Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Starmer riconosce la Palestina: un regalo a Hamas Cronaca di Mauro Zanon
Testata: Libero Data: 22 settembre 2025 Pagina: 1/8 Autore: Mauro Zanon Titolo: «Soccorso rosso per Hamas «La Palestina è uno Stato»»
Riprendiamo LIBERO di oggi, 22/09/2025, a pagina 1/8, con il titolo "Soccorso rosso per Hamas «La Palestina è uno Stato»", il commento di Mauro Zanon.
Mauro Zanon
Keir Starmer riconosce la Palestina, ormai è ufficiale. E come lui fanno anche i principali governi del Commonwealth britannico: Canada e Australia. Nell'Ue, anche il Portogallo annuncia il riconoscimento. Un bel regalo ai terroristi di Hamas! Proprio nel momento in cui Israele sta cercando di liquidare il gruppo terrorista a Gaza.
Alla vigilia della settimana ad alto livello dell’Assemblea generale dell’Onu, che si riunisce ogni anno a New York nel mese di settembre e avrà tra i temi principali il conflitto a Gaza, Regno Unito, Canada, Australia e Portogallo hanno ufficializzato ieri il riconoscimento formale della Palestina come Stato autonomo e indipendente. «Oggi, per ravvivare la speranza di pace tra palestinesi e israeliani e di una soluzione a due Stati, il Regno Unito riconosce formalmente lo Stato di Palestina», ha affermato il primo ministro britannico, Keir Starmer, in un videomessaggio pubblicato sui suoi canali social. «Questa soluzione non è una ricompensa per Hamas, perché Hamas non potrà avere futuro, nessun ruolo nel governo, nessun ruolo nella sicurezza. Abbiamo già sottoposto Hamas a delle sanzioni e andremo oltre nelle prossime settimane», ha aggiunto il premier laburista. Il presidente americano Donald Trump, in visita di Stato a Londra la scorsa settimana, ha provato a dissuadere Starmer dal riconoscere la Palestina. Ma il leader del Labour aveva già preso la sua decisione a luglio, riservandosi la possibilità di cambiare posizione solo in caso di cessate il fuoco o progressi sostanziali nel processo di pace.
Che non si sono verificati. Poco prima dell’annuncio di Londra, il Canada è diventato il primo Paese membro del G7 a compiere il passo del riconoscimento della Palestina. «Il Canada riconosce lo Stato di Palestina e offre il suo aiuto per la costruzione delle premesse di un futuro pacifico, per la Palestina stessa e per Israele», ha dichiarato il premier canadese Mark Carney, formalizzando un’iniziativa diplomatica che Ottawa aveva già preannunciato quest’estate. Secondo quanto affermato da Carney, «l’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha assunto impegni diretti con il Canada e la comunità internazionale su riforme necessarie, tra cui una riforma radicale della sua governance, l’organizzazione di elezioni generali nel 2026, in cui Hamas non potrà svolgere alcun ruolo, e la smilitarizzazione dello Stato palestinese».
Stessa scelta per l’Australia.
«L’atto di riconoscimento odierno riflette l’impegno di lunga data dell’Australia per una soluzione a due Stati, che è sempre stata la strada per una pace e una sicurezza durature per i popoli israeliano e palestinese», si legge nella dichiarazione del primo ministro Anthony Albanese. La mossa di Canberra rientra in «uno sforzo internazionale coordinato» con Canada e Regno Unito, ha sottolineato il premier australiano. Alle 15.15 a New York (le 21.15 in Italia) anche Lisbona ha riconosciuto formalmente la Palestina, durante una cerimonia tenutasi nella sede della rappresentanza permanente portoghese presso le Nazioni Unite. In risposta alle iniziative di Regno Unito, Canada, Australia e Portogallo, che portano a più di 150 i Paesi membri dell’Onu ad aver riconosciuto la Palestina, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto che «non ci sarà alcun Stato palestinese», perché «metterebbe in pericolo l’esistenza di Israele», promettendo di «combattere gli appelli alla creazione di uno Stato palestinese davanti all’Onu». Netanyahu prenderà la parola venerdì davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Lo farà anche il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas, ma in videoconferenza, poiché il governo statunitense, a fine agosto, ha negato il visto alla delegazione palestinese. Il ministro delle Finanze israeliano e leader dell’estrema destra Bezalel Smotrich ha detto che la risposta alle iniziative di Regno Unito, Canada, Australia e Portogallo deve essere l’annessione della Cisgiordania. Mossa condivisa dal ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, pronto a «presentare una proposta alla prossima riunione del governo per l’immediata applicazione della sovranità israeliana».
Starmer ha affermato che il riconoscimento della Palestina non è una «ricompensa per Hamas», ma l’alto funzionario dell’organizzazione terroristica palestinese Mahmoud Mardawi ha definito ieri le iniziative di Londra, Ottawa, Canberra e Lisbona «un’importante pietra miliare politica che giunge come risultato delle sofferenze e dei sacrifici compiuti dal popolo palestinese, soprattutto dopo il 7 ottobre». Compreso o escluso non l’ha specificato.
Oggi, al Palazzo di Vetro, arriverà anche il riconoscimento ufficiale della Francia, attraverso un discorso molto atteso del presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. Che è stato l’iniziatore di questa «dinamica collettiva», secondo le sue parole. Per l’Express, l’intervento dell’inquilino dell’Eliseo dalla tribuna dell’Onu a New York è uno di quei momenti diplomatici che potrebbe «cambiare il corso della Storia» e con ogni probabilità riceverà una standing ovation simile a quella che ricevette il 14 febbraio 2003 l’allora ministro degli Esteri francese Dominique de Villepin, quando al Consiglio di sicurezza dell’Onu rivendicò l’opposizione della Francia a un intervento militare in Iraq, diventando il capofila del dissenso contro gli Usa. Secondo l’Opinion, Macron, questa sera, «si gioca il tutto per tutto» a livello di credibilità internazionale, spera che il suo discorso rappresenti la prima tappa per porre fine al conflitto a Gaza. In un’intervista al canale americano Cbs registrata giovedì ma trasmessa ieri, Macron ha posto come conditio sine qua non per l’apertura di un’ambasciata francese in Palestina la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas: «È la prima di una serie di presupposti che difenderemo nel processo di pace».
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