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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Riformista Rassegna Stampa
30.10.2025 Un appello di Fiamma Nirenstein e di Stefano Parisi contro l'antisemitismo
Intervista doppia di Aldo Torchiaro

Testata: Il Riformista
Data: 30 ottobre 2025
Pagina: 4
Autore: Aldo Torchiaro
Titolo: «Un appello di Fiamma Nirenstein e di Stefano Parisi contro l'antisemitismo»

Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 30/10/2025, a pagina 4, l'analisi di Aldo Torchiaro dal titolo "Un appello di Fiamma Nirenstein e di Stefano Parisi contro l'antisemitismo".

File:Aldo Torchiaro.png - Wikipedia
Aldo Torchiaro

Intervista a Fiamma Nirenstein

Fiamma Nirenstein

Fiamma Nirenstein non potrà essere in piazza oggi a Roma: si trova in Israele. La firma del Giornale, autrice di una decina di saggi sull’odio antiebraico, già deputata e fondatrice della Commissione parlamentare sull’antisemitismo, analizza con noi lo tsunami del nuovo antisemitismo: la genealogia ideologica, l’intreccio con l’odio antisionista, la saldatura tra jihad e postmodernità, il ruolo delle università e l’odiosa sequenza di etichette delegittimanti applicate a Israele.

Siamo davanti a un antisemitismo senza precedenti?

«È più di così: è un’era di antisemitismo letale, omicida, stragista e persino genocida. Per capirlo bisogna collegarlo all’odio verso Israele, perché lì si vede come è nato, si è sviluppato e oggi si legittima culturalmente e politicamente.»

Da dove riparte questo fenomeno e come si è trasformato nel tempo?

«L’antisemitismo ha avuto forme pagane, cristiane, razziste, religiose. Dopo la Shoah assume presto la veste dell’odio antisionista: gli ebrei non più come “razza”, ma come Stato da demonizzare. È una metamorfosi riconoscibile già nel dopoguerra e poi sistematizzata da intellettuali e apparati politici.»

Parli di una vera e propria guerra di civiltà?

«Sì. È in corso una guerra culturale e psicologica contro la civiltà giudaico-cristiana e occidentale. Dopo il nazismo, il mondo stalinista e comunista individua in Israele la punta di diamante da colpire, costruendo un castello ideologico, economico e politico di enorme portata per delegittimarlo.»

Che cosa è cambiato dopo il 7 ottobre 2023?

«C’è stata una licenza di agire, non solo virtuale. Si è saldata la jihad islamica con le ideologie postmoderne dell’intersezionalità: il quadro oppressi-oppressori ha reso naturale inserire ebrei e Israele nel lato “sbagliato”, amplificando odio e giustificazionismo sotto la copertura morale del progressismo.»

Perché le università sono diventate un volano così potente?

«Per la combinazione tra denaro, influenza e cornice teorica. In molti atenei europei e americani erano già presenti reti jihadiste e fondi provenienti dal Golfo. La matrice postmoderna ha poi sferrato il colpo sui giovani, più permeabili. E l’antisionismo ha attecchito come forma “accettabile” di antisemitismo.»

Qual è il meccanismo cognitivo che alimenta questa propaganda?

«L’incapacità deliberata di distinguere vero e falso: la stessa tossina che alimentò il nazifascismo. Oggi è una malattia cognitiva fabbricata con investimenti ideologici e politici, terrorismo e paura, e un’inondazione di disinformazione che trasforma ogni fatto in pretesto per colpevolizzare ebrei e Israele.»

Quali etichette sono state appiccicate a Israele?

«Prima imperialista, poi razzista, quindi suprematista bianco, colonialista, apartheid, “pulizia etnica”, fino a genocida. È una scala di demonizzazione pensata per negare la legittimità stessa di Israele e normalizzare l’ostilità verso gli ebrei nel mondo.»

Quale risposta è necessaria adesso?

«Chiarezza linguistica e verità fattuale, senza eufemismi. Bisogna smascherare l’antisionismo come antisemitismo, difendere la legittimità di Israele, proteggere la libertà di parola e riportare il dibattito nelle università alla responsabilità intellettuale. Solo così si contrasta un odio che mira al cuore dell’Occidente.»

Intervista a Stefano Parisi

Stefano Parisi

 

In piazza a testa alta, con gli ebrei, stasera. Chi vorrà potrà indossare la kippah, il copricapo tradizionale maschile.

A Roma, Milano e Venezia portarla in testa, nelle occasioni pubbliche, non si può più: lo sconsigliano le autorità di pubblica sicurezza. “Niente simboli religiosi in pubblico.”

Nei due anni successivi al 7 ottobre 2023, l’antisemitismo in Italia ha raggiunto livelli inediti dal dopoguerra, con centinaia di episodi registrati e un clima di ostilità diffuso.

Per reagire, questa sera — a partire dalle 19, in piazza Santi Apostoli a Roma — si terrà una manifestazione promossa da Setteottobre per “la libertà di essere ebrei in Italia” e per ribadire che combattere l’antisemitismo significa difendere la democrazia e la coscienza civile.

Conduce Antonio Monteleone. Sul palco sono attesi Riccardo Di Segni, Victor Fadlun, Walker Meghnagi, Noemi Di Segni, Flavia Fratello, i direttori Tommaso Cerno e Claudio Velardi, oltre a esponenti politici come Elena Bonetti, Maria Elena Boschi, Maurizio Gasparri, Lucio Malan, Simonetta Matone e Pina Picierno.

Aderiscono oltre 50 realtà, tra cui comunità ebraiche italiane, Ucei, Ugei, associazioni di amicizia Italia-Israele, Fiap, Evangelici d’Italia per Israele, Il Riformista e Keshet.

Con Stefano Parisi, presidente di Setteottobre, entriamo nel merito dell’appuntamento di oggi.

Perché scendere in piazza proprio adesso?

«Perché assistiamo ogni giorno a manifestazioni antisemite nelle piazze e a violenza squadrista nelle università. La storia di Israele viene distorta e istituzioni italiane danno spazio a propagatori di menzogne antisemite. Era necessario reagire. Gli ebrei devono poter tornare in piazza sicuri e sentire che la libertà di pensiero ed espressione è tutelata per tutti.»

Quale messaggio volete dare agli ebrei italiani?

«Il 30 ottobre chiediamo a chi porta simboli e identità ebraiche di venire in piazza senza paura, e dal giorno dopo di tornare in scuole e università per parlare a testa alta, con orgoglio e con la necessaria sicurezza. L’ondata di antisemitismo non conosce tregua: dobbiamo essere presenti nello spazio pubblico e culturale, senza arretrare.»

Come interpreta l’esplosione dell’antisemitismo dopo il 7 ottobre?

«Si è azzerato un freno morale. Alcuni dicono che gli israeliani stiano facendo ai palestinesi ciò che noi abbiamo fatto agli ebrei e si sentono autorizzati a esprimere un’ostilità antica. È un antisemitismo nuovo, che richiede un linguaggio nuovo e un’azione politica concreta. Basta con la retorica rituale: vogliamo difendere gli ebrei vivi, che reagiscono e si difendono contro i veri nemici dell’Occidente, l’islam radicale, nemico anche dei musulmani moderati.»

C’è una guerra cognitiva che investe i giovani di licei e università?

«Sì, ma la minoranza violenta è piccola. Il problema è l’Accademia che la protegge. I rettori, i professori, i presidi sono spesso dalla parte sbagliata. Oggi spesso non si può dibattere: se non si accetta l’idea che a Gaza ci sia un genocidio, non ti fanno parlare. La maggioranza degli studenti vuole studiare e ascoltare. Una minoranza squadrista è sostenuta da senati accademici e da una parte della politica. È ora di aprire gli occhi.»

Cosa chiedete a politica, università, élite culturali e mediatiche?

«Di uscire dall’ambiguità e difendere con coerenza la libertà religiosa, la libertà di parola e la sicurezza delle comunità ebraiche. Servono regole applicate, sale protette per i dibattiti e responsabilità verso chi impedisce il confronto.»

Qual è il messaggio che deve restare il giorno dopo?

«Quello ricordato ieri dal Papa: l’antisemitismo è intollerabile in una democrazia. Difendere gli ebrei significa difendere la libertà di tutti. Questo è il cuore della nostra manifestazione.»

Per inviare la propria opinione al Riformista, cliccare sulla e-mail sottostante.


redazione@ilriformista.it

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