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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero Rassegna Stampa
06.10.2025 Non indossate la kippah fuori dal ghetto di Venezia
Cronaca di Claudia Osmetti

Testata: Libero
Data: 06 ottobre 2025
Pagina: 6
Autore: Claudia Osmetti
Titolo: ««Non indossate la kippah fuori dal ghetto di Venezia»»

Riprendiamo da LIBERO del 06/10/2025, a pag. 6, con il titolo "Non indossate la kippah fuori dal ghetto di Venezia" l'analisi di Claudia Osmetti. 

Claudia Osmetti
Claudia Osmetti

Gli ebrei tornano ad essere rinchiusi nei ghetti? Non ancora. Ma possono mostrare la loro identità ebraica solo all'interno del ghetto, come succede già a Venezia: la comunità ebraica sconsiglia di indossare la kippah al di fuori delle sue ex mura. A Venezia, appena un mese fa, una coppia di turisti ebrei era stata aggredita in strada da musulmani.

La cosa più preoccupante è che nelle comunità ebraiche d’Italia non fa nemmeno più notizia. Gli ebrei ci sono abituati, se lo ripetono da tempo, è dal 7 ottobre del 2023 (o da poco dopo) che è così: meglio non ostentare, potrebbe essere frainteso come una “provocazione”, rimanere anonimi è la scelta più saggia. In poche parole, brutali: se fuori si scatena la furia del from the river to the sea, conviene “nascondersi”.
Ci sono le aggressioni per strada che colpiscono gli ortodossi, ci sono le manifestazioni che incitano all’intifada (magari senza manco sapere cos’è, però di certo senza farsi il minimo problema nell’invocarla), c’è un antisemitismo sdoganato che ci sta riportando indietro tutti di novant’anni. Per questo la comunità ebraica di Venezia (è l’ultimo caso) ha appena suggerito ai suoi membri di non indossare la kippà quando escono dal territorio del ghetto.
Troppi rischi, troppi pericoli, mica a caso proprio lì, giusto un mesetto fa, una coppia di turisti americana, lui aveva i cernecchi, è stata aggredita da un gruppetto propal che ha aizzato loro contro pure un cane.
Italia, 1938. Con gli ebrei non marchiati ma costretti a dissimularsi, a tenere per loro i propri simboli religiosi, per paura che qualche esagitato li incroci sul marciapiede. Via la collanina con la stella di David, via il tallit, via qualsiasi etichetta abbia caratteri ebraici stampati sopra (quel che dicono, possono anche recitare uno slogan contro Netanyahu, importa zero), via persino il fiocco giallo per la liberazione degli ostaggi appuntato sul bavero della giacca (consiglio che s’è sentita rivolgere anche chi scrive, e in più di un’occasione, perché non è necessario essere ebrei per capire che questa è la vera battaglia in difesa dell’Occidente).
Milano, Roma, Firenze. Lo stesso in Francia, in Belgio, in Gran Bretagna, in Canada. Certo, il ghetto di Venezia di oggi non è quello del secolo scorso: è un quartiere aperto, libero, senza impedimenti. Però a che punto siamo arrivati? Quale livello di odio abbiamo toccato?
«Ebrei di merda, bruciate tutti»: è la scritta che ieri mattina hanno trovato sulla serranda di un panificio kosher di Roma i dipendenti che erano andati ad aprire. «Il 7 ottobre è la giornata della resistenza palestinese»: lo striscione che ha marciato nel corteo palestinista, (sempre a) Roma, sabato pomeriggio. I risultati son questi qui: sono gli appelli (tristemente comprensibili) a lasciare la kippà in sinagoga, sono le raccomandazioni (fatte a malincuore) a non rendersi riconoscibili per strada, sono gli inviti (alla vigilia di un giorno importante come quello di domani, che merita rispetto non foss’altro perché ci sono ancora venti rapiti che hanno il sacrosanto diritto di tornare a casa) a non mostrare in pubblico i simboli della fede ebraica.
Sì, la questione è seria. Sì, ci riguarda tutti. Però no, non smetteremo di denunciare storture come questa solo perché, in un certo senso, vergognosamente, sono diventate “la norma”.

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