Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
La scomparsa delle flotille per la pace Editoriale di Claudio Cerasa
Testata: Il Foglio Data: 23 ottobre 2025 Pagina: 1 Autore: Claudio Cerasa Titolo: «La scomparsa delle flotille per la pace»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 23/10/2025, a pag. 1, con il titolo "La scomparsa delle flotille per la pace", l'editoriale del direttore Claudio Cerasa.
Claudio Cerasa
L’ipocrisia del finto pacifismo, che si mobilita solo contro Israele ma tace di fronte a guerre e stragi in Ucraina, Sudan, Mozambico o Nigeria. La tregua a Gaza ha spento l’“algoritmo dell’indignazione”, lasciando senza cause chi protestava per la pace
L’algoritmo dell’indignazione, si sa, è uno strumento molto complesso da decifrare e il suo funzionamento spesso ricorda quello dei lampioni delle città trasandate: sfarfallano, si accendono e si spengono a caso, a seconda di come passa la corrente, e basta uno sbalzo di tensione per passare improvvisamente dalla luce intensa al buio pesto. L’algoritmo dell’indignazione in politica estera, in particolare sui temi della pace, da qualche settimana sembra essere passato dalla luce intensa al buio pesto. Fino a qualche giorno fa, prima della tregua in medio oriente, il pacifismo aveva molti argomenti di discussione, aveva un nemico chiaro contro cui schierarsi, aveva un popolo chiaro verso il quale mostrare la propria solidarietà, e la presenza di una causa cristallina per cui combattere ha acceso la creatività di molti. Occupazioni, cortei, manifestazioni, appelli sui giornali, appelli alle feste del cinema e spedizioni umanitarie via mare per portare il proprio sostegno a popolazioni sfiancate da guerre interminabili. La presenza di una tregua che regge a Gaza, per il momento, ha disorientato il pacifismo in modo traumatico. Ha tolto ai licei ragioni per occupare. Ha tolto alle università ragioni per protestare. E ha tolto alle flotille motivazioni valide per salpare. Eppure, a pensarci bene, ci sarebbero molte ragioni per evitare che venga dispersa nel vuoto l’energia tutto sommato positiva, rigurgiti di antisemitismo a parte, che si è andata a consolidare negli ultimi mesi a favore della pace. Si potrebbe occupare qualche liceo per difendere l’Ucraina, tanto per dirne una, e si potrebbe scegliere di dedicare anche un centesimo dell’attenzione giustamente dedicata a Gaza a un popolo di eroi che combatte per difendere i confini della nostra democrazia, magari riadattando per cause giuste slogan utilizzati per cause sbagliate: dal Dnipro al mare sappiamo da che parte stare, Ucraina libera dal fiume al mare. In caso di imbarazzo nel dover difendere l’occidente, si potrebbe optare per una guerra rimossa, per un conflitto dimenticato, dove si sta verificando la peggiore crisi umanitaria internazionale della nostra storia recente, ovvero il Sudan, dove dall’aprile 2023 sono morte 150 mila persone e dove sono state sfollate circa 12,7 milioni di persone, ma quando non vi è un simbolo dell’occidente contro cui spendersi in piazza la difesa della pace non si adatta bene alle bandierine degli hashtag. Ci si potrebbe occupare magari anche della provincia dello stato islamico del Mozambico, in cui da otto anni vi è una guerra che ha ucciso almeno seimila persone, tra cui molti cristiani uccisi in quanto cristiani, e ha generato un flusso di sfollati pari a circa 1,3 milioni di persone, o ci si potrebbe occupare del fatto che solo nei primi sette mesi di quest’anno, più di 7.000 cristiani sono stati uccisi in Nigeria dagli islamisti di Boko Haram, ricordando magari come sempre in Nigeria tra il 2009 e il 2023, secondo l’Interna tional Society for Civil Liberties and Rule of Law, sono almeno 52.000 cristiani uccisi, almeno 18.500 i cristiani rapiti, e più di 20.000 le chiese e le scuole cristiane attaccate, ma quando a commettere stragi sono gli islamisti, uccidendo cristiani in quanto cristiani allo stesso modo con cui i jihadisti uccidono gli ebrei in quanto ebrei, l’interesse dell’indignato collettivo si affievolisce, si spegne e sfarfalla. E la ragione è sempre la stessa. Manifestare contro i simboli dell’occidente è a costo zero: è semplice, è facile e si porta su tutto, come il grigio. Manifestare invece quando di fronte a sé vi sono simboli che l’occidente libero combatte, come il putinismo, come l’islamismo, come le dittature, è più complesso, perché non è a costo zero e perché implica uno sforzo importante, che costringendoti ad andare alla radice di quei mali non può che lasciarti un dubbio esistenziale: essere pronti ad animare piazze pacifiste e ad armare flotille umanitariste solo quando vi è un occidente da denigrare siamo sicuri che sia davvero il modo migliore per difendere le libertà nel mondo? L’ultimo indignato spenga la luce, grazie.
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