Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Giorno della vittoria dopo 734 di guerra. Dal piano degli USA il nuovo Medioriente Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 10 ottobre 2025 Pagina: 3 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Giorno della vittoria dopo 734 di guerra. Dal piano degli Usa il nuovo Medioriente»
Riprendiamo da IL GIORNALE di oggi 10/10/2025 a pag. 3 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "Giorno della vittoria dopo 734 di guerra. Dal piano degli Usa il nuovo Medioriente".
Fiamma Nirenstein
Festa a Tel Aviv per la liberazione degli ostaggi e per l'accordo raggiunto su Gaza. A un disegno strategico di distruzione di Israele su sette fronti, Israele ha risposto con un disegno altrettanto strategico e di lungo periodo per cambiare il volto del Medio Oriente. Un disegno che oggi ha compiuto il suo primo passo.
Entro pochi giorni dovrebbero tornare tutti gli ostaggi. Israele è piena di speranza dopo tanto soffrire. La giornata di ieri sarà ricordata come quella in cui, contro ogni logica, si concluse con la vittoria la guerra di Indipendenza, quando fu assalita da tutti gli Stati arabi, nel 1948; e come, dopo la guerra del Kippur nel 1973, il 16 ottobre in cui Golda Meir annunciò che l’esercito aveva attraversato il canale di Suez. Israele vinse nonostante l’aggressione dell’Egitto e della Siria l’avesse quasi messo in ginocchio. Così sarà per il 9 ottobre 2025: il giorno della vittoria dopo 734 giorni dall’attacco che segnò la maggiore acquisizione strategica dell’asse che dall’Iran a Hamas aveva disegnato la distruzione definitiva dello Stato d’Israele. Il terrorismo belluino di Hamas puntava anche sui centomila e più missili degli hezbollah, l’appoggio della Siria e di milizie irachene e a sud di quelle Houty. Tutti secondo il piano iraniano.
Israele, oggetto di questo attacco strategico preparato per decenni, ha risposto con un disegno altrettanto strategico congegnato insieme alla presidenza americana: alla base Trump ha semplicemente capito che il futuro del Medio Oriente sarebbe diventato attacco esplosivo senza il grande muro di difesa dell’occidente che Israele rappresenta, la jihad islamica forte ormai di un’alleanza con la sinistra antiliberale, neostalinista e antisemita avrebbe puntato al mondo, oltre Israele. Dunque il fine di un Medio Oriente pacifico e rinnovato alle fondamenta si sono integrate con la necessità di pace nella Striscia, Trump e Netanyahu hanno unito le forze prima sul campo di battaglia, in Iran, e i migliori mediatori, da Ron Dermer a Witkoff a Kushner hanno lavorato prima di tutto per la liberazione di tutti gli ostaggi, il brillante nelle mani di Hamas, il suo segno del potere. Si è dunque attuata una pressione inaspettata su Hamas con l’esercito a Gaza City; ora è previsto il disarmo delle armi di attacco (in primis i missili), la presenza dell’esercito sul 53 per cento del territorio che promette che né oggi né domani la gente di Israele possa vedere di nuovo le nukbe macellare gli abitanti del sud. I terroristi liberati non potranno stare in Giudea e Samaria, né a Gaza per la maggioranza.
È questa la promessa di totale vittoria del governo Netanyahu? No, l’accordo non parla di schiacciare il nemico ma di destituire e disarmare Hamas, e ignora il futuro di Gaza che verrà affidata a una coalizione di volenterosi, vedremo quanti “tecnocrati” palestinesi. Non è importante. La base è quella del disegno strategico della pace col mondo arabo e con i Paesi occidentali volenterosi: la capacità di Trump di coalizzare otto stati mussulmani in una prospettiva che convenga a ciascuno per motivi anche opposti, è stata formidabile, degna del premio Nobel per la pace. Un caso particolare è il Qatar: mentre ospita la maggiore base americana è anche il pilastro della jihad internazionale propagandata da Al Jazeera. Il suo ruolo di mediatore, di fatto di sostegno a Hamas, è crollato quando Israele, come aveva fatto attaccando l’Iran, gli Hezbollah, gli Houty, le milizie filo sciite implicate, ha mostrato di non aver paura e ha attaccato i terroristi a Doha. Il Medio Oriente parla la lingua della forza, Trump ha avuto buon giuoco a spingere Al Thani a esigere che gli ostaggi fossero restituiti. Se l’ONU e l’UE avessero fatto lo stesso, le cose si sarebbero forse risolte prima. Ma è dall’attacco a Gaza City, che Hamas non prevedeva, che comincia la restituzione degli ostaggi. La pressione militare ha pagato, e così la promessa di Trump di un Medio Oriente nuovo che batta l’Iran con sullo sfondo la Russia e la Cina. Adesso Israele aspetta di riabbracciare i suoi cari: ha pesato la costanza, il coraggio, di questo Paese che invano la jihad islamica vuole distruggere, fiancheggiata dall’Occidente antisemita.
È buona cosa che l’Italia si sia tenuta da parte rispetto a Macron che ha portato all’ONU la proposta di uno stato palestinese nato nell’odio di Israele. Il tempo di pace non somiglierà agli accordi di Oslo, che riportarono Arafat per organizzare la seconda Intifada, 1500 morti innocenti sugli autobus e nelle pizzerie. La jihad non avrà più cittadinanza. Questa pace cambierà e difenderà il Medio Oriente.
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