Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
I versi di Bob Dylan per difendere Israele Commento di Antonio Socci
Testata: Libero Data: 22 settembre 2025 Pagina: 1/9 Autore: Antonio Socci Titolo: «La pazienza, la ragione e i versi di Bob Dylan per difendere Israele»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 22/09/2025, a pag. 1/9, con il titolo "La pazienza, la ragione e i versi di Bob Dylan per difendere Israele" il commento di Antonio Socci.
Antonio Socci
Bob Dylan, nella sua canzone Il Bullo di Quartiere spiega indirettamente tutte le ragioni del perché stare dalla parte di Israele, nonostante tutti siano ormai convinti che siamo noi dalla parte del torto.
«Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati». Veniva in mente questa frase di Bertolt Brecht qualche sera fa, vedendo il direttore di Libero, Mario Sechi, con la sua calma olimpica, esporre, in un talk show, le ragioni di Israele e ricordare i crimini di Hamas che ha dato inizio alla guerra e continua a tenere ostaggi israeliani (come tutta la popolazione palestinese usata come scudo umano).
Una voce quasi isolata, quella di Sechi, perché in Italia pochissimi temerari vanno controcorrente e farlo oggi, sulla guerra fra Israele e Hamas, significa consegnarsi al disprezzo del Giornalista Collettivo e agli (...
) anatemi degli Indignati speciali. Oggi il furore contro Israele è arrivato a livelli impensabili (gli ebrei in Europa hanno paura a camminare per strada con la Kipà). Ma l’ostilità non è cosa nuova.
LA CANZONE
Lo prova una canzone di Bob Dylan uscita nel 1983, al tempo della guerra in Libano: “Neighborhood Bully”, ovvero “Il bullo del quartiere” (faceva parte dell’album “Infidels”).
Il Premio Nobel per la letteratura, com’è noto, ha sempre vissuto un suo impegno civile, ma andando spesso controcorrente, anche in modo urticante per la mentalità dominante e per le mode ideologiche a cui il mondo della musica s’inchina.
In questo caso lui, ebreo, volle esporsi contro il pregiudizio dilagante nei confronti di Israele, giudicato appunto “il bullo” del mondo. Dylan, con questa canzone, si sedette “dalla parte del torto”, cioè su una panchina quasi deserta, rispetto alla tribuna affollatissima di coloro che, oggi più che mai, criminalizzano Israele, strillando che nessuno deve contraddire la verità (che posseggono loro: i Buoni).
Rileggere alcuni di questi suoi versi fa riflettere: «Il bullo del quartiere è un uomo solo/ I suoi nemici dicono che è nel loro territorio/ Loro sono di più, circa un milione contro uno/ Lui non ha nessun posto dove scappare,/ nessun posto dove correre/ È il bullo del quartiere».
IL “BULLO”
L’amara ironia di Dylan rovescia l’immagine negativa che molti hanno del bullo/Israele: «Il bullo del quartiere vive solo per sopravvivere/ È criticato e condannato perché è rimasto in vita/ Non ci si aspetta che possa rispondere agli attacchi,/ né che abbia la pelle dura. Deve solo lasciarsi uccidere/ quando la sua porta viene sfondata./ È il bullo del quartiere».
Poi una serie di flash della sua storia: «È stato scacciato da ogni terra/ Ha vagato per il mondo, come un esiliato/ Ha visto disperdere la sua famiglia,/ la sua gente perseguitata e fatta a pezzi/ È sempre sotto processo/ per il solo fatto di essere nato».
Ed ancora sul bullo: «Ha steso una folla pronto a linciarlo/ ed è stato criticato/ (...) dicono che deve scusarsi/ Poi ha distrutto una fabbrica di bombe,/ e nessuno era contento, le bombe erano per lui,/ avrebbe dovuto sentirsi colpevole».
Il bullo in questione – canta Dylan – è stato schiavo sotto l’Egitto, sotto Roma e “l’antica Babilonia”.
Oggi «ha fatto un giardino paradisiaco/ nella sabbia del deserto» (oltretutto – aggiungo io – Israele è una minuscola parte del Medio Oriente, è più piccolo della Lombardia e ha meno abitanti), ma «ha un cappio al collo e un fucile alla schiena». Perché – dicono- «è il bullo del quartiere».
In un’intervista Dylan spiegò: «Per me non è una canzone politica». Aggiunse che lui non aveva idea di quali fossero i partiti di Israele e le loro diverse idee. E poi: «Non ho mai preso posizione sulla questione palestinese, semplicemente perché vivo qui (in America)». Volle sottolineare che aveva scritto questa canzone solo perché «mi sentivo di dire certe cose», ma «non si può dire che c’è uno slogan da partito politico nella canzone». In effetti è un testo poetico sulla solitudine degli ebrei. Non solo quelli di oggi.
Non so se il leggendario cantautore si sia espresso, in questi mesi, sulla guerra in corso, non so nemmeno cosa ne pensi, ma i versi di quella sua canzone/poesia del 1983 sembrano davvero attuali.
Fanno capire che non si può guardare solo l’ultimo fotogramma del film.
Israele, dalla sua fondazione, ha dovuto difendere la propria sopravvivenza in una decina di guerre e operazioni militari contro nemici che arrivavano da ogni parte.
Con i quali poi, se loro volevano, è stato sempre pronto a stipulare trattati di pace.
PALESTINESI SENZA STATO
Ma i palestinesi purtroppo hanno avuto una classe dirigente che per sei volte, dal 1937 al 2007, ha rifiutato la possibilità concreta e pacifica di costituire uno Stato palestinese accanto allo Stato ebraico. Una classe dirigente che ha posto l’obiettivo della cancellazione di Israele al di sopra dell’obiettivo dello Stato palestinese e al di sopra del benessere della sua gente, indottrinando all’odio i suoi giovani. In vista della distruzione di Israele.
Del resto anche Gaza, lasciata dagli israeliani venti anni fa, era una realtà amministrata dai palestinesi, ma Hamas ha usato questa sovranità per spendere capitali in armi, continuando a colpire il territorio israeliano (con migliaia di razzi). Il culmine è stato l’invasione e il macello del 7 ottobre 2023.
Tutto questo non significa che non si possa criticare il governo Netanyahu e chiedere di fermare il conflitto (anche in Israele, che è una democrazia, si critica e si manifesta liberamente). Tutti speriamo che la guerra finisca prima possibile.
VERITÀ E PACE
Ma la verità va detta per intero.
E la povera gente di Gaza ha bisogno anzitutto di essere liberata da Hamas (così fra l’altro finirebbe la guerra). Palestinesi e israeliani sono vittime di uno stesso nemico e della sua ideologia dell’odio (peraltro, secondo Amnesty International, Hamas ha torturato e ucciso anche palestinesi inermi). La verità aiuta la pace.
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