mercoledi` 15 ottobre 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



Clicca qui






Libero Rassegna Stampa
15.10.2025 La sinistra italiana non si arrende alla pace
Cronaca di Fausto Carioti

Testata: Libero
Data: 15 ottobre 2025
Pagina: 3
Autore: Fausto Carioti
Titolo: «La sinistra italiana non si arrende alla pace»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 15/10/2025, a pag. 3 la cronaca di Fausto Carioti dal titolo “La sinistra italiana non si arrende alla pace”.


Fausto Carioti

Le proteste contro la partita di calcio Italia-Israele sono la cartina di tornasole di certe pulsioni. Erano programmate da settimane e sono state confermate. Che ci sia la pace o che ci sia la guerra, i pro-Pal continuano comunque la loro campagna di odio contro Israele

Pace in Terra Santa, non nelle piazze, nelle università e nelle scuole italiane, dove nulla è cambiato con la firma dell’accordo di Sharm el-Sheikh. La sinistra abbonda di orfani della guerra, sigle e personaggi che hanno trovato nella protesta anti-israeliana un senso per la loro azione politica e un palcoscenico che garantisce visibilità. Vantaggi ai quali non intendono rinunciare. Tutto come prima, quindi.
L’esercito israeliano si ritira, Hamas si ferma, loro vanno avanti.
Le proteste contro la partita di calcio Italia-Israele sono la cartina di tornasole di certe pulsioni. Erano programmate da settimane e sono state confermate. È anche la linea del Pd, come spiega il deputato Mauro Berruto, ex ct degli azzurri di pallavolo e ora responsabile dello Sport per il partito di Elly Schlein: «La mia opinione non cambia di una virgola. Questa partita non avrebbe dovuto essere disputata, perché Israele avrebbe dovuto essere sospeso da tutte le competizioni sportive internazionali». Idem Laura Boldrini: «Continueremo a denunciare l’ignavia di tutte le organizzazioni sportive che hanno deciso di non decidere». Linea oltranzista condivisa dai Cinque Stelle: «Nessuna trattativa e nessun accordo possono cancellare le responsabilità politiche, storiche e morali dello Stato di Israele».
È la stessa Schlein che vuole tenere il punto. Ieri, ospite nella trasmissione di Giovanni Floris, si è rifiutata di riconoscere la vittoria politica di chi ha appoggiato l’iniziativa americana. Anzi, ha detto che il governo italiano è stato un problema per il processo di pace, perché «è quello che più si è opposto in Europa ad avere una posizione netta contro i crimini di Netanyahu», perché ha votato contro la sospensione dell’accordo Ue-Israele e perché si è opposto «alle iniziative che cercavano di rompere il blocco di aiuti umanitari», come la Flotilla.
Dietro, c’è una stampa che fatica ad accettare il risultato ottenuto da Donald Trump. I titoli di Repubblica parlano di «Guerra travestita da pace nello show del Donald-day», il politologo francese Gilles Kepel dice ai lettori del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari che l’accordo firmato è solo «un colpo mediatico che non fermerà la violenza». E questo perché non è stato rilasciato Marwan Barghuthi, condannato da Israele a cinque ergastoli per terrorismo, ma ritenuto da Kepel (e da altri a sinistra) «l’unico in grado di incarnare una Palestina nuova». Sulla Stampa, il reportage da Gaza racconta che «la guerra non è finita».
Letture simili a quella della relatrice Onu Francesca Albanese, che ripete: «La chiamano pace, ma per i palestinesi rischia di trasformarsi in apartheid nella sua forma peggiore». Parole di chi è convinto che la lotta sia appena iniziata. Infatti vogliono replicare a Roma, alla Festa del cinema che comincia oggi, il copione che avevano portato alla Mostra di Venezia. In programma c’è un film israeliano, si intitola Ken (Sì). Sono insorte le solite sigle: Anpi, Arci, Assopace Palestina, BDS Italia. Sostengono che quella pellicola è una presenza «profondamente problematica», non per il suo contenuto, che riconoscono essere «molto critico verso l’attuale società israeliana», ma perché è finanziato anche dall’Israeli Film Fund e dal ministero della Cultura di Gerusalemme. Chiedono quindi alla direzione della Festa del cinema di boicottarla: «Vigiliamo affinché questa pace non sia un colpo di spugna per cancellare i crimini contro l’umanità commessi da Israele».
Indifferente all’accordo di pace anche la Cgil, che conferma la manifestazione nazionale di sabato 25 ottobre a Roma. Lì la protesta contro la manovra si salderà con quella contro il «genocidio» di Israele. Quel giorno, il sindacato di Maurizio Landini invita a scendere in piazza e non andare allo stadio (si giocano Napoli-Inter e altre tre partite). Il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, dice che è merito delle proteste se è stato raggiunto l’accordo su Gaza e promette «resistenza costituzionale» al governo. Mentre proseguono le occupazioni a Bologna e in altri atenei contro la «complicità con Israele».
Anche la linea di Giorgia Meloni non cambia. Tornata dall’Egitto, ha convocato per oggi, alle 15, una riunione dei ministeri e delle istituzioni coinvolti nella ricostruzione di Gaza, tra cui la Protezione civile. Ha confermato che l’Italia parteciperà e vuole fare subito il punto sulle prime cose da fare, in particolare riguardo agli aiuti umanitari. La riunione sarà presieduta da Antonio Tajani, perché la premier sarà impegnata, con altri capi di Stato e di governo, nel Processo di Aqaba contro il terrorismo in Africa, anch’esso in programma a Roma.
La proposta di votare all’unanimità la probabile missione militare di peace-keeping a Gaza, intanto, ha prodotto un primo risultato. Il responsabile Esteri del Pd, Giuseppe Provenzano, ha detto di credere che «non ci sia nessuna difficoltà su questo». Sarebbe difficile, per loro, rispondere «no» quando l’Onu chiama.

Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@liberoquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT