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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio Rassegna Stampa
21.10.2025 Tornano gli americani
Analisi di Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 21 ottobre 2025
Pagina: 1
Autore: icol Flammini
Titolo: «Tornano gli americani»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 21/10/2025, a pag. 1/V, con il titolo "Tornano gli americani", l'analisi di Micol Flammini.

Micol Flammini
Micol Flammini

Gli americani tornano in Israele | Il Foglio
Gli emissari americani tornano in Israele per evitare il crollo del piano di pace di Trump, mentre Hamas continua a violare il cessate il fuoco e a mantenere il controllo su Gaza. Israele, unico a vedere la situazione reale sul campo, teme che il gruppo non si disarmerà mai. Senza forze di sicurezza alternative, la ricostruzione della Striscia resta impossibile

Roma. Gli emissari americani tornano in Israele e il tempo dei festeggiamenti è finito. E’ durato a lungo, per rallegrarsidel cessate il fuoco, del ritorno dei venti ostaggi vivi che Hamas ha tenuto in prigionia per due anni. Poi i festeggiamenti si sono affievoliti per accompagnare il luttodelle famiglie di chi è stato ucciso durante la prigionia e che forse non verrà mai riportato in Israele per la sepoltura.Domenica, dopo che i terroristi sono spuntati da un tunnel e hanno attaccato un gruppo di soldati israeliani nella zona di Rafah, uccidendone due, è arrivata l’inevitabile reazione da parte di Tsahal: Israele ha chiuso due valichi e l’esercito ha ripreso i bombardamenti contro alcuni obiettivi dentro la Striscia.

Poi è tornato il cessate il fuoco, puntellato da ogni parte perché regga senza che si arrivi alla domanda che nessuno osa porre ad alta voce: se Hamas si rifiuta di cedere le armi, chi disarmerà Hamas con la forza? Mentre la prima fase del piano di Donald Trump per il medio oriente stenta a chiudersi, l’inviato speciale americano Steve Witkoff e il genero del presidente Jared Kushner sono tornati in Israele, dove verranno raggiunti anche dal vicepresidente J. D. Vance. L’ultima volta che Kushner e Witkoff sono stati in Israele era la scorsa settimana, quando nell’aria c’era la forza di un accordo storico che permetteva allo stato ebraico di riportare a casa gli ostaggi, di fermare la guerra e di isolare Hamas, dimostrando un allineamento straordinario fra gli Stati Uniti, alcuni paesi arabi e gli israeliani. Dopo una settimana Witkoff e Kushner non tornano per prendersi i meriti, ma per fare di tutto affinché l’accordo non collassi. Hamas dovrà restituire le salme degli ostaggi che rimangono nella Striscia (ieri ha consegnato un corpo) e soprattutto bisognerà ragionare su come soddisfare uno dei requisiti del piano: che il gruppo di terroristi lasci il potere a un’amministrazione costituita da tecnici, accetti il disarmo e l’esilio.

Dalla Striscia, da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, Hamas sta dimostrando di non aver preso sul serio l’accordo e comunque di vedere possibile la propria sopravvivenza al potere a Gaza. Sta eliminando tutti coloro che considera dei traditori, fa i conti con le forze che gli sono rimaste, e sono poche, e aggiunge terrore a una Striscia che ancora vede come vaga ogni possibilità di ritorno alla vita. Far capire al gruppo che l’accordo va rispettato non è semplice per chi preferisce mantenersi fuori dai confini di Gaza. Fino a questo momento Donald Trump ha ripetuto di essere pronto a sostenere Israele nel caso in cui Hamas vìoli i princìpi dell’accordo. La violazione comporta secondo lo stesso accordo, che Tsahal ricominci la campagna contro il gruppo. Trump però ha cercato di rallentare, sa che se davvero il cessate il fuoco dovesse saltare con l’inizio di un’operazione capillare contro Hamas, sarebbe difficile da rimettere in sesto. L’operazione contro Hamas potrebbe durare a lungo, comporterebbe il ritorno di Tsahal nella zona da cui l’esercito si è ritirato. Sarebbe uno sviluppo lento, un passo indietro, che Trump vuole evitare e fino a questo momento ha tentato di ridurre le responsabilità del gruppo di terroristi nel venire meno agli accordi. Il compito degli emissari sarà verificare e soprattutto rassicurare Israele che l’accordo non cambia, non verrà annacquato né sabotato. Israele in questa fase non si muove senza coordinamento con gli Stati Uniti, ma è l’unico a vedere la realtà sul campo dentro la Striscia e a porsi la domanda alla quale gli americani non hanno mai risposto su come assicurare il disarmo di Hamas. Per Trump la leadership del gruppo è fedele all’accordo e sul campo agiscono dei miliziani, gruppi minori che non si arrendono alla realtà del piano. Israele non la vede così. Rimane un punto su cui concordano tutti: fino a quando Hamas andrà in giro per la Striscia a compiere esecuzioni contro altri gruppi armati o civili accusati di tradimento – ha fatto sapere che le esecuzioni non saranno più pubbliche, ma non ha negato che continuerà a commetterle – fino a quando non ci saranno forze di sicurezza alternative, nessuno metterà piede a Gaza per iniziare la ricostruzione. Rimane l’ipotesi che però rischia di essere una trappola per gli stessi israeliani: iniziare a costruire la nuova Gaza, a insediare il Consiglio della pace di Trump e Tony Blair, nella parte che Israele ancora controlla. 

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