Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Premere adesso per una soluzione a due stati è una follia Editoriale del Jerusalem Post
Testata: israele.net Data: 22 settembre 2025 Pagina: 1 Autore: Jerusalem Post Titolo: «Londra e Parigi possono dire quello che vogliono, ma uno stato palestinese non nascerà senza accordo con Israele. Premere adesso per la soluzione a due stati è totalmente slegato dalla realtà: gli israeliani che ci speravano hanno perso fiducia, poiché in»
Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - l'editoriale del Jerusalem Post del 21/09/2025 dal titolo 'Londra e Parigi possono dire quello che vogliono, ma uno stato palestinese non nascerà senza accordo con Israele. Premere adesso per la soluzione a due stati è totalmente slegato dalla realtà: gli israeliani che ci speravano hanno perso fiducia, poiché in oltre 30 anni i palestinesi non hanno dimostrato alcuna capacità né volontà di gestire un’entità statale pacifica al fianco di Israele'.
Da sinistra: il primo ministro canadese Mark Carney, il primo ministro britannico Keir Starmer e il primo ministro australiano Anthony Albanese. Riconoscere uno stato palestinese in queste condizioni significa premiare il terrorismo e allontanare la pace: senza un cambiamento radicale nella società palestinese e senza un accordo con Israele, resteranno solo dichiarazioni vuote
Scrive l’editoriale del Jerusalem Post:Mentre lunedì sera gli israeliani si siedono a tavola per il pasto di Rosh Hashanah (Capodanno ebraico), immergendo le mele nel miele per augurare un anno dolce, alla vigilia dell’apertura dell’Assemblea Generale si tiene una conferenza delle Nazioni Unite che promette di lasciare in bocca al Paese un sapore molto amaro.
Co-presieduta da Arabia Saudita e Francia, l’evento è intitolato “Conferenza internazionale di alto livello per la risoluzione pacifica della questione palestinese e l’attuazione della soluzione a due stati”.
Per la prima volta, diverse democrazie occidentali, guidate dalla Francia, dovrebbero riconoscere uno stato palestinese. Gran Bretagna, Canada e Australia lo hanno già fatto domenica.
Che questi Paesi siano disposti a riconoscere uno stato palestinese che non esiste è un grave errore.
La cosa non contribuirà in alcun modo a promuovere la pace nella regione, ma anzi darà impulso ai terroristi e agli estremisti islamici che hanno compiuto il massacro del 7 ottobre.
In qualunque modo Parigi e Londra cerchino di raccontarsela e rigirare la frittata, il messaggio che arriverà ai palestinesi sarà chiarissimo: 32 anni dopo la firma degli Accordi di Oslo – che stabilivano che la creazione di uno stato palestinese sarebbe avvenuta solo al termine di un processo negoziato tra le parti – i palestinesi ottengono uno stato, ancorché fittizio, non attraverso compromessi, cambiamenti e negoziati, ma attraverso il terrorismo più cupo e feroce.
In altre parole: il terrorismo paga.
Il messaggio che questo invia ai palestinesi è semplice: non hanno alcun bisogno di scendere a compromessi o negoziare. Quello che funziona è scatenare un terrorismo spietato, gridare al “genocidio” quando Israele reagisce, e poi sedersi e aspettare che francesi, britannici e altri consegnino loro uno stato.
Ma è un’illusione.
Le dichiarazioni di statualità non basteranno a creare uno stato se non c’è l’accordo di Israele. Israele controlla il territorio e, a meno che non ritiri le sue truppe, nessuna “Palestina” (qualunque cosa si intenda con questo termine) potrà vedere la luce.
E Israele non ritirerà le sue truppe – né ora né nel prossimo futuro – finché non ci sarà un cambiamento radicale nella società palestinese.
Non sarà possibile alcun progresso finché i palestinesi non accetteranno che lo stato ebraico è qui per restare, che non può essere eliminato con la forza né fatto sparire con trucchi o magie, e che la loro unica opzione è vivere accanto a esso, e non al suo posto.
Manovre come quella all’Onu non avvicinano questa consapevolezza. Al contrario, la allontanano ancora di più.
Invece di affrettarsi a riconoscere uno stato palestinese fittizio, il mondo dovrebbe esigere la de-radicalizzazione palestinese: non solo a Gaza, dove comanda Hamas, ma anche in Giudea e Samaria (Cisgiordania), dove il sostegno al massacro del 7 ottobre è ancora più alto.
La pace, come tragicamente dimostrato da Oslo, non si fa con le dichiarazioni.
Nel 1993, Yitzhak Rabin e Yasser Arafat firmarono un accordo e gran parte del mondo – compresi moltissimi in Israele – fu così sconsiderato da credere che fosse sufficiente: che i leader firmano un pezzo di carta e la pace sgorga come acqua da una sorgente.
Non è così.
La pace richiede cambiamenti di mentalità e di comportamento, nessuno dei quali è mai emerso.
Negli anni ’90 e Duemila i palestinesi hanno risposto alle generose offerte di indipendenza con lo stragismo della “seconda intifada”, e alla concessione di un mini-stato palestinese a Gaza nel 2005 con la carneficina del 7 ottobre.
Ora, con il riconoscimento di uno “stato palestinese” il mondo sta ora nuovamente sprofondando nella stessa trappola, intestardendosi nella convinzione che la violenza e il terrorismo palestinesi siano solo sintomi della mancata statualità.
Date uno stato ai palestinesi, ripetono, e non avranno più alcun motivo per attaccare e uccidere gli israeliani.
Non c’è nulla nella storia dei palestinesi che puntelli questa pia illusione. È vero il contrario.
Pressare ora per una soluzione a due stati è una cosa completamente slegata dalla realtà. Dopo oltre 30 anni, i palestinesi non hanno dimostrato nessuna capacità – né volontà – di gestire un’entità statuale pacifica a fianco di Israele. E gli israeliani hanno perso ogni fiducia che i palestinesi lo vogliano davvero.
Mentre il mondo continua a premere per una soluzione a due stati, gli israeliani hanno da tempo rinunciato all’idea: non perché i loro cuori si siano induriti o le loro menti si siano chiuse, ma a causa della amara, dolorosa esperienza.
Più e più volte, quando Israele ha ceduto territori – la premessa per una soluzione a due stati – quei territori non sono stati utilizzati per costruire l’indipendenza o la prosperità palestinese, ma come base di lancio per attaccare Israele.
Francia, Regno Unito, Canada e Australia possono dire quello che vogliono. Ma senza l’accordo di Israele, non ci sarà nessuno stato palestinese.
E questo accordo non arriverà senza un profondo, duraturo e visibile cambiamento nel comportamento e nella mentalità dei palestinesi.
Tutto il resto è solo un vuoto atteggiarsi moralista: grandiose dichiarazioni che possono anche riscuotere applausi a Londra e Parigi, ma non fanno assolutamente nulla per cambiare la realtà sul campo in Medio Oriente. E per la pace fra i due popoli.
(Da: Jerusalem Post, 21.9.25)
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