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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio Rassegna Stampa
18.09.2025 Israele è la società occidentale più libera al mondo
Commento di Giuliano Ferrara

Testata: Il Foglio
Data: 18 settembre 2025
Pagina: 1
Autore: Giuliano Ferrara
Titolo: «Israele non è Sparta»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 18/09/2025, a pag. 1/I, con il titolo "Israele non è Sparta" il commento di Giuliano Ferrara.

Giuliano Ferrara
Giuliano Ferrara

Altro che Sparta. Israele è la società occidentale più libera al mondo | Il  Foglio
Il paragone tra Israele e Sparta è sinistro e fuorviante, perché contraddice la natura democratica e pluralista dello Stato ebraico. Israele non è una società autarchica e militarista come Sparta, ma una democrazia fondata sulla memoria storica, la libertà politica e l’individualismo

Israele come Super Sparta è un concetto più che ambiguo, sinistro direi, che accende una luce inquietante sul comportamento di Netanyahu, che è un uomo colto, viene da una famiglia addirittura insigne nell’erudizione storica, dunque non parla a caso. Il premier israeliano si è corretto, come per richiamare e definire e circoscrivere meglio il suo assunto che contraddice radicalmente la nozione di democrazia israeliana assediata, fondamento della solidarietà internazionale con il focolare degli ebrei e lo stato guarnigione che lo difende, in particolare oggi, dopo il 7 ottobre 2023, sotto la guida disperata e disperante ma solida di un capo di governo accusato delle peggiori nefandezze, criminalizzato e isolato nella maggioranza della comunità internazionale e in parte del suo paese stremato da una guerra crudele e infinita. Pare che lo spavento per la dimensione economica autarchica del concetto, che ha avuto immediati riflessi in Borsa, lo abbia convinto alla rettifica. Ma non basta. Bisogna capire meglio o fallire meglio nel tentativo di capire che cosa sta succedendo a Israele. Se sbarazziamo il campo da metafore falsissime e velenose, come il suicidio di Israele o il genocidio dei palestinesi, se non accettiamo l’idea di una regressione della democrazia israeliana in tandem con la regressione drammatica della democrazia americana sotto Trump, non resta che riandare alle radici del conflitto, alla sua vera dimensione, alla sua natura.

Sparta è collettivismo, autarchia, disciplina, schiavitù per gli iloti, militarismo, diarchia e oligarchia di una casta forgiata sul modello oplitico, che non lavora e per così dire ozia nella lotta permanente, contro Atene democratica e libera, individualista e trafficona, che ha perso la guerra finale del Peloponneso dopo molti anni di lotta, ma ha vinto la guerra per la giustizia e per la gloria, sfuggita all’accampamento spartano all’ombra del Taigeto sul quale la storia degli uomini ha cessato di far crescere l’erba della vita, con una totale obliterazione, anche della memoria. L’Israele che conosciamo e che amiamo è invece basato sulla forza della memoria, sul fatto che ciò che per gli altri è una notazione da libro di storia, per gli ebrei di Israele è originario richiamo esistenziale e garanzia di sopravvivenza agli scomparsi della Shoah, dello sterminio degli ebrei d’Europa in quanto ebrei, la soluzione finale. La forma della memoria non è solo una grande letteratura, la coltivazione chiassosa del tremendo silenzio dopo Auschwitz, è anche l’estrema e indiscutibile promozione della libertà civile in un mondo che non la conosce, che la rinnega ogni giorno, che la odia, che vuole distruggerla. L’Israele che conosciamo e amiamo e difendiamo in un mare di incomprensione e di disdoro travestito da ansia umanitaria è l’inventiva felice di generazioni tra socialismo nazionalismo e patriottismo vero, con un ingrediente di fondo che non contraddice ma incrementa la sua formidabile modernità culturale e tecnologica: uno spirito romantico, e per certi aspetti decadente, che spinge alla democrazia politica con una forza e violenza inverosimili.Si dice: due ebrei e tre opinioni. Si vede che anche durante una guerra così dolorosa, dopo un pogrom che ha risvegliato ansie ancestrali e paure giustificate dai fatti, gli israeliani sono liberi di dissentire, di scegliere, di opporsi, di coltivare pregiudizi e idee abissalmente lontani tra di loro, fino a una battaglia che ha contorni di ferocia personale, umana, suffragati dalla pratica assoluta, incondizionata della libertà politica e di un individualismo estremo, modellato sui racconti di Oz e sulla simmetria dei desideri di Nevo, per dire.

Netanyahu è costretto a dire cose che si spera non abbia nemmeno in sogno concepito, sarebbe un incubo oppure un indizio di degenerazione da combattere, quando attribuisce il carattere di Sparta a Tel Aviv, a Haifa, a Gerusalemme. Quella di Gaza è un’impresa tragica e difensiva, imposta da circostanze di ira e furia, una storia in cui la pietà si è rannicchiata in un cantuccio e nessuno davvero è più in grado di scovarla, tanto che la si è potuta accompagnare, questa storia, perfino con un linguaggio biblico, i carri di Gedeone. L’isolamento, l’incomprensione, le accuse lancinanti, l’ipocrisia, l’odio anti israeliano, antisionista, antisemita sono i cattivi consiglieri che hanno suggerito l’estremo paradosso, un marchingegno retorico di pessima fattura, di commisurare al modello spartano la società occidentale più libera del mondo.

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