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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio Rassegna Stampa
30.09.2025 Liberarsi degli ebrei e antica vocazione che ora ha uno stato da abbattere
Prefazione di Giuliano Ferrara al libro di Niram Ferretti

Testata: Il Foglio
Data: 30 settembre 2025
Pagina: 2
Autore: Giuliano Ferrara
Titolo: «Liberarsi degli ebrei, un’antica vocazione che ora ha uno stato da abbattere»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 30/09/2025, a pag. 2, con il titolo "Liberarsi degli ebrei, un’antica vocazione che ora ha uno stato da abbattere" il commento di Giuliano Ferrara.

Giuliano Ferrara
Giuliano Ferrara


Niram Ferretti

Il libro di Niram Ferretti, "Maledetto Israele, la crociata contro lo Stato ebraico", edito da Liberilibri. Di seguito riportiamo la prefazione di Giuliano Ferrara.

Il libro di Niram Ferretti non è nella media delle opinioni correnti sulla guerra di Gaza e sul suo significato. Piuttosto è una pietra di inciampo fondata su un paradosso scandaloso. Gli ebrei si sono riuniti e si difendono, per questo possono essere infine spazzati via, dal fiume al mare. La maledizione di Israele è che il mondo ha sempre avuto la vocazione a liberarsi in qualche modo degli ebrei, della questione ebraica cosiddetta, e ora può pensare di farlo abbattendo non un’antica stirpe o una particolare religione del libro o una formidabile comunità di costumi e cultura ma una nazione, uno stato, una classe dirigente, il rinascimento di una lingua, una prassi umana dei sopravvissuti, l’unità di un rifugio, di un mai più, che nasce come conquista internazionalmente legittimata. E cresce come autodifesa da un rifiuto etnico e religioso, radicalmente nichilista, che infine richiede la propria legittimazione come questione palestinese, come resistenza popolare e nazionale.

Anche chi non fu sionista considerava il sionismo una benedizione, alla luce dell’antisemitismo del Novecento, culmine di una lunga storia e suo compimento. Il paradosso è che con la guerra di Gaza, cioè con la risposta al fuoco sterminatore del 7 ottobre, il sionismo diventa apartheid, razzismo, colonialismo, nazismo. Intorno al messianesimo e alla santificazione rituale biblica fu ingaggiata una feroce battaglia di liquidazione e annientamento che procede dalla Roma imperiale, passa per il cristianesimo patristico, per la riforma protestante, per l’assimilazionismo illuministico, e sfocia nella Shoah, nello sterminio degli ebrei d’Europa in nome del razzismo biologico. La fine dell’ebreo in quanto ebreo, e solo in quanto ebreo, è un mito trainante della storia mondiale. La diaspora, garanzia di continuità e di speranza, è sempre stata sottoposta all’ipoteca della eliminazione genocidaria. Ma quando dai pogrom, dalla maledizione rituale, dal ghetto e dall’assimilazione, si è passati al progetto compiuto e tecnicamente attrezzato, dunque all’idea e alla pratica della soluzione finale, ha preso corpo il contromito nazionale ebraico detto sionismo, con l’esodo e la fondazione di una comunità di lingua, di fraternità, di solidarietà, di luce umana e di salvezza e saldezza terrena. Questa comunità è basata sulla forza e l’intelligenza, sul dialogo teologico conciliare e giovanpaolino, sulla democrazia e la modernità plurale, su tutti i valori del fu occidente che oggi l’occidente reale tende a rinnegare nell’immagine redentiva di una Palestina che non esiste altro che nell’ideologia antisionista. Mai come oggi gli ebrei hanno paradossalmente capito che, tentando di salvarsi e vivere liberi e forti, un paese tra gli altri indipendente e impenetrabile all’odio dei vicini, hanno moltiplicato le occasioni di perdersi. Ecco perché non hanno alternative esistenziali all’eliminazione, allo sradicamento del nemico.

Ferretti adopera una formula felicemente coniata dal rabbino Di Segni della comunità ebraica romana, la “regressione teologica”. Una parte del mondo evoluto e della stessa gerarchia cattolica ha ceduto allo stereotipo della nazificazione dei sopravvissuti di Auschwitz e della loro discendenza sionista. Comizianti generici e funzionari infedeli a ogni codice di umanità, riscrittori tendenziosi della storiografia e negazionisti di varia tempra e credibilità contano e non contano, e trovano comunque in questo pamphlet il loro castigo intellettuale e umano. Ma in una faccenda particolare e universale fondata sulla fede biblica, sull’ipotesi del giudeocristianesimo, e in un mondo pervaso dallo spaccio dell’islamismo fanatico dei Fratelli Musulmani e della profezia sciita come confine della nuova “linea del colore” che divide colonizzati e colonizzatori, la teologia diventa tutto. Quello che colpisce Israele, e il palestinismo è solo il vettore più facile, è un vero odio teologico. Solo così si spiega anche la trasformazione della nazione israeliana, del sistema politico, della cultura delle sue classi dirigenti, con la scomparsa di molti elementi di laicità socialista e progressiva che furono componente essenziale del primo sionismo. Ferretti registra e classifica in modo ineccepibile la logica della menzogna che motiva la dannazione di Israele, l’inversione della colpa, e altri ideologismi della maledizione politica. Ma il suo libro punta giustamente sulla radice di odio che fa di un paese maledetto dai benpensanti lo strumento di un rifiuto di Dio, quanto di più occidentale si possa oggi concepire.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

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