Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Gli equilibri, la pace, Israele che vince Cronaca di Aldo Torchiaro
Testata: Il Riformista Data: 08 ottobre 2025 Pagina: 2 Autore: Aldo Torchiaro Titolo: «Gli equilibri, la pace, Israele che vince. Al Riformista le firme parlano di futuro»
Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 08/10/2025, a pagina 2, la cronaca di Aldo Torchiaro dal titolo "Gli equilibri, la pace, Israele che vince. Al Riformista le firme parlano di futuro".
Aldo Torchiaro
Il Riformista ha ricordato il 7 ottobre con un panel d'eccezione coordinato dal direttore Claudio Velardi. Vi hanno partecipato anche tutte le firme che vedete più assiduamente su Informazione Corretta: Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari, Stefano Parisi, Mario Sechi.
Roma, ore 16.40 del 7 ottobre. La politica sonnecchia. Due anni fa, le stragi di Hamas e della Jihad islamica. Oggi, la consegna del silenzio. Dei 250 ostaggi, 48 dei quali ancora mancanti all’appello, le istituzioni italiane non parlano.
«Non si ripeta che ne parlate!», aveva tuonato Francesca Albanese al sindaco di Reggio Emilia. Una fatwa che i più hanno eseguito ieri, con la coscienza sporca e la coda tra le gambe.
Eppure, qualche segnale — pur piccolo — arriva. Il Quirinale inarca un sopracciglio sull’antisemitismo, dopo che Papa Leone XIV, domenica, meglio tardi che mai, aveva fatto lo stesso richiamo. Ma l’idem sentire ha imposto un silenzio di tomba su questa giornata.
Non si deve parlare degli ostaggi, di Israele, delle ragioni che l’hanno portato in guerra contro il terrorismo.
Il caso Setteottobre e la reazione della stampa
L’associazione Setteottobre pubblica una pagina a pagamento su dieci quotidiani: un appello all’obiettività dell’informazione su Israele, spesso oggetto di troppa cattiva narrazione.
Anziché far proprio il principio — pacifico, quando non scontato — la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi), mai citata da Setteottobre, diffonde una nota di piccata protesta, come sentendosi punta nel vivo.
Se ne parla, increduli, nel panel che Il Riformista ha riunito a conclusione della sua giornata di ricordo del 7 ottobre.
«Non ci credo che la Fnsi ha risposto così!», esclama Mario Sechi dal microfono, collegato dalla redazione di Libero. La platea, oltre centocinquanta persone, ride per non piangere.
I tempi che viviamo sono, direbbe qualcuno, molto interessanti.
Il dibattito: Israele, pace e geopolitica
Sul piano di pace e sulle prospettive per il Medio Oriente si concentra un confronto di inusuale densità — in tempi di slogan facili e grida scomposte — tra Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari, Nicola Porro, Mario Sechi e il presidente di Setteottobre. A coordinarli, il direttore del Riformista, Claudio Velardi.
Velardi lancia la palla in campo israeliano e invita Nirenstein a parlare, chiedendole il punto di vista di un’italiana che vive a Gerusalemme. Nirenstein è stata tra le prime giornaliste ad arrivare nel kibbutz di Be’eri appena si diffuse la notizia di quello che si sarebbe rivelato il più disumano crimine antiebraico degli ultimi ottant’anni.
«L’ennesimo tentativo di distruggere lo Stato ebraico non riuscirà, statene certi», dice.
E enumera le partite vinte: Hezbollah in ginocchio, Assad in fuga, Teheran colpita chirurgicamente, il Qatar costretto a più miti consigli.
E dulcis in fundo: «Hamas è stata sconfitta sul piano militare prima e politico poi. Se oggi corrono a parlare di pace è perché Israele li ha colpiti a fondo.»
Le prospettive di potere nel Medio Oriente
Concorda Mario Sechi, che rincara la dose:
«Aggiungo che se Gerusalemme non avesse vinto tutte le battaglie, gli Stati Uniti ci avrebbero pensato molto di più prima di entrare in scena in Iran.»
Due, secondo il direttore di Libero, sono gli assi strategici lungo i quali si dipanano gli interessi della geopolitica mediorientale:
le fonti energetiche — chi le possiede e le può muovere — e le rotte e infrastrutture energetiche.
Diciotto trilioni di euro in gioco: su chi saprà gestire meglio risorse e reti dell’energia, mostrando una superiorità tecnologica, si giocherà il nuovo equilibrio globale.
Maurizio Molinari interviene da una prospettiva al tempo stesso storica e politica:
«Chi difende le ragioni di Israele non ha affatto perso. La partita è aperta. E poi sul futuro di Gaza, sulle sue prospettive post-belliche e sui corridoi di sviluppo, avremo ancora molto da vedere.»
Parla di una rotta in particolare:
«La guerra cognitiva di cui abbiamo parlato è mossa dalla Cina e dalla Russia, non per caso. Perché contro quest’asse ce n’è un altro che punta a tracciare una rotta strategica di risorse e che ci riguarda tutti da vicino: Indonesia–India–Penisola Arabica–Italia–Stati Uniti. Un corridoio di sviluppo che può ridisegnare la mappa del mondo.»
La guerra cognitiva e la resistenza ebraica
La guerra a Israele, spiegano, non è solo politico-ideologica, ma anche economica:
gli antisemiti inconsapevoli che si agitano in Europa — e in Italia in particolare — non sanno di essere burattini nelle mani dei bot russi e cinesi.
Nicola Porro passa dai grandi schemi ai temi quotidiani della resistenza ebraica:
«Ci si sente tutti ebrei, perché a un certo punto chi difende Israele si ritrova isolato, guardato male anche da amici e colleghi. Hanno lavato il nostro cervello e ora ci fanno credere quello che gli pare. È un momento terribile, perché mentre Israele vince militarmente le sue battaglie in Medio Oriente, Hamas sembra vincere in Italia: si è impossessata della testa delle persone. È la guerra cognitiva, che si combatte testa dopo testa.»
“Fintanto che Hamas tiene gli ostaggi, sarà sempre 7 ottobre”
A chiudere l’incontro, Stefano Parisi:
«Fintanto che Hamas tiene gli ostaggi nei suoi tunnel, sarà sempre 7 ottobre.
E finché perfino l’Autorità Nazionale Palestinese insegna ai bambini a odiare Israele, a uccidere gli ebrei, non verremo mai fuori da questa spirale.
Servono passaggi generazionali, sforzi culturali, più dialoghi che riescano a scardinare questa catena di disinformazione e antisemitismo, miscela velenosa del nostro tempo.»
Grandi applausi. Foto di gruppo.
Poi si deve uscire dalla sala: togliere la kippah, provare a nascondersi.
Come nuovi dissidenti.