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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero Rassegna Stampa
08.10.2025 Vaticano, il cardinale di sinistra (e ce ne sono altri)
Commento di Antonio Socci

Testata: Libero
Data: 08 ottobre 2025
Pagina: 8
Autore: Antonio Socci
Titolo: «L’ultimo colpo dei bergogliani: far litigare Israele e Santa Sede»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 08/10/2025, a pag. 8, con il titolo "L’ultimo colpo dei bergogliani: far litigare Israele e Santa Sede" il commento di Antonio Socci.

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Antonio Socci

Pietro Parolin, il segretario di Stato vaticano, è sempre ostile a Israele, nonostante le parole molto più misurate e imparziali di Leone XIV. La sua intervista sul piano di pace a Gaza ha provocato un incidente diplomatico fra Santa Sede e Israele. Parolin è ereditato dal pontificato di Bergoglio. Come lui ce ne sono moltissimi altri. In futuro, la Chiesa riuscirà a cambiare rotta?

Cosa sta accadendo in Vaticano?
Landini è diventato Segretario di Stato? Vediamo i fatti delle ultime ore. Domenica, all’Angelus, Leone XIV ha pronunciato parole sagge ed equilibrate a favore del Piano di pace di Trump per Gaza e contro il ritorno dell’antisemitismo. L’indomani il Segretario di Stato, il card. Pietro Parolin, con un’intervista sposta la Santa Sede su posizioni tipo Landini/Schlein. Infatti elogia le manifestazioni di questi giorni: «Mi colpisce positivamente la partecipazione alle manifestazioni, e l’impegno di tanti giovani. Dobbiamo prendere sul serio quel desiderio di pace, quel desiderio di impegno».
L’intervistatore osserva che secondo qualcuno i cristiani dovrebbero anzitutto pregare per la pace (è il Papa ad averlo detto e ripetuto). Ma Parolin obietta che lui crede nella preghiera però «pensare che il nostro ruolo, come cristiani, sia quello di rinchiuderci nelle sacrestie, lo trovo profondamente sbagliato. La preghiera chiama anche ad un impegno, a una testimonianza».
Resta da capire cosa c’entri la testimonianza cristiana con queste manifestazioni. Parolin dichiara che «a volte queste iniziative, a causa delle violenze di pochi facinorosi, rischiano di far passare a livello mediatico un messaggio sbagliato». Ma il problema non sono solo le violenze, è il contenuto ideologico di queste iniziative.
Il sito della comunità ebraica di Roma, Shalom, ha documentato il clima che dominava: «Tra i diversi striscioni spunta, all’altezza del Colosseo, una bandiera di Hamas e una di Hezobollah. Compare una scritta che non avremmo mai voluto vedere in un paese democratico come l’Italia: “7 ottobre giornata della Resistenza palestinese” corredata dall’ormai famoso “From the river to the sea Palestine will be free”, implicito riferimento alla scomparsa di Israele. Dallo stesso spezzone della manifestazione, si levano cori come “Viva Hamas, Hezbollah, gloria eterna a Nasrallah, con i caccia e con i Mirv bombardiamo Tel Aviv”. Ma il peggio deve ancora arrivare. Un cartello inneggia a tempi bui: “Quest’anno risparmia sugli addobbi di Natale, appendi un sionista, la corda è in omaggio”».
Si potrebbe ricordare pure l’oltraggio alla statua di Giovanni Paolo II. È sicuro Parolin che i giovani cattolici traggano giovamento spirituale da tali eventi? La Chiesa vuole spingere i cattolici fra le braccia di questi gruppi e queste ideologie? Il cardinale non si occupa di anime. Attacca la comunità internazionale perché non ferma la guerra e quando l’intervistatore gli ricorda il Piano di pace di Trump che proprio in queste ore si sta concretizzando, il prelato – diversamente dal Papa e dalla quasi totalità dei governi – è tiepido.
Deve sostenerlo, ma chiede che «coinvolga il popolo palestinese». Che significa? L’Autorità Palestinese è coinvolta e Hamas sta trattando (in pratica la resa), ma certo Hamas non può restare al comando di Gaza.
Parolin è durissimo con Israele, tanto che l’Ambasciata israeliana presso la Santa Sede ieri ha fatto notare che questa intervista «rischia di minare gli sforzi per porre fine alla guerra a Gaza e contrastare il crescente antisemitismo. Si concentra sulla critica a Israele, trascurando il continuo rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi odi porre fine alla violenza». Inoltre l’ambasciata rifiuta l’«equivalenza morale tra uno Stato democratico che protegge i propri cittadini e un’organizzazione terroristica intenzionata a ucciderli». È un vero incidente diplomatico. Ieri il Papa, incontrando alcuni giornalisti, ha cercato di metterci una toppa: «Preferisco non commentare, ma il cardinale ha espresso l’opinione della Santa Sede». Così ha evitato la frattura interna, ma si è aggravata quella esterna. Che è inspiegabile.
Perché Parolin ha provocato questo scontro fra Santa Sede e Israele e proprio nelle ore in cui si sta facendo la pace a Gaza? Il Papa manda sempre messaggi di pace, ma sembra che il vecchio establishment bergogliano della Curia abbia prevalso sulla sua linea moderata. Vogliono trasformare questo pontificato in una replica minore del precedente. È un grosso problema per Leone XIV. Parolin è duro con uno Stato democratico come Israele, ma evita ogni critica contro il regime comunista cinese con cui lui, insieme a papa Bergoglio, nel 2018 ha realizzato l’accordo che ha provocato l’opposizione del grande card. Zen.
In effetti Parolin non fa che proseguire nella politica di Bergoglio. Il rabbino capo di Roma Riccardo di Segni ha recentemente ricordato – scrive Sandro Magister – «l’udienza alla pari data da Francesco il 22 novembre successivo (al 7 ottobre, ndr) a familiari di ostaggi ebrei nelle mani di Ha mas e a parenti di terroristi palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, accompagnata dalla dichiarazione che anche la guerra sferrata da Israele “è terrorismo”, anzi, “è genocidio”. Dopo il 7 ottobre, dice Di Segni, “dagli amici ci si sarebbero aspettate empatia e solidarietà”. Al contrario “sono arrivati equidistanza gelida, se non l’aperto schieramento con l’altro fronte [...], fino a lodare il governo iraniano”».
Come si spiega l’atteggiamento di papa Bergoglio? Secondo Di Segni una delle ragioni è l«a provenienza e la cultura originaria di papa Francesco, più terzomondista che occidentale». Lo scivolamento del mondo cattolico verso posizioni di sinistra, anche estreme, negli anni Sessanta e Settanta iniziò proprio da un certo terzomondismo che prima allontanò i giovani dalla Chiesa e poi li fece arruolare a sinistra. Il pontificato bergogliano ha riportato quel clima che dà il primato all’azione sociale sulla dimensione soprannaturale della fede cristiana. È una strada disastrosa.
Scriveva, tanti anni fa, Jacques Maritain: «Una cosa assolutamente essenziale al cristianesimo è la soprannaturalità della grazia. Togliete questa soprannaturalità e il cristianesimo si corrompe. È chiaro che il Vangelo reso puramente naturale (e quindi assolutamente corrotto) diviene un fermento di rivoluzione di straordinaria virulenza». Leone XIV prova a correggere la rotta. Ma è dura.

 

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