Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il libro di Daniele Capezzone: come la sinistra va a caccia di nemici Recensione di Alberto Busacca
Testata: Libero Data: 16 settembre 2025 Pagina: 6 Autore: Alberto Busacca Titolo: «La 'fabbrica dei nemici': ecco come la sinistra mostrifica i suoi avversari»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 16/09/2025, a pag. 6 con il titolo "La 'fabbrica dei nemici': ecco come la sinistra mostrifica i suoi avversari" la recensione di Alberto Busacca al libro di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Musk, Milei, Trump, tre differenti modi di intendere la destra. Ma per il militante collettivo di sinistra, sono tutti e tre indistintamente "fascisti".
Sono anti-trumpisti. Sono anti-muskisti. Ma sono anche anti-Milei. E anti-Netanyahu. Oltre, naturalmente, ad essere antifascisti. Che cosa vogliono, a sinistra, non lo sanno bene nemmeno loro.
Ma in compenso hanno molto chiaro quello che non vogliono. Anzi, chi non vogliono. Sì, perché i progressisti sono sempre a caccia di nuovi nemici. E quando li trovano li mostrificano, li attaccano con ogni mezzo, provano in tutti i modi a farli fuori. Politicamente, certo.
Ma a volte anche fisicamente, come l’omicidio di Charlie Kirk ha dimostrato in modo brutale.
È questo, in prima battuta, il tema principale del nuovo libro del direttore editoriale di Libero Daniele Capezzone, Trumpisti o muskisti, comunque “fascisti”. Sinistra a caccia di nemici (Piemme, pp.206, 18,90 euro), disponibile da oggi. Un libro, avverte subito l’autore, che non è tanto pro Trump, pro Musk, pro Milei o pro Netanyahu, quanto piuttosto, «sfacciatamente, programmaticamente, volutamente», anti anti-Trump (e Musk, Milei, Netanyahu...). Perché il vero problema, il «guaio pressoché non riparabile», sono proprio loro, i compagni, con quell’ansia di voler demolire e cacciare dalla società civile tutto quello che non riconoscono come “affine”, con quell’essere «oppositori pregiudiziali, ossessivi e assatanati» di chiunque non faccia parte della sgangherata parrocchietta rossa. E il modo migliore, nonché il più facile, per provare a mettere l’avversario in fuorigioco, ormai sappiamo bene qual è: dipingerlo come un pericoloso fascista. O, ancora meglio, come un nazista. Esattamente quello che è successo con Trump, Musk, Milei e Netanyahu, trasformati in piccoli Mussolini e in piccoli Hitler anche se, come evidente a chiunque non sia accecato dall’ideologia, con i dittatori del Novecento non hanno, per motivi diversi, proprio niente in comune.
Qui in Italia, ad esempio, Trump è stato accusato di «deportare» i migranti, giocando su una traduzione errata del termine «deportation», che in realtà significa banalmente «rimpatrio» o «espulsione» (e così veniva tradotto quando il presidente americano era un democratico).
Per Musk, poi, c’è stato tutto lo psicodramma di un presunto quanto improbabile saluto nazista. Mentre per far diventare hitleriano l’ebreo Netanyahu è bastato evocare il genocidio dei palestinesi...
«AVETE ROTTO...»
Tutti gli sforzi dei progressisti, però, risultano quasi sempre vani.
Quando si vota, praticamente in qualsiasi parte del globo, la sinistra viene regolarmente bastonata. Come mai? A volte la spiegazione più semplice è anche quella che più si avvicina alla realtà. Scrive in proposito Capezzone: «Devo all’utente @nonexpedit su Twitter (anzi, su X: non offendiamo Elon Musk) una delle analisi più lucide e sinteticche del risultato elettorale americano di novembre 2024. A prima vista vi sembrerà uno sberleffo, ma in realtà – in quella rasoiata sarcastica – c’è un giudizio politico fine e acuto rivolto alla sinistra: “No, non avete perso perla scelta della candidata, non avete perso per il voto degli ispanici, non avete perso per Musk. Avete perso perché avete rotto i coglioni”. Sbam». E poi: «Che cosa intende, a mio avviso, l’autore del tweet, al di là della battuta fulminante? Spiega che è parziale, e pure troppo comodo dal punto di vista dei dem, cercare capri espiatori o anche solo singole e specifiche cause (tutte vere peraltro, tutte corresponsabili della sconfitta): l’impresentabilità psicofisica di Joe Biden negata per mesi, l’inadeguatezza di Kamala Harris, il clima di paura e rabbia che si evoca sempre quando si perde un’elezione, e via elencando. No, dice bene questo tweet: il problema è più grave, è ontologico, direbbero i filosofi (o i ministri della Cultura): riguarda ciò che siete, ciò che siete diventati, cari compagni».
Nel volume, inevitabilmente, la tragedia di Charlie Kirk non c’è. Eppure il rischio di una degenerazione violenta del confronto politico viene descritto con precisione. Insomma, era già chiaro dove stavamo andando. «In ogni caso», avvisa Capezzone, «non si scherza più.
Anzi, non c’è proprio alcun motivo per farlo. Secondo un report NCRI (Network Contagion Research Institute) magistralmente analizzato nel maggio scorso dal politologo Luigi Curini su Italia Oggi, 38 americani su 100 considererebbero giustificabile l’assassinio di Trump (che già qualcuno ha almeno due volte provato a far secco, come ricorderete) e ben 31 l’eliminazione di Elon Musk». «Attenzione», continua, «se si restringe il campione agli elettori di sinistra, le percentuali si impennano fino rispettivamente al 55% e al 48%. Non solo: anche senza arrivare all’omicidio, 6 progressisti su 10 ritengono accettabile danneggiare un’auto Tesla a causa di ciò che essa rappresenta. Capite bene che ogni argine è stato travolto, ogni tabù abbattuto, fino all’eliminazione fisica del nemico, rispetto alla quale il danneggiamento contro le cose è considerato un banale antipasto». Parole profetiche, guardando a quello che è accaduto pochi giorni fa...
FREDDIE E LEOPARDI
All’interno del volume, gli spunti sono anche tanti altri. Da un bilancio del primo mandato di Trump a un’analisi di quello che ha fatto da quando è tornato alla Casa Bianca.
Dal racconto dello scontro tra lui e Musk alle loro diverse visioni della destra (al momento tendenzialmente più “sociale” quella di Donald e più “liberale” quella di Elon). E poi anche personaggi che non ti aspetteresti in un saggio “politico”. Come il «libertario» Freddie Mercury, che «non ha mai avuto bisogno di dichiarare e dichiararsi “qualcosa”, di trovare il suo posto nel mondo in quanto appartenente a una categoria, o di trasformarsi in insegnante di inclusione, in docente di diversità. E meno che mai ha preteso di trasformare il suo personalissimo modo di essere in una divisa da imporre agli altri». O come Giacomo Leopardi e il suo «umanesimo conservatore», dove un elemento «è la sfiducia verso l’idolo fallace del progresso» e l’altro «un afflato umano fortissimo».
Chissà... oggi, forse, verrebbero considerati fascisti pure loro...
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