Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Una 'pace' che assomiglia a una estorsione Analisi di David Elber
Testata: Informazione Corretta Data: 10 ottobre 2025 Pagina: 1 Autore: David Elber Titolo: «Una 'pace' che assomiglia a una estorsione»
Una 'pace' che assomiglia a una estorsione Analisi di David Elber
David Elber
E ora le brutte notizie: l'accordo di Gaza non è una pace, perché è stato concordato con un'organizzazione terrorista, non con uno Stato riconosciuto. Un'organizzazione terrorista islamica che punta ancora alla distruzione di Israele e che non accetterà mai di disarmarsi di sua sponte. Gli ostaggi tornano, ma a costo della liberazione di altri duemila criminali che, in futuro, serviranno a Hamas per compiere altri massacri di ebrei.
La recente firma per un cessate il fuoco tra Israele e i terroristi di Hamas non si può annoverare come una “pace”, ma piuttosto come l’ennesimo cessate il fuoco con annessa estorsione. Perché non è una pace? Perché è un’estorsione? Ora proviamo a spiegarne le ragioni.
Per prima cosa è doveroso sottolineare che l’unica cosa positiva di questo accordo è il rilascio (se ciò accadrà nei prossimi giorni) di tutti gli ostaggi vivi e morti. Per gli ostaggi ancora vivi e per le famiglie dei vivi e dei morti, è senza dubbio la fine di un interminabile incubo.
Non si può parlare di pace per molteplici ragioni. Per prima cosa un trattato di pace lo firmano due Stati nemici, qui siamo in presenza di uno Stato, Israele, che è stato aggredito con ferocia; e di un’organizzazione terroristica, che si è impossessata di un territorio, che è stato trasformato in un enorme centro logistico del terrore sia in superficie che sotto terra, dal quale è partita l’aggressione. Secondo, la pace la firmano due Stati che si riconoscono come legittime espressione dei propri popoli. Infatti, gli arabi nel 1949 firmarono con Israele dei meri accordi per il cessate il fuoco e non dei trattati di pace, perché questo avrebbe implicato il riconoscimento della legittimità di Israele, cosa inaccettabile per gli arabi. Anche quando furono firmati i trattati di pace tra Israele e Egitto (1979) e Giordania (1994) ad un riconoscimento formale di Israele non è mai seguita una vera pace: nessun scambio culturale, nessuna presenza di turisti da questi paesi arabi in Israele, scambi commerciali a senso unico: Israele esporta acqua e gas in Giordania e gas in Egitto ma solo perché questi paesi ne hanno un disperato bisogno. Dal punto di vista culturale, politico e diplomatico, erano, e sono estremamente ostili a Israele, questo perché, per loro, Israele è, e rimane, uno Stato illegittimo. Pensare a qualcosa di diverso con Hamas, soprattutto dopo il 7 ottobre, è una pericolosa illusione.
Poter pensare di firmare una “pace” con Hamas o con l’Autorità Palestinese, richiede un cambiamento di paradigma che richiederà generazioni non anni. Perché non basta che Hamas cambi il proprio statuto genocida o che l’Autorità Palestinese riconosca la legittimità dell’esistenza di Israele. Bisogna che queste due organizzazioni criminali cessino l’incitamento all’odio antiebraico che inizia all’asilo, prosegue nelle scuole primarie e secondarie fino alle università. Odio e delegittimazione che vengono diffuse nei giornali, nelle televisioni, nello sport, con il culto dei martiri e soprattutto con il pagamento degli stipendi degli assassini di ebrei visti come eroi e martiri.
Per capire quanto durerà questo cessate il fuoco, lo vedremo nei prossimi mesi quando si capirà se qualcuno (che non sia Israele) sarà in grado di disarmare i terroristi di Hamas perché, di propria iniziativa, loro non lo faranno. Per ora bisogna accontentarsi del rilascio degli ostaggi a caro prezzo.
Perché si può parlare di estorsione. Perché Hamas a fronte di una aggressione genocidiaria compiuta il 7 ottobre 2023, anziché essere messa all’angolo dal mondo “civile” e costretta di conseguenza alla capitolazione incondizionata, ha trovato l’appoggio politico necessario per sopravvivere e dettare le condizioni per il cessate il fuoco. A fronte dell’eccidio di 1.200 persone, ha ottenuto, con l’appoggio internazionale, la liberazione di migliaia di assassini condannati per omicidio (anche i più efferati), il riconoscimento del fantomatico “Stato di Palestina” da parte di un gran numero di paesi occidentali che in teoria sono amici di Israele. Infine la propria sopravvivenza che è vista come un premio e un merito della “resistenza” palestinese.
A tutto quanto detto bisogna aggiungere il fatto che, sempre, in passato la liberazione di terroristi omicidi non ha mai portato avanti la “pace” ma è vero l’opposto: ad ogni rilascio di terroristi in cambio di ostaggi, è seguita un’ondata di sangue sempre maggiore. Basti pensare che quasi tutti gli organizzatori del 7 ottobre erano nelle carceri israeliane e furono scarcerati nello scambio per il soldato Gilad Shalit nel 2011.
In attesa di vedere entro pochi giorni la liberazione di tutti gli ostaggi, a mio avviso cosa tutt’altro che scontata, per Israele c’è solo da sperare che la gioia per la loro liberazione (se questo avverrà nei prossimi giorni), nel prossimo futuro, non si trasformi in un lutto ancora più grande di quello vissuto il 7 ottobre.