Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Testata: Libero Data: 19 ottobre 2025 Pagina: 10 Autore: Mirko Molteni Titolo: «Le sanzioni non bastano. L’Iran torna al nucleare e arricchisce l’uranio per la bomba atomica»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/10/2025, a pag. 10 con il titolo "Le sanzioni non bastano. L’Iran torna al nucleare e arricchisce l’uranio per la bomba atomica" l'analisi di Mirko Molteni.
Mirko Molteni
Nonostante la batosta della Guerra dei 12 Giorni e nonostante le sanzioni internazionali, l'Iran ci riprova. Vuole di nuovo costruirsi le sue bombe atomiche. Vuole un'altra guerra, per capire che non è proprio il caso?
L’annuncio di ieri era nell'aria da giorni, dopo la reintroduzione delle sanzioni Onu all’Iran a seguito del fallimento dell’accordo Jcpoa siglato nel 2015 dal presidente americano Barack Obama con Teheran, che doveva limitarne l’arricchimento dell’uranio a soli scopi civili. Con una nota, il ministero degli Esteri iraniano ha roso noto che «tutte le disposizioni dell’accordo, comprese le restrizioni sul programma nucleare iraniano e sui meccanismi correlati, sono considerate rescisse. Il programma nucleare iraniano deve essere trattato allo stesso modo di qualsiasi programma nucleare di un Paese membro del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) non dotato di armi nucleari».
Poco prima lo stesso ministro degli Esteri Abbas Araghchi aveva anticipato, con una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, che «le misure coercitive imposte dall’Onu sul programma nucleare sono ormai scadute e non ci riteniamo più vincolati».
Così è definitivamente seppellito il Joint Comprehensive Plan of Action, Jcpoa, il trattato fra Usa, Iran, Francia, Germania, Gran Bretagna, Russia, Cina e Unione Europea, che prevedeva il limite d’arricchimento dell’uranio iraniano al 3,67% di U235, l’isotopo fissile più raro della forma stabile U238. Percentuale per usi civili, ma non militari. Pur firmato il 14 luglio 2015 a Vienna, l’accordo fu ratificato dall’Onu, il 18 ottobre 2015, con la risoluzione n.2231 del Consiglio di Sicurezza. Ieri cadeva quindi il decimo anniversario dell'adozione del Jcpoa, ma era anche il giorno della sua prevista scadenza, salvo rinnovo. Da anni il trattato vacillava. Era entrato in crisi già nel 2018 per iniziativa americana, quando Donald Trump, al suo primo mandato, considerandolo «un accordo non buono», poiché non limitava l’arsenale di missili, aveva ritirato l’adesione Usa. Gli iraniani aspettarono un anno, poi dal 2019 ripresero ad arricchire l’uranio a ritmo crescente, superando, per cominciare, il 5% e aumentando le centrifughe, cioè i macchinari necessari a separare l’U235 dall’U238 nelle basi sotterranee di Fordow e Natanz. Hanno così raggiunto un picco di arricchimento del 60% di U235, penultimo stadio prima del 90% necessario a un’arma nucleare. Al maggio 2025 l’Iran aveva accumulato 408 kg di uranio arricchito al 60%, sufficienti per 10 bombe nucleari, e oltre 25.000 centrifughe nelle due basi sotterranee. Ma lo stock di uranio grezzo o a basse percentuali ammontava a ben 9.247 kg. Poi è arrivata la “guerra dei 12 giorni” del giugno 2025, che ha visto il bombardamento delle installazioni atomiche degli ayatollah da parte dell’aviazione israeliana e di quella americana.
Dopo quei raid, nell’agosto scorso sono iniziati colloqui fra l'Iran e i tre Paesi europei firmatari del Jcpoa, il cosiddetto formato E3, per cercare di rinnovare il patto, ma sia il ministro Araghchi, sia il presidente Masoud Pezeshkian, hanno respinto nuovi limiti.
Così, come previsto dalle clausole stesse del Jcpoa, dal 28 settembre scorso è stato attivato il meccanismo di “snapback” che ha reintrodotto le sanzioni Onu all’Iran. Le quali prevedono il divieto per l’Iran di arricchire l’uranio e di sviluppare missili balistici, l'embargo sull’acquisto di armi all’estero, il congelamento dei beni, ispezioni di aerei e navi iraniani in acque internazionali e ostacoli finanziari.
Di fatto, parte di queste sanzioni è regolarmente aggirata, in quanto l’Iran si costruisce da solo molti armamenti, come i missili, contando anche sull’aiuto tecnico della Russia. Non è ancora chiaro quanto pesantemente i raid di giugno abbiano danneggiato il programma iraniano. Gli israeliani hanno bombardato il centro di Parchin, dove i pasdaran sviluppano missili e progetti di testate, mentre gli americani hanno centrato Fordow e Natanz con le bombe GBU-57 MOP (Massive Ordnance Penetrator) da 15 tonnellate, capaci di raggiungere 60 metri di profondità e possedute solo dagli Usa, che le sganciano dai bombardieri “tutt'ala” Northrop B-2. E' però possibile che gli ordigni non abbiano distrutto tutte le strutture e i depositi di uranio. Del resto, lo scorso 10 settembre, l’Us Air Force ha avviato il progetto di una nuova bomba perforante, la Next-Generation Penetrator (Ngp), quasi ad ammettere che la Mop non sia abbastanza. I raid avversari avrebbero rafforzato nei pasdaran la volontà di accelerare lo sviluppo di bombe nucleari con le attrezzature sopravvissute e lo scorso 16 ottobre il fisico Mahmoud Reza Aghamiri, uno dei maggiori scienziati nucleari iraniani, ha sostenuto che il Paese ha ancora «la capacità di produrre bombe atomiche qualora lo decidesse la guida suprema ayatollah Alì Khamenei». Nel frattempo, l'Iran se la deve vedere anche con le intemperanze della Natura. S’è infatti risvegliato, dopo ben 710.000 anni di “letargo”, cioè dal periodo Pleistocene, il vulcano Taftan che sta emettendo ogni giorno 20 tonnellate di anidride solforosa, idrogeno solforato, acido fluoridrico e vapore acqueo.
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