Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtā č che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il ritorno degli ostaggi israeliani ancora vivi ha cambiato, di poco, il linguaggio dei media. Ora si nota anche una certa solidarietā con le vittime di Hamas, ma solo fino a un certo punto. Si parla ancora poco dei 48 ostaggi assassinati da Hamas e a una reporter della CNN "scappa" la frase ingiuriosa: "Hamas trattava gli ostaggi israeliani meglio dei palestinesi di Gaza". Ha chiesto scusa per quanto ha pronunciato, ma sappiamo tutti che č quel che il grosso dei giornalisti pensa.
All'improvviso, nei media c’č un tono diverso. Certo, ci sono voluti 737 giorni. 737 giorni d'inferno. Ma ora che non ne hanno pių bisogno, gli ostaggi israeliani finalmente liberati stanno facendo notizia. Lunghe narrazioni sulla gioia del ricongiungimento, un papā che finalmente conosce il bimbo nato durante i lunghi mesi della sua prigionia, una mamma che abbraccia il figlio soldato per il quale aveva combattuto come una leonessa, coppie di innamorati finalmente riunite. La telecamera ama soffermarsi su questi istanti di felicitā. E poi, in primo piano anche gli abusi, la barbarie, le torture fisiche e morali nel buio dei tunnel. Incatenati. Rinchiusi in gabbie, con pesanti catene. Ci sono le immagini terribili dei video abilmente messi in scena dagli “eroici” militanti di Hamas, come l'uomo con le braccia scarne costretto a scavarsi la fossa. E soprattutto, la fame. Una fame onnipresente, lancinante. Alcuni prigionieri hanno perso fino al 30% del loro peso corporeo. Tutti sono emaciati, indeboliti dalla mancanza di cibo e dalle tribolazioni. Come ha sottolineato Le Figaro il 14 ottobre: “ Dopo due anni di prigionia, per potersi veramente ricongiungere ai loro cari li attende un lungo percorso di cure e di recupero. I tre ospedali incaricati di accoglierli sono stati preparati a curare dei pazienti affetti da grave malnutrizione e a rischio di sviluppare una ‘sindrome da rialimentazione inappropriata’.”
Si parla meno dei 48 ostaggi morti in prigionia, molti in circostanze poco chiare, alcuni trascinati via feriti dalle orde del 7 ottobre e poi morti per mancanza di cure, altri uccisi deliberatamente, come quei due bimbi dai capelli rossi strangolati a mani nude, e altri ancora morti sotto tortura. Notate, inoltre, che questo slancio di simpatia non č accompagnato da alcun senso di imbarazzo, o almeno di riflessione, nel pensare che un'azione concertata tra Nazioni Unite e le grandi potenze avrebbe potuto abbreviare queste sofferenze e salvare vite umane?
D’altronde, vi sono tutte le ragioni per credere che questo improvviso interesse, queste insolite dimostrazioni di empatia, non dureranno a lungo. Si consideri, ad esempio, la famosa giornalista della CNN Christiane Amanpour, che il 13 ottobre ha dichiarato in diretta che Hamas aveva forse riservato un “trattamento migliore” agli ostaggi israeliani che ai civili di Gaza. Di fronte alle proteste che ne sono seguite, si č scusata. Ma resta il fatto che deve aver pensato questo e non ha esitato a dirlo. Ascoltiamo anche la signora Shabana Mahmood: “Alcuni manifestanti filo-palestinesi non vogliono la pace in Medio Oriente.” Lei, Ministro degli Interni britannico, mette in dubbio le motivazioni di alcuni attivisti riguardo alle marce organizzate dopo l'Accordo di Pace di Gaza. Il fatto č che queste marce continuano qua e lā, con gli stessi slogan.
A poco a poco stiamo ritornando al racconto della cosiddetta “crisi umanitaria a Gaza”, che ritrova il suo posto in prima pagina.