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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
09.09.2025 ONG, attivisti ed 'esperti' come fonti privilegiate
Commento di Daniele Scalise

Testata: Informazione Corretta
Data: 09 settembre 2025
Pagina: 1
Autore: Daniele Scalise
Titolo: «ONG, attivisti ed 'esperti' come fonti privilegiate»

ONG, attivisti ed 'esperti' come fonti privilegiate
Commento di Daniele Scalise

 
Daniele Scalise

Ong militanti, come Amnesty International sono credute e comprate a scatola chiusa dai media che rilanciano i loro rapporti senza nemmeno fare verifiche. Basta la qualifica di Ong che fa da lasciapassare. In poche ore, una tesi di parte diventa “rapporto indipendente”, un documento politico diventa “analisi imparziale”.

Nei manuali di giornalismo c’è (ci dovrebbe essere) un dogma: “Verifica sempre la fonte”. Nella pratica, quando si parla di Israele, basta che la fonte si chiami Amnesty International, Human Rights Watch o B’Tselem perché il controllo diventi superfluo. Il loro status di “ONG per i diritti umani” funziona come un lasciapassare: qualunque accusa, per quanto estrema, entra nei titoli come verità certificata.

Il meccanismo è semplice: le ONG pubblicano un rapporto o una dichiarazione, corredati di un linguaggio alto e di foto selezionate. Le agenzie internazionali li rilanciano in blocco. I giornali nazionali li trasformano in prime pagine. In poche ore, una tesi di parte diventa “rapporto indipendente”, un documento politico diventa “analisi imparziale”.

Andiamo a un episodio del febbraio 2022. Amnesty International presenta un rapporto di oltre 200 pagine in cui definisce Israele “Stato di apartheid”. Il termine, con la sua potenza evocativa legata al Sudafrica, è perfetto per i titoli. Reuters, AFP e AP rilanciano la definizione senza evidenziare che si tratta di un’interpretazione politica e non di una sentenza giuridica internazionale. BBC, The Guardian, Le Monde, El País riprendono la formula, spesso senza riportare le critiche di giuristi ed esperti di diritto internazionale che ne contestano la validità.

Il rapporto ignora aspetti fondamentali: il diritto di voto degli arabi israeliani, la loro presenza in Parlamento, nei tribunali, nella polizia. Ma nei media l’etichetta “apartheid” rimane intatta, perché sostenuta da un’organizzazione percepita come neutrale e autorevole. In molti casi, i titoli nemmeno specificano che l’accusa viene da Amnesty: “Israele è uno Stato di apartheid” appare come affermazione di fatto, non come opinione di parte.

Il privilegio concesso a queste ONG è unico. In altri contesti, le stesse organizzazioni vengono contestate per errori, parzialità o silenzi strategici. Ma su Israele, il filtro critico scompare. Persino quando le conclusioni si basano su dati forniti da gruppi legati ad Hamas o ad altre fazioni palestinesi, il richiamo alla “difesa dei diritti umani” basta a blindare la credibilità.

A fianco delle ONG, i media schierano sempre lo stesso parterre di “esperti di Medio Oriente”: attivisti accademici, ricercatori con un curriculum marcatamente ideologico, membri di think tank politicizzati. Il pubblico li percepisce come analisti indipendenti, ma in realtà ripetono la stessa narrativa, con un lessico solo leggermente più tecnico. In altri conflitti, la pluralità delle fonti è considerata un requisito; su Israele, la monocromia non sembra preoccupare nessuno.

Le ONG e gli “esperti” selezionati forniscono ai media un vantaggio decisivo: la possibilità di attaccare Israele senza assumersene direttamente la responsabilità. Basta scrivere “secondo Amnesty” o “afferma Human Rights Watch” per spostare il peso della dichiarazione. L’effetto è devastante: le accuse, anche infondate, restano impresse; le smentite, se mai arrivano, appaiono come difesa interessata.

In questo schema, le ONG non sono semplici osservatori: sono attori politici con una strategia precisa. E i media, invece di trattarle come fonti da verificare, le usano come scudo per confezionare l’ennesimo atto d’accusa. È una delega di responsabilità che ha un solo risultato: trasformare il giornalismo in cassa di risonanza di campagne ideologiche travestite da rapporti “per i diritti umani”.


takinut3@gmail.com

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