mercoledi` 29 ottobre 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
29.10.2025 Cessate la tregua!
Analisi di Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 29 ottobre 2025
Pagina: 1
Autore: Micol Flammini
Titolo: «Cessate la tregua»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 29/10/2025, a pag. 1/III, con il titolo "Cessate la tregua", l'analisi di Micol Flammini.

Micol Flammini
Micol Flammini

Israele risponde con le bombe alle violazioni di Hamas | Il Foglio
Due settimane dopo lo scadere dell’ultimatum di Trump, Hamas non ha ancora restituito i corpi di tredici ostaggi e ha attaccato due volte Tsahal a Rafah. Israele ha reagito con bombardamenti, mentre cresce la convinzione che Hamas stia sabotando il piano americano per evitare il disarmo

Roma. Ieri Tsahal ha bombardato nella Striscia di Gaza. Sono trascorse due settimane dallo scadere dell’ultimatum di Donald Trump per la restituzione degli ostaggi vivi e morti detenuti da Hamas e, in queste due settimane, i terroristi non hanno ancora restituito i corpi di tredici rapiti e per due volte hanno attaccato i soldati israeliani nella zona di Rafah. Il 53 per cento della Striscia è controllato da Tsahal. Il restante 47 per cento è controllato dai terroristi di Hamas. Secondo l’accordo che le due parti hanno raggiunto per arrivare al cessate il fuoco, di Hamas non deve rimanere traccia a Gaza. Sempre secondo l’accordo, se Hamas non rispetta i termini pattuiti, la ricostruzione di Gaza può intanto ripartire nella parte controllata da Israele, il restante 47 per cento rimarrebbe quindi nelle mani dei terroristi, un coltello puntato contro l’altra metà di Gaza e contro Israele. 

Hamas ha fatto capire dal secondo giorno del cessate il fuoco di avere intenzione di rendere l’accordo il più fragile possibile: ha ritardato la consegna dei corpi degli ostaggi morti e per due volte, i terroristi hanno usato i tunnel nella zona di Rafah, sotto il controllo di Tsahal, per effettuare attacchi contro l’esercito. Rafah si trova dentro la linea gialla, che delimita la zona in cui opera l’esercito israeliano e dalla quale Israele dovrà iniziare a ritirarsi se la seconda fase del piano elaborato dall’Amministrazione Trump dovesse mai partire. Per due volte i terroristi sono spuntati dai tunnel e hanno attaccato i soldati, la prima volta ne hanno uccisi due e Israele ha risposto colpendo alcune postazioni di Hamas. Ieri, c’è stato il secondo attacco da parte dei terroristi che hanno sparato missili anticarro. L’assalto ha cambiato le priorità della riunione di sicurezza convocata dal primo ministro Benjamin Netanyahu per parlare della risposta alla mancata restituzione dei corpi degli ostaggi. Netanyahu aveva chiesto a Tsahal di mettere in fila una serie di risposte per fare pressione sui terroristi da condividere poi con la controparte americana. Lunedì Hamas aveva annunciato la restituzione dei resti di un rapito, ormai parlare di corpi è sempre più raro. Le famiglie di chi è ancora intrappolato a Gaza hanno atteso per tutta la notte che ne venisse annunciata l’identità: i medici hanno confermato che si trattava di un israeliano, ma dei resti di Ofir Tzarfati in parte erano già stati recuperati dall’esercito nel 2023. Israele ha condiviso con gli Stati Uniti le informazioni di intelligence sulla posizione dei corpi di alcuni ostaggi, è convinto che Hamas stia soltanto estendendo la prima fase del piano per non affrontare le conseguenze del suo mancato disarmo. Israele ha messo in fila le violazioni dell’accordo da parte dei terroristi e ieri ha risposto: Netanyahu dopo la riunione di sicurezza ha ordinato “pesanti bombardamenti”, che sono stati condotti nella Striscia immediatamente dopo l’annuncio del premier.

Almeno duecento soldati americani sono di stanza in Israele, a Kiryat Gat, in una struttura per coordinare aiuti e sicurezza dentro la Striscia, hanno supervisionato i bombardamenti, che sono avvenuti senza però che Netanyahu consultasse direttamente il presidente americano Donald Trump, che in queste ore si trova in Asia.

Dall’inizio dell’accordo è sempre rimasto chiaro un punto: la coalizione che Trump ha messo insieme per costruire il futuro di Gaza non ha mezzi per contenere Hamas. Non ci sono forze di polizia pronte a entrare nella Striscia e disarmare i terroristi che non hanno intenzione di cedere né le armi né il potere. Lo ha detto chiaramente il re di Giordania Abdallah, parlando con la Bbc: “Qual è il mandato delle forze di sicurezza all’interno di Gaza? Speriamo che sia il mantenimento della pace, perché se si tratta di imporre la pace, nessuno vorrà eseguirlo… Mantenere la pace significa sostenere le forze di polizia locali, i palestinesi che Giordania ed Egitto sono disposti ad addestrare in gran numero, ma questo richiede tempo”. La Giordania non vuole intervenire militarmente contro Hamas, nemmeno l’Egitto è disposto a farlo. Gli Stati Uniti hanno chiarito che non entreranno con i soldati dentro Gaza. Hamas sta eliminando gli oppositori che forse potrebbero far parte di forze di polizia palestinesi. Andando a esclusione, il non detto di tutto l’accordo sostenuto da americani e da una grande coalizione di paesi arabi è che il peso del disarmo di Hamas spetterà a Israele.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT