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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio Rassegna Stampa
03.11.2025 Il piano dei Fratelli Musulmani
Analisi di Florence Bergeaud-Blackler (traduzione di Mauro Zanon)

Testata: Il Foglio
Data: 03 novembre 2025
Pagina: 1
Autore: Florence Bergeaud-Blackler
Titolo: «Il piano della Fratellanza»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 03/11/2025, nella sezione Un Foglio Internazionale, articolo di Florence Bergeaud-Blackler originariamente pubblicata su Le Figaro tradotto da Mauro Zanon dal titolo: "Il piano della Fratellanza".

Florence Bergeaud-Blackler
I Fratelli Musulmani alla conquista dell'Europa. Non con le armi, ma con un piano di lungo periodo che prevede la penetrazione di tutte le nostre istituzioni, per poi imporre la legge coranica.

La confraternita dei Fratelli musulmani (al-Ikhwan al-Muslimun) è nata come associazione di predicazione ed educazione morale, ma si è evoluta rapidamente in un movimento politico- religioso strutturato, con obiettivi sociali, economici e politici, volto a stabilire una società fondata sui princìpi dell’islam”, scrive Florence Bergeaud-Blackler sul Figaro. “Hassan al-Banna ne è il fondatore. Ha 22 anni quando la crea nel 1928 nella città di Ismailia, in Egitto. Figlio di un orologiaio erudito e imam, Al-Banna cresce in un ambiente profondamente religioso, ma anche sensibile ai cambiamenti intellettuali e politici dell’Egitto dell’inizio del Ventesimo secolo. Si forma alla Dar al-Ulum, un’istituzione fondata al Cairo nel 1871 per costituire una nuova élite di insegnanti, in grado di conciliare le conoscenze religiose con le scienze moderne. Questa formazione ibrida, a metà strada tra la madrasa tradizionale e le scuole riformate ispirate all’Europa, segnerà in modo duraturo il suo pensiero.

Proveniente da una famiglia influenzata dal sufismo, e in particolare dalla confraternita Hassafiya, Al-Banna sviluppò fin dalla giovinezza un’intensa spiritualità, alimentata dalla devozione, ma anche dalla disciplina personale e dal senso di comunità. Al-Banna orientò questa spiritualità verso una finalità politica e sociale. Questa fondazione avviene in un contesto caratterizzato dalla colonizzazione britannica, dal declino dell’autorità religiosa tradizionale e dalla disgregazione del califfato ottomano (abolito nel 1924). Al-Banna è un uomo del suo tempo: incarna quella sintesi ricercata fra tradizione islamica e aspirazioni moderne. In un’epoca in cui l’Egitto subisce l’occupazione britannica e le élite moderniste sono divise tra secolarismo e fedeltà alla tradizione, egli critica apertamente sia gli studiosi tradizionali che il potere imperiale occidentale. Al-Banna accusa i primi di essere servili, chiusi in dispute giuridiche scolastiche (taqlid) che li rendono incapaci di rispondere alle sfide dell’epoca. E per quanto riguarda la civiltà occidentale, riconosce che ha brillato per la sua perfezione scientifica e che ha sottomesso il mondo intero grazie ai prodotti di questa scienza, ma ritiene che oggi sia in rovina. Nella sua lettera al re d’Egitto, Faruk I, e a tutti i leader del mondo musulmano, promuove la via islamica, la via verso la luce (Nahwa al-Nur). E invoca una rinascita islamica integrale, di fronte a quella che definisce la sedizione occidentale. In essa sviluppa la sua tesi secondo cui il dominio coloniale occidentale non è solo militare o politico, ma anche mentale e di civiltà. Per lui, è utilizzando le stesse armi della potenza imperiale occidentale, ribaltando il senso della colonizzazione, che l’islam si imporrà (…).

Al-Banna si iscrive nella tradizione di Jamal al-Din al-Afghani, Muhammad Abduh e Rachid Rida, pensatori riformisti che, già alla fine del Diciannovesimo secolo, avevano invocato un rinnovamento dell’islam basato su un ritorno alle origini (salafiya), ovvero alla purezza delle pratiche delle prime generazioni musulmane, i Salaf al-Salih. Ne riprende l’ambizione, ma la dota di un’organizzazione strutturata e militante: i Fratelli musulmani. Il suo obiettivo non è solo morale o educativo: si tratta di preparare l’Egitto e tutti i paesi musulmani a ripristinare il califfato perduto, non attraverso una rivoluzione immediata, ma attraverso un processo graduale e paziente di reislamizzazione della società. A tal fine, propone una confraternita radicata nel modello profetico, con una guida fraterna, una disciplina collettiva e un orientamento risolutamente orientato all’azione sulla base di un programma fondato sulle fonti del diritto musulmano: il Corano e la Sunna (…).

I Fratelli optano quindi per una strategia di influenza a lungo termine, non più orientata al ritorno, ma alla trasformazione delle stesse società ospitanti, puntando in particolare sui figli degli immigrati musulmani che dovranno essere gli ambasciatori dell’islam in occidente. Qui intervengono i figli di Saïd Ramadan e in particolare Tariq Ramadan, che sarà la forza trainante della reislamizzazione dei bambini e delle donne. Questa strategia di controllo dei figli degli immigrati – raramente esplicitata, ad eccezione del documento dell’Isesco, organo dell’Organizzazione della cooperazione islamica (“Strategia dell’azione culturale islamica al di fuori del mondo islamico”, adottata dalla nona conferenza islamica al vertice di Doha, in Qatar, nel novembre 2000) – si basa su un approccio dolce e strutturato, incentrato sull’istruzione, il radicamento associativo, attività di lobbying istituzionale e il controllo di spazi chiave: moschee, Ong, federazioni religiose, consigli rappresentativi, reti di certificazione halal, dispositivi di formazione religiosa o civica.

Nello spirito di Al-Banna, questa reislamizzazione deve emergere dall’interno dei popoli musulmani, restituendo loro l’orgoglio, la disciplina e la coscienza islamica che, secondo lui, il colonialismo avrebbe cercato di distruggere. Tra i consigli che dà ai re e ai principi del mondo musulmano per realizzare la società islamica, chiede loro di porre fine alla rivalità tra i partiti; di modificare la legge affinché sia conforme alla legislazione islamica; di rafforzare le forze armate e suscitare nei giovani lo spirito del jihad islamico; di rafforzare i legami tra tutti i paesi islamici; di diffondere lo spirito islamico in tutti i dipartimenti del governo, affinché tutti i suoi dipendenti si sentano responsabili del rispetto degli insegnamenti islamici; di sorvegliare da vicino la condotta personale di tutti i suoi dipendenti affinché non vi sia alcuna contraddizione tra la vita privata e quella professionale (…).

Il progresso descritto – dall’insediamento discreto degli anni Cinquanta all’attuale strutturazione in reti tentacolari – illustra perfettamente la strategia gradualista teorizzata da Al-Banna. Ogni generazione ha svolto il proprio ruolo: i pionieri hanno gettato le basi, i loro successori hanno strutturato il movimento (creazione dell’Uoif, Union des organisations islamiques en France, nel 1983) e la generazione attuale sta sviluppando la propria influenza attraverso i social network e l’istruzione (…).

I Fratelli musulmani continuano a dominare la narrativa islamista globale. E se il loro modello graduale di islamizzazione è messo in discussione sia dalla repressione degli stati, sia dalla logica rivoluzionaria salafita, sia dalla pluralità delle società musulmane contemporanee, è probabile che le reti dei Fratelli musulmani si rafforzeranno grazie alle loro ramificazioni occidentali”.

(Traduzione di Mauro Zanon)

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