 1° gennaio 2026) sia per pronosticare un nuovo capitolo di battaglie politiche per la Casa Bianca a trazione trumpiana: quello della lotta «tra comunismo e senso comune».

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