Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Zelensky pronto a lasciare. Ma solo dopo aver 'sistemato' Putin Analisi di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 26 settembre 2025 Pagina: 4 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Zelensky pronto a lasciare il potere. Ma solo dopo aver 'sistemato' Putin»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/09/2025, a pag. 4, l'analisi di Anna Zafesova dal titolo "Zelensky pronto a lasciare il potere. Ma solo dopo aver 'sistemato' Putin".
Anna Zafesova
Zelensky e Trump, qualcosa deve essere cambiato, non solo nella testa del presidente americano. Se quest'ultimo, adesso, cambia linguaggio e sprona l'Ucraina a vincere la guerra, vuol dire che è cambiata la situazione sul campo. Zelensky prende coraggio e all'Onu parla anche di prossime elezioni, ma non prima di aver fermato la Russia. Speriamo che, nel frattempo, Trump non cambi ancora idea.
«I funzionari del Cremlino devono imparare dove si trovano i rifugi antiaerei». Volodymyr Zelensky, ormai ospite frequente negli Stati Uniti, stavolta non alla Casa Bianca ma al Palazzo di Vetro, cambia clamorosamente i toni nei confronti della Russia. Difficile non attribuire il passaggio a un registro molto più minaccioso alla recente svolta nella retorica di Donald Trump, che dopo mesi di trattamento di favore nei confronti di Vladimir Putin, ha dichiarato che l'Ucraina può anche vincere la guerra e riconquistare i territori occupati dalle truppe russe. Qualcosa deve essere cambiato, non soltanto nella testa del leader repubblicano, e il presidente ucraino ha colto l'opportunità per dichiarare al mondo che ora è dalla parte dell'Ucraina, e per cominciare forse per la prima volta a parlare della fine della guerra come di qualcosa di possibile e probabile. In un'intervista ad Axios, Zelensky ha promesso che l'Ucraina potrebbe tornare alle urne ancora prima di un eventuale accordo di pace, e che lui non ha per ora in progetto di restare al potere: «Io devo pensare a concludere la guerra, non a ricandidarmi».
Ma prima si tratta di «fermare la Russia», con le cattive visto le buone maniere non hanno funzionato: Zelensky ha rivelato di avere avuto l'ok di Trump agli attacchi a fabbriche militari e infrastrutture energetiche russe, e ha promesso di utilizzare le armi a lunga gittata che gli Usa potrebbero fornire «contro i centri del potere» moscoviti. Finora, era una minaccia russa, quella di colpire i «centri decisionali» di Kyiv (realizzata qualche settimana fa con l'attacco alla sede del governo ucraino). Zelensky promette di non colpire i civili, «perché non siamo dei terroristi», ma ha invitato gli abitanti del Cremlino a informarsi dove andare a nascondersi: «Se non fermano la guerra, avranno davvero bisogno dei rifugi».
La pazienza nel costruire i rapporti con la Casa Bianca repubblicana, nonostante la clamorosa cacciata dallo Studio Ovale a fine febbraio, e mesi in cui il presidente americano corteggiava Putin, srotolandogli tappeti rossi mentre criticava l'Ucraina, sembra aver finalmente pagato. Come aveva promesso Viktor Andrusiv, il politologo ucraino che era stato uno dei consiglieri del primo governo di Zelensky, «prima o poi Donald Trump incontrerà la realtà», e nei giorni di diplomazia intensiva alle Nazioni Unite il capo della Casa Bianca sembra aver fatto proprio il punto di vista dell'Ucraina e dei suoi alleati europei, promettendo anche un «flusso ininterrotto» di armi per resistere all'invasione russa. Resta da capire ovviamente per quanto durerà questo nuovo corso, ma Zelensky sa benissimo che le guerre si vincono anche con le narrazioni, e approfitta della svolta americana per sostituire quella dell'Ucraina martoriata con quella dell'Ucraina vincente, e della Russia «tigre di carta», guidata da un Putin che «ha deluso».
Uno scontro che non ha una dimensione soltanto verbale: mentre i tempi utili per l'offensiva di terra russa si stanno accorciando, Putin ha lanciato un'escalation di missili e droni in Ucraina, ai quali si sono aggiunti le incursioni dei caccia russi nello spazio aereo del Nord e dell'Est europeo. L'annuncio della "autorizzazione" di Trump agli attacchi oltre confine - ma solo in risposta ai raid russi - è un avvertimento al Cremlino, nel caso volesse tornare a bombardare centrali elettriche e termiche ucraine in vista dell'inverno. A Kyiv non ci si fida molto della solidità dell'impegno di Trump, e diverse fonti vicine alla presidenza raccontano ai media occidentali che il leader repubblicano in realtà vorrebbe sfilarsi da una guerra che ha scoperto troppo complicata, e che continua a evitare il discorso di nuove pressioni e sanzioni al Cremlino. Compito che tocca all'Ucraina, e all'Europa. «Colpiremo tutti i giorni», promette Zelensky e, considerato che intanto le file ai distributori di benzina a Mosca e in Crimea continuano ad allungarsi a ogni raffineria russa colpita dai droni ucraini, e che per colmare la voragine del deficit la Banca Centrale russa sta considerando di aumentare l'Iva, i funzionari del Cremlino sanno che il tempo gioca contro di loro. E mentre Zelensky fa capire di non volersi ricandidare - lasciando in quel caso l'amarezza e la fatica della ricostruzione postbellica e del ritorno alla normalità a un successore ancora tutto da individuare - Putin non ha nessuna intenzione di abbandonare il potere, e quindi si assumerà lui la responsabilità di dover gestire la "tigre di carta".
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