Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
«Si scrive Unrwa si legge Hamas. Albanese? Una propagandista» Parla Neuer (UN Watch) Intervista di Aldo Torchiaro
Testata: Il Riformista Data: 20 settembre 2025 Pagina: 4 Autore: Aldo Torchiaro Titolo: ««Si scrive Unrwa si legge Hamas. Albanese? Una propagandista» Parla Neuer (UN Watch)»
Riprendiamo dal RIFORMISTA, del 20/09/2025, a pagina 4, l'intervista di Aldo Torchiaro a Hillel Neuer dal titolo "«Si scrive Unrwa si legge Hamas. Albanese? Una propagandista» Parla Neuer (UN Watch)".
Aldo Torchiaro
Hillel Neuer, direttore della Ong UN Watch, un grande coraggio
Hillel Neuer, direttore di UN Watch, è a Roma per presentare un rapporto dettagliato sull’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi.
Da anni osserva da vicino le derive dell’istituzione, documentando le infiltrazioni di Hamas e le distorsioni del mandato.
Lo abbiamo intervistato dopo la conferenza a Palazzo Madama.
L’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati nella Striscia di Gaza, è in realtà un centro operativo occulto di Hamas, mi sembra di poter sintetizzare dopo aver letto il suo lavoro.
«Non direi neanche troppo occulto. Il nostro rapporto mostra che a Gaza e in Libano i vertici dell’Unrwa sono dirigenti di Hamas. Il capo dei 13.000 dipendenti a Gaza è stato per anni un militante del movimento, arrestato negli anni Novanta, e intanto dirigente scolastico e leader sindacale nell’Unrwa. Tutti lo sapevano. Anche di fronte a denunce l’agenzia ha fatto muro. A Gaza e in Libano l’Unrwa è interamente infestata da Hamas. In Giordania e Cisgiordania forse meno, ma non abbiamo indagato».
Come si spiega questa permeabilità?
«Il problema non è solo locale. Anche la leadership internazionale, a cominciare da Philippe Lazzarini (Commissioner General di UNRWA dalla doppia cittadinanza, italiana e svizzera, ndr.) non sembra curarsene. Solo sotto forti pressioni, soprattutto americane, l’Onu ha reagito. Ma nella sostanza non cambia nulla».
Che cos’è, in fondo, l’Unrwa?
«La sua ragion d’essere è dire ai palestinesi che non sono a casa, che la loro vera patria è da “riconquistare” con il ritorno e con la resistenza, che significa 7 ottobre. Da dieci anni monitoriamo centinaia di insegnanti dell’Unrwa: mai uno si è dissociato dal sostegno al terrorismo. Nata nel 1949 per assistere i profughi arabi, l’agenzia è divenuta il testimone del “torto” della nascita di Israele. Oggi perpetua la guerra: perfino Hamas la difende come simbolo della loro narrativa».
Ma l’Onu sostiene che solo l’Unrwa può distribuire aiuti.
«È falso. Ho l’Unhcr sotto casa a Ginevra: in Sudan, Ucraina, Siria, in poche settimane arrivano centinaia di esperti e milioni di persone ricevono aiuti. Grandi agenzie e ong possono distribuire cibo e medicine. L’Unrwa è “unica” solo perché perpetua il conflitto».
Lei ha parlato anche di Francesca Albanese, relatrice Onu per i Territori palestinesi. Perché la considera inadeguata?
«Perché è l’opposto di ciò che dovrebbe essere un relatore speciale: obiettivo, metodico, scientifico. Lei è un’attivista che rilancia senza verifiche la propaganda di Hamas: i numeri gonfiati delle vittime, il falso bombardamento dell’ospedale, l’accusa di genocidio. È una propagandista che da anni inverte la Shoah, sostenendo che la nascita di Israele segna l’inizio di un genocidio. Anche il suo curriculum è pieno di opacità, a partire dal titolo di avvocato mai chiarito. Suo marito, oggi alla Banca Mondiale a Tunisi, condivide e amplifica la sua agenda anti-israeliana, e ci sono notizie di legami familiari con Gaza».
Come giudica l’ondata di antisemitismo che investe l’Occidente dopo il 7 ottobre?
«È un’epidemia, un virus della mente. Attacchi a sinagoghe, scuole ebraiche, sportivi esclusi per “ragioni di sicurezza”. Gli ebrei hanno paura a portare la kippah, a parlare ebraico per strada. Accusare Israele di genocidio significa legittimare la rabbia e la violenza contro chiunque sia ebreo. Albanese sa bene il potere delle parole e usa la sua posizione Onu per diffondere questa calunnia. Sta mettendo in pericolo gli ebrei di tutto il mondo».
Israele è trattato in modo diverso da altri Paesi?
«Assolutamente. All’Assemblea generale Onu, in dieci anni, ci sono state nove risoluzioni contro l’Iran, dieci contro la Corea del Nord e 173 contro Israele. Incredibile. Sulla Cina, che ha un miliardo e mezzo di abitanti, nessuna libertà di espressione, nessun diritto civile, l’Onu non ha mai emesso alcun pronunciamento, mentre Israele viene vistosamente demonizzato. E due terzi dei Paesi europei votano a favore di queste risoluzioni».
Come si muove la diplomazia italiana?
«Ci aspettavamo di più. L’Italia è una grande democrazia, ha un governo rispettato. Eppure, rimane molto prudente. Forse troppo. È stata silenziosa su Albanese, mentre Francia, Germania, Olanda e Canada hanno parlato con dichiarazioni di censura anche dure. La prima a dover intervenire sarebbe stata proprio l’Italia, perché questa relatrice è percepita come “italiana”. L’Europa deve difendere le democrazie e non lasciar spazio a regimi autoritari e ai loro apologeti. L’Italia, e la premier Meloni, devono mostrare più coraggio e spina dorsale».
Oggi ci incontriamo a Roma, dove vive la comunità ebraica più antica del mondo, nella diaspora. Che impressioni ne trae?
«È una comunità speciale, unica: la più antica della diaspora, con duemilacinquecento anni di storia. I suoi leader sono preoccupati, e giustamente. La maggioranza silenziosa deve iniziare a reagire alle minoranze rumorose che invadono strade e università. Dopo la Seconda guerra mondiale l’Europa aveva posto l’antisemitismo come tabù. Oggi, anche per colpa di figure come Albanese, questo freno viene cancellato. Se l’odio crescesse, gli ebrei potrebbero lasciare l’Italia. Sarebbe una perdita irreparabile. Occorre che la società italiana si alzi in piedi e faccia sentire la sua voce».
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