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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero Rassegna Stampa
18.10.2025 A Torino preso 'il Diavolo', il reclutatore di jihadisti nelle carceri
Cronaca di Simone Di Meo

Testata: Libero
Data: 18 ottobre 2025
Pagina: 10
Autore: Simone Di Meo
Titolo: «A Torino preso 'il Diavolo'. Arruolava nuovi jihadisti»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/10/2025, a pag. 10, con il titolo "A Torino preso 'il Diavolo'. Arruolava nuovi jihadisti" l'analisi di Simone Di Meo.

Nelle carcere italiane, estremisti islamici fanno proseliti e reclute. Nel carcere Torino hanno scoperto un tunisino, soprannominato "il diavolo" dagli investigatori, che reclutava compagni di prigionia per fare attentati. Trasferito da un carcere all'altro, ha fatto proseliti in tutto il nordovest italiano. Così nascono i "lupi solitari" jihadisti.

E se dopo la tregua arrivasse la guerra? Non quella che abbiamo conosciuto a Gaza in questi due anni, ma quella sporca. Quella dei “lupi solitari” che dormono in Italia e in Europa. Gli jihadisti che vogliono vendicare la Palestina per interposto attentato, ora che Israele ha smesso di bombardare. Da tempo, spuntano qua e là, nelle cronache regionali, confinate in spazietti con titoli più o meno allarmanti, notizie di sospetti terroristi indagati o arrestati per attività di propaganda e reclutamento. Pezzi di un mosaico che è tutt’altro che rassicurante. Libero, nei mesi scorsi, aveva già analizzato il fenomeno concentrandosi sulla strana impennata di giovani e ragazzini di seconda generazione finiti sott’inchiesta per aver diffuso sul web materiale sulla “guerra santa”.

MARTIRI

Oggi, invece, accendiamo un faro sugli adulti, su quegli aspiranti martiri della jihad che sognano la distruzione dell’Occidente. E cominciamo dal “principe delle tenebre”. Il Diavolo.
Lui è un tunisino di 40 anni, soprannominato – appunto - “il Diavolo”, intercettato mentre faceva proselitismo islamista all’interno del carcere di Torino. Il suo vero nome non è stato divulgato al momento dell’arresto, nel settembre scorso, ma per gli investigatori è Shaytan, letteralmente “Satana” in arabo. Da anni si muoveva nei bassifondi della microcriminalità italiana, tra furti, spaccio, lesioni, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Reati comuni che lui stesso ha giustificato come parte della sua missione: «Avvelenare e danneggiare i miscredenti».
Per evitare il rimpatrio, diceva falsamente di essere marocchino. Arrivato clandestinamente in Italia più di dieci anni fa, si era radicalizzato già in patria, all’indomani della Rivoluzione dei Gelsomini.
Fu allora che si unì a Ansar al-Sharia, il gruppo salafita messo al bando dal governo di Tunisi. Discepolo diretto dell’ideologo jihadista al Khatib al Idrissi, Shaytan era già stato in contatto con il leader storico dell’organizzazione, Abu Ayad, e con ambienti legati ad al Qaeda. Idolatrava Osama Bin Laden e ne diffondeva gli insegnamenti ai compagni di cella, raccontando storie mistiche sul volere di Allah e intonando i nasheed, i canti religiosi che accompagnano la propaganda dei martiri. Il suo scopo era chiaro: reclutare detenuti, italiani e stranieri, per prepararli al jihad. A loro si presentava come esperto di arti militari, raccontava di aver ricevuto addestramento e prometteva di guidarli «nel giorno del giudizio», cioè nell’attacco contro il nemico. In più occasioni avrebbe assicurato che, una volta uscito di prigione, avrebbe colpito. Un attentato, forse in solitaria, forse con altri «fratelli», ma sempre nel nome della guerra santa. Una minaccia tutt’altro che vaga. In cella, il tunisino ha ripetuto più volte frasi come: «Faremo a pezzi lo Stato di Israele e i suoi alleati americani, l’esercito del peccato va distrutto» e ancora: «Se moriamo nel nome dell’Islam, diventiamo martiri e ci spettano 70 posti in Paradiso».
Le sue parole, registrate dalla polizia penitenziaria e dagli agenti della Digos, hanno spinto il pubblico ministero Davide Pretti a chiedere al gip un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di terrorismo internazionale. L’arma era la parola, ma dietro le parole, c’era il progetto. Nel suo peregrinare tra le carceri di Genova, Biella e Torino, Shaytan ha speso ore e ore a convincere gli altri detenuti a unirsi alla sua causa, descrivendo un mondo diviso tra fedeli e infedeli, bene e male, verità e menzogna. Ha raccontato l’Islam come una via di liberazione totale, in cui il martirio è il culmine della fede. «Gli eserciti occidentali sono forti, ma noi mujahiddin lo siamo di più», giurava. Ma dietro quella voce c’era anche una rete di contatti internazionali, di riferimenti teologici e politici che riconducono al cuore stesso del jihadismo tunisino e alla sua lunga storia di militanza.

DALLE PAROLE AI FATTI

È un profilo che preoccupa gli investigatori italiani per diversi motivi. Primo: è un uomo che ha già agito contro la legge e ha dimostrato di credere in ciò che predica. Secondo: ha utilizzato il carcere come piattaforma, trasformando le celle in piccole madrasse. Terzo: ha un’esperienza ventennale nel jihadismo salafita e conosce, per averli frequentati, i leader più influenti della galassia radicale maghrebina. Non è un mitomane. Non è nemmeno uno sprovveduto. È un aspirante martire che si è messo in cammino da giovane e ha continuato a coltivare il culto della morte per decenni. L’attentato che aveva annunciato non è mai stato realizzato, ma il rischio, per la magistratura, era concreto e imminente.
La guerra santa non si combatte più solo tra le macerie di Gaza. È diventata liquida, frammentaria. Un assalto alla cristianità che prende forma anche nei luoghi più impensati. Shaytan lo sapeva. E l’aveva detto: «Appena esco, colpisco». Ma il piano dell’attentato non è riuscito. Andasse al Diavolo.

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