Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Rivolta delle donne contro gli ayatollah Intervista di Francesca Paci a Narghes Mohammadi
Testata: La Stampa Data: 16 settembre 2025 Pagina: 9 Autore: Francesca Paci Titolo: «Le donne iraniane fanno tremare gli ayatollah. Qualsiasi intesa col regime è contro il popolo»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/09/2025, a pag. 9, con il titolo "Le donne iraniane fanno tremare gli ayatollah. Qualsiasi intesa col regime è contro il popolo", intervista di Francesca Paci.
Francesca Paci
Narghes Mohammadi, attivista per i diritti delle donne in Iran, premio Nobel per la Pace.
Quando il 16 settembre di tre anni fa il mondo scopriva che la ventitreenne iraniana Mahsa Jina Amini era morta dopo tre giorni di coma per le percosse della polizia religiosa accanitasi su una ciocca sfuggita al chador, pareva che sarebbe finita nel silenzio, l'ennesima vittima inghiottita dal gorgo cieco della teocrazia sciita. Non è andata così, decine di migliaia di donne e di uomini hanno riempito le strade al grido di "donna, vita, libertà" sfidando, con i pasdaran, il sistema dell'apartheid di genere. La paladina dei diritti Narghes Mohammadi era in carcere quel giorno, lo stesso carcere di Evin dove l'anno successivo avrebbe saputo di essere stata insignita del Nobel per la Pace. «Le donne iraniane non si fermano» dice al telefono dalla casa in cui vive in attesa che la arrestino e da cui oggi parlerà in videoconferenza alla sala stampa della Camera dei deputati.
Dopo mesi di entusiasmo globale, la lotta delle donne iraniane e degli uomini al loro fianco è uscita di scena, scalzata via dall'Ucraina e da Gaza. A che punto è il percorso cominciato allora?
«Da tre anni, da quando ha lanciato il grande e significativo movimento "donna vita libertà", il popolo iraniano continua nella sua battaglia per i diritti fondamentali dell'essere umano: non si è mai fermato. Uno dei risultati di questa determinazione popolare è che la Repubblica islamica si trova oggi in una situazione di isolamento, tanto sul piano regionale quanto globale. E anche all'interno, la forza delle donne ha messo in scacco il regime che affronta ora una massiccia perdita di legittimità» .
Girano video che mostrano ragazze senza velo, come se, non potendo arrestarle tutte, la polizia religiosa si fosse arresa al cambio di stagione. È così? Oppure è solo un dettaglio del quadro più grande dove per le poche che sfuggono ai controlli ce ne sono troppe picchiate, incarcerate?
«La legge sull'obbligatorietà del velo non è stata abolita. Tuttavia, la resistenza delle iraniane l'ha disinnescata. La stretta prevista per le ribelli, voluta dal Parlamento, era stata inviata al Consiglio di Sicurezza Nazionale per l'approvazione ma non è andata avanti. Ciò non vuol dire che la Repubblica islamica abbia cambiato idea, ma, di fronte al mutamento sociale avvenuto, si è dovuta fermare. Continua invece la repressione delle forze di sicurezza e della polizia morale che in molte parti del paese attaccano le donne a capo scoperto e multano o chiudono i locali che le accolgono. Eppure, nelle strade delle città maggiori come Teheran, dove il regime non ha più la forza necessaria a contenere le donne, la presenza di quelle senza velo è imponente».
L'emancipazione delle donne passa per una metamorfosi politica della società ma anche culturale. Gli ayatollah hanno provato di non essere pronti: lo sono invece i padri e i fratelli o lo sono solo quelli più ricchi e alfabetizzati?
«Credo che il movimento "donna vita libertà" sia filtrato in modo capillare dentro la società iraniana e che a distanza di tre anni gli uomini abbiano una sensibilità maggiore nei confronti di mogli, figlie e sorelle. Prima una parte dei più religiosi ostacolava le donne della famiglia che non volevano portare velo, oggi capita spesso che le accompagnino quando decidono di avvalersi del diritto di scegliere il proprio abbigliamento. Il movimento non ha solo cambiato il rapporto con la politica ma ha ribaltato strati sociali fino ad ora impenetrabili».
Amnesty International e Human Rights Watch denunciano un inasprimento della repressione dopo le ostilità con Israele ai danni di dissidenti, giornalisti, minoranze etniche e religiose. Cosa sta succendendo dentro il paese?
«In seguito alla cosiddetta guerra dei 12 giorni, la situazione dei diritti umani si è aggravata ulteriormente. Il numero delle esecuzioni capitali è lievitato e ogni giorno in diversi carceri vengono impiccati uomini e donne. Giungono notizie molto preoccupanti da parecchie città, dove le persone, in particolare i più giovani, vengono arrestate senza alcun rispetto per le leggi vigenti. Molti sono finiti in cella semplicemente per aver condiviso foto e video delle contraerei e degli attacchi missilistici o addirittura per aver diffuso le immagini delle città vuote durante la guerra».
Come hanno vissuto gli iraniani i raid israeliani e come li hanno vissute le sue compagne di cella a Evin?
«Dopo il bombardamento israeliano di Evin, i prigionieri sono stati trasferiti altrove in modo molto violento, mani e piedi legati, attraverso macerie e cadaveri, con i cecchini che li seguivano dall'alto. Sono stati caricati in auto e portati in alcuni penitenziari vicino Tehran, come Fasciafuieh, dove le condizioni sono disumane. Qualche giorno fa i detenuti politici sono stati riportati a Evin, ma le donne si trovano ancora a Qarchak. Sono stata rinchiusa in quel carcere due volte, 3 e 4 anni fa: la situazione è intollerabile e so che di recente è addirittura peggiorata rispetto a Evin. Ho appena saputo che un gruppo di secondini ha fatto irruzione nella sezione delle prigioniere politiche incontrando forte resistenza, sono molto preoccupata».
Come impatta sul regime iraniano il contesto internazionale, dalla guerra di Putin a quella di Netanyahu fino all'America di Trump?
«La Repubblica islamica utilizza la situazione internazionale e le guerre regionali per la repressione nei confronti del popolo iraniano, sbandierando la sicurezza nazionale spinge così per accrescere il suo dominio sulla società».
Crede che la ripresa dei negoziati sul nucleare iraniano possa portare qualcosa di buono agli iraniani o finirà, come già successo, per rafforzare il regime che Shirin Ebadi giudica irriformabile?
«Qualsiasi accordo o negoziato con la Repubblica islamica che non garantisca i diritti fondamentali degli iraniani, a partire da quello di decidere del proprio destino, danneggia il popolo e incoraggia la dittatura religiosa. L'esperienza degli ultimi 47 anni dimostra che i negoziati tra il regime e i governi o gli organismi come le Nazioni Unite non hanno mai avuto esito positivo per il popolo iraniano e anzi si sono tenuti senza alcuna attenzione ai diritti fondamentali degli iraniani. Con il risultato che la Repubblica islamica ne ha approfittato».
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