Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Netanyahu blocca la Knesset Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 24 ottobre 2025 Pagina: 10 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Israele cede sulla Cisgiordania dopo l’altolà degli Stati Uniti»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 24/10/2025, a pag. 10, con il titolo "Israele cede sulla Cisgiordania dopo l’altolà degli Stati Uniti", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Le opposizioni unite, estrema destra e tutta la sinistra, alla Knesset votano per l'annessione di Giudea e Samaria. Netanyahu costretto a bloccare la legge, altrimenti salterebbero gli Accordi di Abramo e anche gli Usa mollerebbero Israele.
Lo sgambetto è riuscito in pieno. Mentre Bibi ballava il tango con il vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, i partiti israeliani di centro e di sinistra (all’opposizione) hanno fatto fronte comune con l’ultradestra e hanno fatto fare un capitombolo al capo del governo. Un ruzzolone così fragoroso che per rimettere le cose a posto è dovuto prima Donald Trump poi lo stesso Benjamin Netanyahu. Gli Stati Uniti non consentiranno a Israele di annettere la Cisgiordania, ha scandito l’inquilino della Casa Bianca in un’intervista a Time Magazine. Un messaggio netto rivolto contro il voto con cui la Knesset aveva approvato ore prima in via preliminare un disegno di legge per estendere la sovranità israeliana sulla Giudea e la Samaria. «Non accadrà», ha ribadito Trump, «perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E se accadesse Israele perderebbe tutto il sostegno degli Usa». Nulla che Israele non sapesse già: gli Accordi di Abramo firmati per esempio con gli Emirati Arabi Uniti durante la prima presidenza Trump sono basati, fra l’altro, sull’assunto che Israele permetterà la nascita di uno stato palestinese. Gli emiratini non hanno fretta: loro per primi odiano Hamas né credono che Israele possa convivere con i pacifinti alla Abu Mazen, il presidente palestinese che parla di pace in inglese mentre in arabo eroga pensioni a chi uccide ebrei nei Territori o nell’Israele storico. Ma una prospettiva di pace sulla base della formula due popoli-due stati deve restare almeno sulla carta: lo richiede la consueta dose di ipocrisia del mondo arabo moderato che a Israele chiede una foglia di fico diplomatica per siglare la pace.
La posta in palio è molto alta: al prossimo giro di Accordi di Abramo, lo stato ebraico potrebbe normalizzare i rapporti con l’Arabia Saudita, importante sia per le sue dimensioni sia per il suo ruolo di antagonista “naturale” dell’Iran nella regione. Il gioco è chiarissimo: mentre Israele era in guerra con l’Iran, gli Stati Uniti hanno bastonato le velleità nucleari della Repubblica islamica sganciando “la madre di tutte le bombe” sugli impianti nucleari degli ayatollah. Oggi però è il momento della pace, ha spiegato ancora Trump a Time, annunciando che presto sarà a Gaza e che intende anche risolvere la questione della scarcerazione di Marwan Bargouthi, un terrorista pluriergastolano per Israele, un possibile leader post-Hamas per i palestinesi.
Il capo della Casa Bianca crede nel progetto di pace a Gaza e punta, in prospettiva, alla pace fra Gerusalemme e Riad. Il recentissimo voto della Knesset rappresenta dunque uno schiaffo in faccia alla Casa Bianca. Da cui l’uscita stizzita dello stesso Vance mentre lasciava Israele: «È stata una manovra politica stupida e mi sento insultato». Ieri sera Netanyahu ha provato a metterci una pezza, incaricando il suo Likud di impallinare il disegno di legge contestato dagli Usa. A mettergli tuttavia ancora una volta il bastone fra le ruote è intervenuto uno dei due ministri ultranazionalisti al governo con il Likud e i partiti religiosi: il titolare delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha dapprima dichiarato che «se l’Arabia Saudita ci dice che in cambio della normalizzazione vuole uno stato palestinese, noi risponderemo: “Amici, no grazie”. Potete continuare a cavalcare cammelli sulla sabbia del deserto»; poi resosi conto dell’enormità della sua gaffe ha fatto marcia indietro affermando: «La mia dichiarazione sull’Arabia Saudita è stata infelice e mi dispiace per l’offesa che ha causato. Tuttavia, mi aspetto che i sauditi non ci danneggino e non neghino il patrimonio, la tradizione e i diritti del popolo ebraico alle regioni storiche della loro patria in Giudea e Samaria e che stabiliscano una vera pace con noi». A conclusione della giornata, mentre la Lega Araba e l’Organizzazione della cooperazione islamica stigmatizzavano il voto alla Knesset e il Mossad faceva sapere di aver eliminato il terrorista responsabile del rapimento il 7 ottobre 2023 di Noa Argamani e del suo fidanzato, il segretario di Stato americano Marco Rubio atterrava in Israele «per sostenere l’attuazione con successo del piano globale del presidente Trump». Ovvero, per coloro che sostengono che Netanyahu stia perdendo il controllo del proprio governo o possa non aderire al piano di pace, per l’ennesima giornata di “Bibi-sitting”.
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