Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
La Repubblica colpisce ancora. Usa un israeliano autorevole (Burg) contro Netanyahu Intervista pazzesca di Gabriella Colarusso ad Avraham Burg
Testata: La Repubblica Data: 19 settembre 2025 Pagina: 9 Autore: Gabriella Colarusso Titolo: «Burg: Il posto di Netanyahu è al tribunale dell’Aia come i tiranni criminali»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 19/09/2025, a pag. 9, con il titolo "Burg: Il posto di Netanyahu è al tribunale dell’Aia come i tiranni criminali", l'intervista di Gabriella Colarusso.
Gabriella Colarusso
Sconcertante intervista ad Avraham Burg, ex presidente della Knesset, letteralmente aizzato (in tutte le domande) da Gabriella Colarusso di Repubblica. Burg parla di "pulizia etnica" a Gaza, di "colonialismo" e mette Netanyahu sullo stesso piano di Milosevic e di Putin. Il tutto senza neppure argomentare. In che senso, ad esempio, si può parlare con così tanta leggerezza di "pulizia etnica" a Gaza, dove non si assiste ad alcuna deportazione? O confonde gli sfollamenti, dalle zone bombardate, per deportazioni? Ma non si può essere così ignoranti. Burg ripete le tesi che alimentano l'antisemitismo e, a domanda, risponde che l'antisemitismo è alla pari con la cosiddetta "islamofobia". Quindi chi ha paura di un nuovo 11 settembre o di un nuovo massacro del 7 ottobre, va messo sullo stesso piano di chi, in Europa, va a picchiare gli ebrei o profana i loro cimiteri. Pazzesco, ma tutto molto lucido: la Repubblica (e non solo) continua a usare queste voci di ebrei, illustri anche se ormai fuori gioco, per attaccare Israele dall'interno. Se li accusi di antisemitismo, hanno sempre modo di rispondere "lo dicono anche gli ebrei più illustri"
Ecco il testo dell'intervista:
Avraham Burg è stato a lungo ai vertici della politica israeliana prima di ritirasi: ex presidente della Knesset, ha diretto l’organizzazione sionista mondiale e l’Agenzia Ebraica per Israele.
Ad agosto lei lanciò l’idea di una denuncia collettiva contro il governo israeliano alla Corte Internazionale di Giustizia per crimini contro l’umanità. Perché?
«Si discute molto sul fatto se a Gaza siano in corso crimini contro l’umanità, atrocità, genocidio. Moralmente parlando, quello che accade è sbagliato, non ho bisogno di un tribunale per dirlo. Ma sono devoto a, e impegnato per, l’universalità della giustizia e non c’è politica, non c’è autodifesa che possa giustificare l’uccisione di decine di migliaia di persone. Se sei un criminale come Slobodan Milosevic, o un tiranno come Putin, dovi essere portato in tribunale. E se sei ebreo e israeliano e ti chiami Netanyahu non hai esenzioni, anche tu vai in tribunale».
C’è chi sostiene che questo genere di discorsi alimentino l’antisemitismo.
«L’antisemitismo nel mondo esiste come esistono l’islamofobia, la giudeofobia, l’omofobia, la xenofobia, parte di una tendenza più diffusa all’odio alimentata da politici come Trump e Netanyahu. Ma lo Stato di Israele, anche prima di Netanyahu, ha trasformato l’antisemitismo in un’arma per impedire a chiunque di criticare. Se dico che è sbagliato negare i diritti democratici naturali di milioni di persone perché sono palestinesi, divento Hitler? Che tipo di cinica negazione dell’Olocausto è questa? Qualunque cosa Israele abbia fatto ai palestinesi nei cento anni di conflitto, non giustifica i crimini contro l’umanità che Hamas ha compiuto il 7 ottobre; e qualunque cosa Hamas abbia fatto il 7 ottobre non giustifica ciò che Israele fa a Gaza».
Perché Netanyahu non si ferma e va avanti con la guerra?
«La prima fase è stata lo shock, la rabbia cieca, un impulso psicologico alla vendetta. Ma ciò a cui assistiamo oggi è l’attuazione calcolata della politica dell’estrema destra che vorrebbe realizzare ciò che non è stato fatto nel ‘48, la pulizia etnica dei palestinesi, e sfruttare l’opportunità per attuare una politica religiosa, messianica ed escatologica, che significa conquistare la Terra Santa».
Perché allora gli israeliani non protestano in massa?
«Una parte di responsabilità ce l’hanno i media, che non mostrano i volti umani a Gaza. Viviamo in un mondo psicologico in cui la maggior parte dei palestinesi crede che tutti gli israeliani siano soldati o coloni. E la maggior parte degli israeliani crede che tutti i palestinesi siano attentatori suicidi e fanatici di Hamas. In una situazione come questa, l’indifferenza, la cattiveria e la cecità sono diventate naturali. C’è anche un altro fattore: le persone che prestano servizio a Gaza e leloro famiglie sono quelle che dovrebbero prendere posizione perché sono più laiche, progressiste. Ma un genitore come può andare in piazza contro la guerra, quando suo figlio è a Gaza a combattere?».
Sentiamo parlare di migrazione volontaria, riviere di Gaza: qual è il progetto?
«Vogliono impedire la creazione di uno stato palestinese in Cisgiordania. E Gaza è la prima linea della Cisgiordania. La chiave per il futuro della regione è nelle mani degli elettori israeliani che devono rimuovere Netanyahu alle urne, il peggior leader che il popolo ebraico abbia mai avuto».
Cosa pensa quando sente parlare di business plan per ricostruire Gaza come fosse una Dubai?
«Se fosse qualcosa di organico alla rinascita dei palestinesi e di Gaza, fatta dal basso, con loro, un Piano Marshall, avrebbe un potenziale. Ma se si tratta di una nuova supremazia bianca coloniale imposta da un capitalismo avido e da un presidente capriccioso come Trump, spero che tutte le persone coinvolte vengano giudicate all’Aia».
Tempo fa disse di capire i ragazzi palestinesi che vivono sotto occupazione e decidono di attaccare l’occupante. Ne è ancora convinto?
«Se si accetta il concetto di Woodrow Wilson sul diritto all’autodeterminazione si ha anche il diritto di opporsi a qualsiasi tipo di occupazione. Ma nella ribellione per la propria indipendenza ci sono limiti. Israele per autodifesa non può oltrepassare certi limiti, ad esempio la pulizia etnica. E i palestinesi o Hamas non possono oltrepassare il limite dei crimini contro l’umanità. Dal fiume Giordano al mar Mediterraneo ognuno ha diritto agli stessi diritti, sicurezza, libertà».
La strada per arrivarci è il riconoscimento dello stato palestinese, come dice il presidente francese Emmanuel Macron?
«Lo Stato è sempre stata la carota che tutti agitavano davanti al naso del coniglio palestinese per continuare a farlo correre, senza nessuna intenzione di realizzarlo. Macron dice: invece di mettere lo Stato palestinese alla fine del processo, facciamo che sia il punto di partenza. Da oggi in poi israeliani e palestinesi si parleranno da pari, non come un soggetto e una massa. È una mossa brillante».
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