Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Ecco gli italiani che lavoreranno nella 23esima dittatura araba".

Giulio Meotti
Il piano è stato scritto anche da Qatar e Turchia, i leader della Fratellanza Musulmana e oltre duemila terroristi palestinesi (di cui 250 ergastolani) saranno liberati in cambio di 20 ostaggi ebrei ancora vivi e di una trentina di cadaveri.
Ce ne è di che essere scettici.
Le concessioni sono state da entrambe le parti. Se i primi ostaggi tornassero a casa lunedì, Israele avrebbe concesso ad Hamas nove giorni senza subire attacchi prima di riavere indietro il primo ostaggio. Negli altri round di negoziati, i leader di Hamas volevano trattenere alcuni ostaggi come polizza assicurativa contro la morte o imporre un ritiro israeliano completo da Gaza. Questo fino a quando Qatar, Turchia ed Egitto non hanno ordinato ad Hamas – anche sotto la minaccia di un attacco infinito da parte di Israele, sostenuto da Trump – di rilasciare tutti gli ostaggi in una volta, in cambio di un ritiro parziale da Gaza e delle promesse generiche di Trump di garantire che Israele non avrebbe ripreso la guerra. Nonostante le promesse di espellere tutti i leader di Hamas, sembra che agli alti comandanti di Hamas sopravvissuti alla guerra fino ad ora sarà consentito di rimanere a Gaza. Israele si ferma senza aver disarmato completamente Hamas: questa è la più grande concessione di Gerusalemme nel lungo termine.
Resta da capire chi abbia ceduto di più nel lungo periodo.
Ma almeno per un giorno mi sarei aspettato che le strade delle capitali europee e dei campus universitari di tutto il mondo esplodessero di gioia per la fine (o la hudna) di quello che hanno definito, bugiardi corrotti che non sono altro, un “genocidio”.
Ma no, il loro obiettivo non è mai stato quello di proteggere le vite dei palestinesi, ma di distruggere Israele, come le strade di Gaza che ieri sera hanno esultato gridando non “pace” o “due stati per due popoli”, ma “Kaybar Kaybar, l’esercito di Maometto tornerà”.

Ora che tutti gli ostaggi israeliani saranno liberati tutti insieme e senza cerimonie Croce Rossa e Allahu Akbar, è calato uno strano lutto nelle redazioni dei giornali e delle tv italiane.
Sia mai che ringrazino Trump, che ha fatto per i palestinesi qualcosa di più di tutte quelle piccole barche a vela che non sono riuscite a eludere il blocco navale israeliano, il che è anche un bene, altrimenti i nostri attivisti avrebbero finito per distribuire salvaslip e diaframmi agli abitanti di Gaza.

Se pensavate che le allucinanti cerimonie con le bare dei fratellini ebrei Bibas avrebbero potuto far dubitare persino la “comunità internazionale” di aver scelto i paladini democratici sbagliati, beh, non c’è letteralmente nulla che i palestinesi possano fare per ottenere una cattiva pubblicità.
La prossima volta i palestinesi decapiteranno ostaggi in diretta tv mondiale e tutti applaudiranno.
Greta Thunberg (ho una grande nostalgia della Svezia che faceva notizia per i mobili Ikea, le canzoni degli Abba, la racchetta di Borg e i film di Bergman) chiede intanto la liberazione dei terroristi palestinesi, ma come fotografia utilizza quella dello scheletro israeliano in mano a Hamas, Evyatar David.

C’è da capire l’autistica svedese: i terroristi palestinesi nelle carceri israeliane ricevono tre pasti al giorno e si dedicano ad attività ricreative e sportive da una a tre ore al giorno, possono usufruire della tv via cavo (con una scelta di programmi in varie lingue), tavoli da ping pong, campetti da basket, istruzione e stipendi mensili che variano a seconda di quanto sia efferato il crimine (più ebrei hai ammazzato, più alto è il reddito di cittadinanza).
Intanto in Italia abbiamo scoperto che gli ostaggi israeliani sotto terra da due anni non sono ostaggi, mentre l’autistica svedese e i flottillisti italiani dal fiume al mare e dell’industria dell’eroismo da amaca o da vasca da bagno sì.
Poi ci hanno detto che Francesca Albanese da Ariano Irpino può spiegarci cosa sia un “genocidio”, mentre Liliana Segre da Auschwitz no.
E in tutto questo la cosa più grave è questa decadente e violenta sinistra italiana che ha preso sul serio, sdoganato e legittimato questo orrendo circo di nani, scappati di casa e ballerine tornate dal martirio come se stessero facendo shopping da Primark.
Quanto a uno “stato palestinese”, sarebbe la 23esima dittatura arabo islamica e per me 22 sono più che sufficienti (come i 57 membri dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica), visto che Hamas non riesce a trovare neanche tutti i cadaveri di ebrei che si è portata a Gaza quel Sabato nero.
Ma visto che sembra che debba nascere per forza e che forse ci potremo liberare dello status ufficiale di rifugiato Onu che viene tramandato di generazione palestinese in generazione palestinese come un marchesato inglese (solo che tutti gli undici figli ereditano il titolo), ecco i nuovi ministri della 23esima dittatura arabo-islamica.
Francesca Albanese, ministro delle Risorse umane (e della “cacca”).
Piergiorgio Odifreddi, ministro della Resistenza (e della scienza).
Greta Thunberg, ministro della Decarbonizzazione.
Davide Piccardo, ministro della Sharia.
Maurizio Landini, ministro del Lavoro (e degli scioperi).
Enzo Iacchetti, ministro dell’Intrattenimento (veline e pugni).
Elly Schlein, ministro dei Diritti intersezionali.
Luca Telese, ministro della Comunicazione (e dei salotti).
Corrado Formigli, ministro della Cultura (e della cricca).
Alessandro Di Battista, ministro dell’Editoria (tendenza Fazi).
E che trovino un posto anche a quei flottillisti restituitaci dal mare come la lavatrice restituisce un calzino.
Certo, sarebbe meglio che una delle Isole Chagos inglesi nell’Oceano indiano si offrisse per ospitare questo 23esimo fallimento arabo. Ma che almeno ci levino di torno questi utili idioti.
Non finirà certo la guerra santa islamica, che almeno finisca la nostra ridicola guerra di nervi.
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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