Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Presto vivremo nella città globale governata dall’Islam".

Giulio Meotti
Di Zohran Mamdani ho scritto a giugno, quando i giornali italiani dovevano ancora capire come si pronunciasse e vagheggiavano già del suo “socialismo democratico”.
A me era tutto chiaro, perché come ho scritto tre settimane fa, “non c’è bisogno di far schiantare degli aerei contro i grattacieli, questa è sempre stata una pessima strategia perché anche lo stato più debole si sentirà in dovere di rispondere. Ma se si inquadra la questione in termini di ‘sensibilità multiculturale’, lo stato debole si piegherà per darti tutto ciò che vuoi, comprese le chiavi di quei grattacieli”.
Bisogna ammettere che era una discreta previsione della vittoria del primo sindaco islamico della città dei grattacieli.
Fino a oggi, l’America considerava l’erosione dell’Occidente da parte dell’Islam un problema tutto europeo (oggi in Francia c’è stato un altro attentato al grido di “Allahu Akbar”).
Non più. Il grande giorno è arrivato. E la Grande Mela si è svegliata Grande Mezzaluna.

La scorsa settimana, il socialista democratico Mamdani, deputato dello Stato di New York e favorito indiscusso per la carica di sindaco, ha pubblicato una foto che lo ritraeva in una moschea di Brooklyn con il suo imam, Siraj Wahhaj, che ha descritto come “uno dei più importanti leader musulmani della nazione”.
Al momento del primo attentato al World Trade Center del 1993, questa moschea era frequentata da diverse persone collegate a quell’attacco. L’imam ritratto accanto a Mamdani era un complice non incriminato di quell’attentato e ha testimoniato come testimone difensivo per Omar Abdel-Rahman, lo “sceicco cieco” che ha guidato la cospirazione terroristica.
Wahhaj ha dichiarato: “Non dirò mai e poi mai alla gente: ‘Non siate violenti, questa non è la via islamica’. La violenza deve essere selezionata”.
E la città dell’attentato dell’11 settembre ora è finita nelle mani di un islamista che dice che la zia che aveva paura a indossare il velo è una vittima dell’11 settembre quanto i tremila innocenti inceneriti da Osama bin Laden.
“Mamdani distruggerà New York” scrive lo Spectator, ma, quel che è peggio, il mostro che hanno creato a sinistra finirà per distruggere l’Occidente.
I soliti “esperti” sono felici di sostenere che è stata una brutta serata per il Partito Repubblicano, come se fosse stata una buona serata per i Democratici.
Ma è più semplice: non si tratta dei partiti; si tratta del paese e dell’Occidente.
Classe ‘91, nato in Uganda, Mamdani è figlio della regista Leone d’Oro a Venezia Mira Nair, impegnata a raccontare la società occidentale come un sistema razzista e oppressivo, e di un politologo della Columbia University, uno dei più noti teorici marxisti dell’Africa postcoloniale, una specie di Edward Said.
Il gesto sfacciato di Mamdani nel visitare la moschea radicale aveva lo scopo di normalizzare l’estremismo islamico in America e dimostrare che era in ascesa, pronto a prendere il potere.
Quasi la cronaca di una morte di civiltà annunciata.
Il programma politico di Mamdani è un manifesto ideologico totalmente folle: tagliare i fondi alla polizia, tassare la proprietà privata, depenalizzare alcuni furti, la cittadinanza a milioni di immigrati irregolari, disinvestire da Israele, investire nell’Islam. Mamdani parla dell’America come di una “nazione coloniale fondata sulla violenza dei bianchi” e sostiene che la libertà è una forma di oppressione. Il suo programma è cancellare i principi che hanno fatto grande l’America e, con essa, l’Occidente, per sostituire la civiltà con un mostro che vive dell’odio di sé.
Se volete capire questo mostro dovete leggere il saggio di Adam Lehrer sul Tablet: “Mamdani come algoritmo umano”.
Il sindaco islamico di New York è “una parodia del comunismo da champagne”, è “la rivoluzione woke in diretta streaming” e “un groviglio di pseudo-comunismo terzomondista, radicalismo islamista e quel tipo di liberalismo globale intriso di ong che si autodefinisce ribellione” e che brandisce slogan come “Black Lives Matter”, “proteggi i bambini trans”, “Green New Deal”, “Gays4Gaza” e “globalizzare l’Intifada”.
L’ideologia Mamdani non è semplicemente marxista. È un cocktail di risentimento da Terzo Mondo, antisemitismo e antiamericanismo, il tutto intriso di una totale ignoranza delle leggi naturali dell’economia. È un mix volatile che potrebbe spingere il Partito Democratico e rappresentarne il futuro. Oppure potrebbe portarlo al collasso.
L’America sta cadendo, proprio come è successo all’Europa.
Persino il Texas sta assistendo all’ascesa di enclave islamiche. L’East Plano Islamic Centre, una potente mega-moschea, ha acquisito vaste proprietà terriere per costruire una comunità islamica autonoma e aderente alla sharia. La sua leadership ha dichiarato: “Inshallah, cambieremo l’intero panorama della dawah dimostrando al mondo cosa significa essere un musulmano che vive in Occidente”. La dawah è la strategia per l’espansione islamica.
Alla conferenza dei Musulmani Americani per la Palestina a Tinley Park, Illinois, 3.000 persone hanno discusso apertamente di piani per conquistare l’America e metterla in ginocchio attraverso una mobilitazione di massa.
Di sindaci islamici in Occidente ne abbiamo già molti, da Londra a Rotterdam, passando per decine di città britanniche (Birmingham, Leeds, Blackburn, Oxford, Oldham e Rockdale).
Le prossime città a cadere alla sharia (prima soft, poi hard) saranno Marsiglia (30 per cento musulmana), Lione (30 per cento musulmana), Montpellier (20 per cento musulmana), Mulhouse (25 per cento musulmana), Anversa (25 per cento musulmana), Malmö, Vienna, e Bruxelles (30 per cento musulmana). Se dovessi scommettere in Italia, Torino avrà il primo sindaco musulmano.
Ma New York è unica (capitale mondiale della finanza e dell’intrattenimento, città-martire dell’11 settembre e più grande centro ebraico mondiale dopo Israele) e l’effetto dell’uragano Mamdani sarà senza precedenti.
E c’è già lo stadio successivo.
Un chiaro caso di studio, spiega l’analista israeliano Edy Cohen, si può trovare a Dearborn, sede di una delle più grandi concentrazioni di musulmani, che costituiscono oltre la metà della popolazione.
Un tempo famosa come la sede della Ford, Dearborn oggi è la “capitale americana del Jihad”.

Non è più America, ma Beirut, Sanaa, Teheran, Gaza. Queste scene le vedremo presto in massa anche a New York. Pensiamo a come Londra è stata distrutta dopo l’elezione del laburista islamico Sadiq Khan.

Due anni fa, Abdullah Hammoud, sciita di origine libanese, è stato eletto sindaco musulmano di Dearborn e ha immediatamente nominato un capo della polizia musulmano, Issa Shahin.
Una delle prime politiche di Hammoud è stata il riconoscimento ufficiale delle festività musulmane come congedo retribuito, oltre a consentire la chiamata pubblica alla preghiera (adhan).
Ecco come ci sveglieremo in una città a maggioranza islamica.
giuliomeotti@hotmail.com