Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "L’ultima dell’ONU: Il burqa vi renderà libere".

Giulio Meotti

Lo show satirico israeliano Eretz Nehederet (significa “un paese meraviglioso”) qualche tempo fa ha mandato in onda una scenetta che prende in giro l’agenzia UN Women per il suo silenzio sullo stupro delle donne israeliane da parte dei terroristi entrati da Gaza. Due dirigenti dell’organismo internazionale dicono a uno di Hamas di credere a lui, anziché alle donne israeliane.
Ma neanche i comici israeliani avrebbero saputo credere o inventare l’ultima di UN Women.
Sugli account social di UN Women, l’ente delle Nazioni Unite per la parità di genere e l’emancipazione femminile, è stato pubblicato questo post: “Il ruolo delle donne nella costruzione della pace è più importante che mai. Assieme alle donne sul campo, UN Women sta promuovendo la leadership femminile per un mondo in pace”.
Si vede una donna coperta da un niqab mosso dal vento che allunga la mano verso l’obiettivo, nel palmo ha tre semi e alle spalle altre donne completamente velate.
Pensavate che il burqa fosse uno strumento di schiavitù? Eravate completamente fuori strada. E il Consiglio dei diritti umani dell’Onu vi denuncerà se provate a dire il contrario.
Per l’Onu, che proprio oggi festeggia gli 80 anni (sul tema ho scritto “il Palazzo da chiudere”), il prototipo della donna libera è incarnato dalla sottomissione islamica.
A quando un elogio dell’infibulazione? E i matrimoni forzati? E i delitti d’onore? E la lapidazione?
Abbiamo avuto fior fior di femministe giustificare e relativizzare gli stupri di gruppo dei jihadisti. Perché non si dovrebbe assistere alla giustificazione, in nome del progressismo, dell’escissione del clitoride?
Chissà cosa ne pensano dell’Onu le donne iraniane e afghane. E chissà cosa ne pensano le donne cristiane, “il gruppo più perseguitato al mondo”, come ha denunciato David Curry, a capo di Open Doors, la principale ong che informa sulla persecuzione anticristiana nel mondo.
E chissà se tutto questo va bene all’Italia, che contribuisce non poco a UN Women, che ha avuto come direttrice la marxista cilena Michelle Bachelet, appena stata in Cina a farsi fotografare (molto sorridente) con i capi del Partito Comunista.
A questo punto il baraccone Onu dovrebbe far sedere al tavolo anche i Talebani.

“Le Nazioni Unite, questa cosa che illustra l’emancipazione femminile con l’uniforme imposta dai regimi più misogini del pianeta”, attacca il saggista e editorialista liberale Ferghane Azihari.
Hillel C. Neuer, specialista in diritto internazionale e direttore di UN Watch, ha deplorato la scelta dell’Onu di raffigurare una “donna sottoposta alla sharia”. Sophia Aram, editorialista francese, ha posto una domanda retorica: “Le posizioni dell’Onu sono il risultato di una lotta di potere politica interna. Chi pensi abbia vinto?”.
Anche il giornalista di Libération Jean Quatremer è indignato da questo manifesto: “Ma questa è una follia totale!!! Ciò conferma che l’Onu è sotto l’influenza degli islamisti e che l’Occidente non ha più alcun posto al suo interno”.
Corretto. Ma una follia che ha infettato anche la Commissione Europea che ha realizzato pubblicità simili e città occidentali che hanno tolto i simboli cristiani per metterci le donne velate.
Fra i paesi membri di UN Women, manco a dirlo, ci sono Qatar e Arabia Saudita. Ma c’è di peggio.
Il Qatar ha dato un milione di dollari a UN Women “nel tentativo di rafforzare il suo impegno nel promuovere l’emancipazione di donne e ragazze in tutto il mondo”. Se non è una vittoria, gli assomiglia tanto.
Ecco a cosa servono tutti i soldi che le dittature islamiche investono al Palazzo di vetro. E se non avete ancora capite guardate cosa è successo ieri alla Sorbona: il presidente del Paris Saint-Germain, il qatariota Nasser Al-Khelaïfi, nell’anfiteatro della Sorbona.

Ma torniamo ai “successi del lobbying islamico all’Onu”.
Prendiamo Ahmed Shaheed, Ministro degli Esteri delle Maldive e che ha ricoperto il ruolo di esperto delle Nazioni Unite, tra cui il “diritto alla libertà religiosa”. In tale veste, presenta regolarmente rapporti al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. La sua priorità? “Combattere l’islamofobia in Occidente”.
E poi ci si meraviglia che da quella scuola siano usciti Francesca Albanese o Jean Ziegler, il “relatore speciale” che ha creato il “Premio Gheddafi per i diritti umani”.
Non a caso l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica è il più grande blocco di paesi votanti all’Onu.
Il Qatar ha stanziato 500 milioni di dollari alle agenzie dell’Onu. L’emiro del Qatar sta finanziando numerose agenzie, dall’Unicef all’Oms alla Fao. Uno degli stati più piccoli e dittatoriali del mondo è fra i primi dieci donatori internazionali delle agenzie dell’Onu. Il Qatar unge anche l’agenzia Onu per i rifugiati, l’Unhcr, con 16 milioni di dollari.
Quel che succede a Las Vegas resta a Las Vegas, recita un motto americano. Quel che succede all’Onu non resta all’Onu.
Il comune di Roma ha appena sponsorizzato un evento per bambini dove si spiega che il burqa va bene.
“Care femministe, perché non provate il burqa dei Talebani?”, scriveva la giovane Mila alle compagne di lotta.
“Una donna libera col burqa è illogica come una donna col pene” scrive la meravigliosa Julie Burchill. È come la parodia di una relazione romantica orribile e violenta, un’empatia suicida trasformata in ideologia. È come quelle donne che scrivono lettere d’amore ai serial killer nel braccio della morte: “Oh, a me non farebbe mai del male!”.
Una psicosi, certo, ma una delle psicosi più strane e meglio finanziate dei nostri tempi assurdi. Manicomio Occidente.
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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