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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero Rassegna Stampa
17.10.2025 La mattanza a Gaza dopo la ritirata israeliana
Cronaca di Amedeo Ardenza

Testata: Libero
Data: 17 ottobre 2025
Pagina: 8
Autore: Amedeo Ardenza
Titolo: «La mattanza a Gaza dopo la ritirata israeliana. I jihadisti in 48 ore hanno ucciso 300 persone»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 17/10/2025, a pag. 8, con il titolo "La mattanza a Gaza dopo la ritirata israeliana. I jihadisti in 48 ore hanno ucciso 300 persone", la cronaca di Amedeo Ardenza.

Esecuzioni a Gaza. Dopo il ritiro di Israele, Hamas sta liquidando centinaia di persone con le più svariate accuse. Ma non si vedono manifestazioni per i civili palestinesi assassinati

Dimostrazioni in strada non se ne vedono né in Italia né in Europa, e quelle che si vedono sono sempre e comunque rivolte contro Israele. Lo stesso dicasi per le occupazioni delle aule scolastiche, universitarie o delle proteste contro eventi culturali o sportivi.
Mercoledì notte, decine di manifestanti si sono riuniti fuori dalla Carnegie Hall di New York per manifestare contro un’esibizione dell’Orchestra Filarmonica israeliana. Eppure, nella Striscia di Gaza è in corso una mattanza di palestinesi e non per mano israeliana: 300 sarebbero quelli rimasti uccisi dall’inizio della settimana, da quando, cioè le Israeli Defense Forces (Idf) sono arretrate, riposizionandosi sulla linea gialla indicata nel piano di pace di Donald Trump. A uccidere così tante persone in poche ore nell’indifferenza dell’Occidente sono stati i tagliagole di Hamas.
Appena si è allentata la pressione israeliana, i terroristi islamici sono tornati a presidiare le strade e i mercati eliminando con esecuzioni sommarie decine e decine di oppositori presunti e reali. Clan rivali, milizie armate indipendenti, gruppi non islamici: tutti tacciati di “collaborazionismo” con Israele e per cui passabili di morte immediata. Sul web circolano i filmati delle squadracce di Hamas che, armate di mitra, scendono in gruppo dai pick-up per portare a termine le loro missioni di morte. Alcuni più fortunati non vengono uccisi ma “solo” pestati con il calcio dei fucili.
Niente di nuovo per un gruppo che, vinte le elezioni legislative a fine 2005, nel 2006 decise di governare Gaza in solitudine, cacciando a fucilate i rappresentanti del partito laico al-Fatah.
Sulle uccisioni di massa degli ultimi giorni si è espresso ieri anche Trump: «Se Hamas continua a uccidere persone a Gaza non avremo altra scelta se non quella di entrare e ucciderli», ha scritto sul suo Truth Social, «Questo non fa parte dell’accordo».
Sul fronte dei negoziati, il canale televisivo saudita Al-Hadath ha riferito che «una delegazione di Hamas guidata da Khalil al-Hayya arriverà al Cairo per discutere i dettagli del giorno dopo a Gaza». Il governo di Gerusalemme da parte sua continua a premere affinché il gruppo terrorista riconsegni le 19 salme ancora in suo possesso. Ieri le autorità israeliane hanno trasmesso informazioni di intelligence ai mediatori per aiutarli nel compito di recuperare i corpi a Gaza. Lo ha riferito un alto funzionario governativo alla stampa israeliana, sottolineando che l’iniziativa rientra nell’ambito dei più ampi sforzi in corso da parte di Israele, Usa e Paesi mediatori affinché Hamas completi la prima fase dell’accordo.
La sensazione diffusa è che il gruppo del terrore non voglia restituire i corpi dei sequestrati allo scopo di usarli come fiches da gioco quando la mediazione si sposterà su un tema inviso a Hamas: il disarmo.
Ieri mattina Israele ha commemorato il secondo anniversario del pogrom del 7 ottobre: nel corso di una cerimonia al cimitero militare del Monte Herzl di Gerusalemme, il primo ministro Benjamin (Bibi) Netanyahu ha salutato i risultati militari di Israele durante la guerra a Gaza avvertendo però che la «lotta non è finita». Nel suo tributo alle truppe cadute, Bibi ha detto che Israele è impegnato a riportare a casa «fino all’ultimo ostaggio», ha promesso di raggiungere tutti gli obiettivi di guerra a Gaza e di combattere l’Iran e i suoi alleati. «Chiunque alzi una mano contro di noi sa già che pagherà un prezzo molto pesante», ha avvertito il premier. «Siamo determinati a completare la vittoria che modellerà l’ordine delle nostre vite per molti anni». Il capo del governo ha anche respinto le accuse secondo cui la campagna militare a Gaza ha costituito un genocidio, osservando che il termine si applica più appropriatamente a ciò a cui Israele è stato sottoposto il 7 ottobre. «Se quegli assassini fossero stati in grado di fare di più, avrebbero massacrato ognuno di noi. Questo è il vero genocidio», ha detto Netanyahu.
Dedicato al tema dell’unità, il discorso del capo dello Stato, Isaac Herzog: «Dobbiamo creare un orizzonte per il futuro – un “giorno dopo” – sia interiormente che esteriormente», ha detto. «Mi inorridisce vedere e sentire che anche ora, mentre continuiamo a seppellire i nostri morti, l’odio alza ancora una volta la sua brutta testa», ha continuato il presidente. «Quando non ci arrendiamo agli estremisti ma ci uniamo attorno a una bandiera condivisa, non c’è compito che non possiamo raggiungere». Herzog ha quindi espresso gratitudine ai genitori dei soldati caduti, dicendo loro: «Grazie per i figli che avete cresciuto – soldati valorosi che non hanno esitato ad andare avanti per salvare Israele, sconfiggere il nemico e riportare gli ostaggi. Soldati che portavano foto degli ostaggi nelle loro tasche e il coraggio nei loro cuori». Quando la sera il presidente ha invece commemorato le vittime civili del 7 ottobre, riferisce il Times of Israel, ha chiesto perdono a nome dello Stato per avere fallito nell’opera di proteggere i cittadini quei giorno, sollecitando un’indagine accurata sulle cause di quel pogrom.

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