Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Voto sulla giustizia: chi rischia è la Schlein Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 02 novembre 2025 Pagina: 1 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Voto sulla giustizia: chi rischia è la Schlein»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 02/11/2025, a pag. 1, con il titolo "Voto sulla giustizia: chi rischia è la Schlein", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
La sinistra punta tutto sul referendum sulla giustizia per far deragliare la riforma del governo Meloni. Ma così rischia di spezzarsi, se dovesse vincere il SI.
Che per il governo, anzi per qualunque governo e in qualsiasi momento, un referendum costituzionale confermativo rappresenti un rischio, è perfino ovvio dirlo.
Un voto di quel genere riguarda sì il quesito oggetto della tornata referendaria, ma inevitabilmente porta con sé anche un giudizio politico complessivo su un esecutivo e su una maggioranza. Magari un giudizio non determinante: e però certamente significativo. Questo è pacifico.
E tuttavia, come molti osservatori avvertiti cominciano ad annotare, nella primavera del 2026 potrebbe essere molto più Elly Schlein a rischiare rispetto a Giorgia Meloni. Ha senso, dal punto di vista del Pd, una campagna (l’ennesima, stanca e spompata) sulla “democrazia in pericolo”? Qualcuno ci crede? Qualcuno pensa davvero che ci sia un “rischio-fascismo” dietro l’angolo? E ancora: è opportuno schierarsi a corpo morto con la corporazione dei magistrati proprio nel momento in cui è più evidente la loro politicizzazione? È stato efficace farsi guidare dalla Cgil sul lavoro e adesso dall’Anm sulla giustizia?
Le risposte a queste domande sono abbastanza agevoli. Si può dare una risposta positiva solo se la sinistra si è già inevitabilmente rassegnata a stare strutturalmente in minoranza, e quindi a perdere le elezioni politiche del 2027 senza nemmeno provare a competere.
In quel caso può essere logico insistere con il massimalismo, con l’estremismo impolitico, con i toni da assemblea scolastica permanente. Lo schema sarebbe il solito: un urlatore che detta il tono (Bonelli, Conte, Fratoianni, più qualche manettaro a piacere, esattamente come Landini e la Albanese hanno fatto nelle scorse settimane su altri temi) e la Schlein che stancamente si mette a rimorchio ripetendo gli slogan. Risultato?
Quello dei sondaggi anche sui partiti: non più del 40% perla coalizione di centrosinistra, e una robusta maggioranza per il centrodestra.
Ecco: se invece a sinistra qualcuno desidera cambiare schema, questo è il momento per provare a farlo. Dove stanno i sempre evocati ma spessissimo impalpabili “riformisti” del Pd? Diciamocelo: sulla politica estera hanno avuto una prima occasione per far sentire la loro voce e non l’hanno usata. Si sono fatti intimidire moralmente e umiliare politicamente. E stavolta che faranno?
Anche davanti a loro, politicamente parlando, si apre un bivio.
Potrebbero a propria volta proseguire con il solito schema: qualche flebile intervista in dissenso da Schlein, un sì alla riforma balbettato timidamente e solo a titolo personale, la richiesta di poter eventualmente usufruire della libertà di coscienza (come se quella libertà dovesse essere sovranamente concessa da qualcuno altro), e in ultima analisi la consueta accettazione a testa bassa del fatto che la linea venga dettata dalle guardie rosse schleiniane. E la ricompensa quale sarebbe? Una totale resa politica alla segreteria e in cambio il piatto di lenticchie di dieci seggi (cinque alla Camera e cinque al Senato) nelle liste Pd del 2027. Roba da diritto di tribuna: più o meno il trattamento che il vecchio Pci riservava ai cosiddetti “indipendenti di sinistra”.
Oppure (seconda strada) i cosiddetti riformisti dem potrebbero finalmente concedersi il lusso di combattere una battaglia politica in campo aperto. Potrebbero recuperare la mozione di Maurizio Martina del 2019 (che prevedeva il sì alla separazione delle carriere, e fu firmata da molti e autorevoli dirigenti del Pd), costruire un loro comitato per il sì, differenziarsi in modo onesto ma evidente ed esplicito dalla linea della Schlein, metterla preventivamente sull’avviso e direi in mora rispetto alle conseguenze di un’eventuale sconfitta.
Si tratterebbe di fare politica. E per loro - sarebbe la classica prospettiva “win win”: nella migliore delle ipotesi, i riformisti sarebbero tra i vincitori della partita politica; nella peggiore, si sarebbero comunque dati una soggettività che oggi non hanno, transitando dalla condizione di oggetto (della politica altrui) a quella di soggetto (di un’iniziativa propria), riaprendo una sfida di contenuti e di parole d’ordine a sinistra.
Che aspettano? O dobbiamo concludere che si siano affezionati al guinzaglio con cui sono politicamente tenuti sotto controllo dalle milizie schleiniane?
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