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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero Rassegna Stampa
18.10.2025 Hamas, un mostro a 4 teste
Analisi di Andrea Morigi

Testata: Libero
Data: 18 ottobre 2025
Pagina: 9
Autore: Andrea Morigi
Titolo: «Hamas, un mostro a 4 teste»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/10/2025, a pag. 9 con il titolo "Hamas, un mostro a 4 teste", l'analisi di Andrea Morigi.

Princìpi non negoziabili» e Destra -
Andrea Morigi

Hamas non è solo un esercito di terroristi che governa Gaza. E' anche in Cisgiordania dove recluta le nuove leve del terrorismo palestinese, in Qatar (motore finanziario e diplomatico) e nella diaspora palestinese in Occidente, dove fa propaganda.

Per sconfiggere un nemico, occorre prevedere le sue mosse e conoscere la sua mentalità. Magnus Ranstorp, esperto di terrorismo islamico dell’Accademia militare di Svezia, ha iniziato a studiare a fondo Hamas dagli anni ’90, ha incontrato il loro fondatore, lo sceicco Ahmed Yassin, e ha seguito l’evoluzione del “movimento di resistenza islamico” (la cui sigla significa “zelo” e “devozione”) fino all’entrata in vigore del cessate il fuoco a Gaza. E ora, dopo aver scritto numerose opere sul fenomeno palestinese, è venuto il momento di tirare alcune conclusioni. Provvisorie, in attesa degli sviluppi, dei quali si può comunque individuare una direttrice.
Attualmente, scrive Randstorp sul numero di ottobre di CTC Sentinel, la rivista dell’accademia militare statunitense di West Point, Hamas è divisa in due fazioni. Da un lato, il blocco pragmatico che fa riferimento a Khaled Mashal disposto a cedere il controllo della Striscia di Gaza, ad abbandonare la lotta armata, a riunirsi con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e perfino ad accettare la soluzione a due Stati. Dall’altro, i sostenitori di Khalil Al-Hayya che, nonostante sia il negoziatore degli accordi del Cairo e di Sharm el Sheikh, rappresenta l’ala dura, che rifiuta il disarmo e continua a fare affidamento su Qatar, Turchia e Iran per non scomparire completamente dal territorio e preparare l’insorgenza militare.
Gaza, il campo di battaglia, rappresenta soltanto una delle quattro dimensioni della struttura policentrica di Hamas, che opera anche in Cisgiordania, esercitando la sua influenza attraverso le moschee e i gruppi studenteschi, attraverso i quali recluta nuovi terroristi e ricrea la propria organizzazione clandestina. Ma il gruppo mantiene una leadership esterna a Doha, in Qatar, e a Istanbul, in Turchia, il «motore diplomatico e finanziario» che gestisce l’attività politica, di raccolta fondi e di propaganda. Infine, la diaspora palestinese, che amplifica la narrativa sul “genocidio” con un’attività lobbystica presso le istituzioni straniere, unita alla ricerca di risorse economiche, ma potrebbe entrare in azione contro obiettivi israeliani ed ebraici all’estero. Una «formazione ibrida», quindi, «un marchio religioso-politico senza una sede, affiancato da una milizia sotterranea». Pericoloso, perché può cambiare aspetto con la strategia dell’inganno.

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