Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
L'asse Netanyahu-Rubio e la resa totale di Hamas. La guerra indispensabile che il mondo non capisce Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 17 settembre 2025 Pagina: 7 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «L'asse Netanyahu-Rubio e la resa totale di Hamas. La guerra indispensabile che il mondo non capisce»
Riprendiamo da IL GIORNALE di oggi 17/09/2025 a pag. 7 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "L'asse Netanyahu-Rubio e la resa totale di Hamas. La guerra indispensabile che il mondo non capisce".
Fiamma Nirenstein
Netanyahu e Marco Rubio al Muro Occidentale. L'asse Usa-Israele regge. Il segretario di Stato americano cerca un accordo con i paesi arabi sunniti, se questo accordo dovesse essere raggiunto, se si dovesse ottenere la liberazione degli ostaggi, Israele si fermerebbe anche subito. Ma finché i cittadini israeliani saranno nelle mani di Hamas, l'offensiva proseguirà implacabile a Gaza City. L'opposizione di Ue e Onu è solo stantia ideologia di sinistra, vecchio pacifismo e terzomondismo riciclato.
Il ministro degli esteri israeliano Gideo Saar l’ha spiegato così: “Non lasceremo che gli jihadisti armati di Hamas vivano a un chilometro dal letto dei nostri bambini”. E Netanyahu: “Saremo Atene e Sparta, Super Sparta se saremo soli”. Semplice: Hamas deve alzare le mani, i nostri rapiti devono tornare a casa. Questo dice Israele anche se nel mondo i titoli di prima pagina urlano un sottinteso di crudeltà, un appetito di confronto, di spazio. Ma da questa comune attitudine, encomiabile per la sua intenzione umanitaria, è assente l’idea di capire perché la guerra. O gli ebrei sono cattivi? L’artiglieria, i mezzi corazzati, i tank che non erano ancora entrati ma usavano nota tecnica di far molto riunione ma poco scontro, le due divisioni che avanzano con cautela ma che sono diventata una intera “occupazione” … subito Israele è stata guerrafondaia.
L’ingresso ancora molto parziale a Gaza City è costato mesi di preparazione, due anni di riflessione, discussione nel governo e con gli americani: l’intento è separare prima possibile la popolazione dalle migliaia dei terroristi in città così da costringerli alla resa e cercare di recuperare i rapiti. Marco Rubio ripartito da Gerusalemme dopo lunghi colloqui con Netanyahu e dimostrazioni di consenso circa i due obiettivi fondamentali, è volato a Doha con l’intenzione e forse l’incarico di cercare un compromesso. Ma nel consesso internazionale l’idea di sconfiggere Hamas è assente: Israele viene condannata nel pacchetto che giusto ieri ha accusato Israele di genocidio con l’ennesima risoluzione dell’ONU, della solita Navi Pillay, professionista dell’odio antisraeliano. Sullo scontro di una guerra che ha come obiettivo la sconfitta Hamas, non si è mai vista tanta determinazione invece a salvarlo, tanta compatta condanna internazionale, dall’Eurovision (“escludiamo Israele -dice Sánchez- altrimenti la Spagna si ritira”) all’anno scolastico marchiato Gaza, all’accettazione dell’idea che il Qatar abbia ragione quando accusa la violazione della sua sovranità (almeno avesse condannato la violazione da parte di Hamas il 7 di ottobre in Israele) dopo aver foraggiato il terrorismo che ha causato tutta la guerra: la patria miliardaria della Fratellanza Musulmana che ha cullato a casa sua Hamas, ha riunito i leader arabi, gli iraniani, i turchi. Ma il reciproco evidente odio è troppo perché possa uscirne una posizione comune; peggio l’Europa, che voterà all’ONU per lo Stato palestinese, il vero premio cui Hamas punta. La storia dell’ultima mossa di Israele è semplice: due divisioni israeliane, hanno avviato un’operazione che punta allo stato maggiore di Hamas annidato nella Striscia, dove sono detenuti in condizioni disperate gli 20 ostaggi.
Se il tentativo di Rubio funzionasse, l’attacco è costruito a strati, così che si possa fermare davanti alla notizia di un accordo. Israele dopo il macello del 7 di ottobre e poi gli oltre mille (il numero è preciso) attentati terroristici sventati nell’ultimo anno sa che la guerra religiosa di Hamas, è una forza viscosa e larga, nutrita da denaro e armi dall’Iran, al Qatar, all’Egitto. Ha giurato nella sua carta la guerra santa. Se questo può sembrare normale alle manifestazioni che urlano “from the river to the sea”, o a Sanchez, non è così per chi vive una realtà in cui è meglio essere disapprovato che essere morto. Questo, non ha niente a che fare con l’idea di “genocidio”: si introducono aiuti umanitari di ogni tipo, si avverte sempre prima di colpire le roccaforti di Hamas e si sposta la popolazione altrimenti Hamas la userà come scudo umano invece di salvarla nei suoi cunicoli. Israele si difende con la decisione che il Medio Oriente richiede: il fatto che abbia colpito l’Iran e gli Hezbollah, che la Siria cerchi un accordo, che l’Egitto firmi contratti significativi per rifornimenti energetici, segnala che parte del mondo arabo aspetta che Hamas sgombri il campo.
La pace verrà appena Hamas sarà sconfitto, se l’Europa lo salva ne soffrirà le conseguenze. L’intera contrapposizione europea e dell’ONU a Israele è gelosa difesa ideologica disegnata dopo la Seconda guerra mondiale intorno a un movimento pacifista fasullo, che sosteneva interessi antioccidentali, figurandosi vittima di colonialisti e razzisti. Israele è stata messa con gli USA in questa schiera. Ora ha imparato la lezione col fallimento degli accordi di Oslo, e col 7 di ottobre.
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