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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Riformista Rassegna Stampa
05.09.2025 Viterbo, quella mitragliatrice turca pronta a sparare sulla piazza
Cronaca di Aldo Torchiaro

Testata: Il Riformista
Data: 05 settembre 2025
Pagina: 2
Autore: Aldo Torchiaro
Titolo: «Viterbo, quella mitragliatrice turca pronta a sparare sulla piazza. Tajani nel mirino, in fuga un uomo»

Riprendiamo dal RIFORMISTA, del 05/09/2025, a pagina 2, la cronaca di Aldo Torchiaro dal titolo "Viterbo, quella mitragliatrice turca pronta a sparare sulla piazza. Tajani nel mirino, in fuga un uomo".

File:Aldo Torchiaro.png - Wikipedia
Aldo Torchiaro

Poteva essere una strage. Alla vigilia della festa di Santa Rosa, durante la quale c'erano 40mila visitatori in città, due cittadini turchi sono stati arrestati a Viterbo, nella loro stanza d'albergo sono state trovate armi già cariche ed esplosivi da assemblare. Si indaga sulla pista della mafia turca, ma anche dei numerosi intrecci con i gruppi jihadisti, fra cui Hamas.

 

Poteva essere una strage.
Il mitragliatore carico, la finestra aperta sulla piazza.
Le attività dell’intelligence e l’arresto della cellula turca a poche ore dall’inizio della festa della Macchina di Santa Rosa.

L’Antefatto: massima allerta a Roma
Lo stato di massima allerta nella Capitale è stato dichiarato lunedì.
Il Viminale, sentita la Prefettura, ha ordinato a tutte le forze di Polizia Giudiziaria – Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza – di aumentare la vigilanza armata non solo sugli obiettivi sensibili ma su aree più ampie e sugli snodi di traffico.
Difficile pensare si sia trattato solo di rinsaldare la sicurezza intorno agli eventi diplomatici internazionali che hanno avuto luogo a Roma.
Mercoledì, nel blindatissimo centro storico capitolino, c’è stato un vertice – rigorosamente riservato, tenuto segreto fino all’ultimo – tra le due fazioni libiche in guerra civile tra loro, alla ricerca di una firma di pace.
Ieri era ospite della Santa Sede il presidente della Repubblica israeliano, Herzog.
Il colloquio con Papa Leone XIV è durato un’ora e mezza ed è servito a riannodare il dialogo del Vaticano con lo Stato ebraico.
Ma il tenore di questi incontri di vertice non giustifica l’allarme che le forze dell’ordine faticano a smentire.
Mai si erano visti controlli a campione così serrati in ogni angolo delle stazioni centrali della metropolitana romana.
Mai, a memoria di cronista, si ricordano tante volanti che fermano auto in corsa, perfino sui trafficati viali dei quartieri Prati, Salario, San Giovanni.
I check point alle stazioni Tiburtina, Ostiense, Termini sembrano attrezzati, come personale ed equipaggiamento, per poter rispondere a qualunque ingaggio a fuoco.
Cosa succede?
Al Viminale stanno processando le informazioni.
Per ora innalzano il livello di allerta, pronti a segnalare – come nel caso di Viterbo – la necessità di agire.
E fermare la minaccia armata nelle nostre città.

I fatti: la mitragliatrice su Santa Rosa
Arriviamo a Viterbo quando la città laziale si prepara a muovere la gigantesca Macchina di Santa Rosa.
Il baldacchino rinascimentale è diventato, nei secoli, un pinnacolo alto 28 metri e pesante 50 quintali.
Lo portano a spalle cinquanta uomini.
Una celebrazione insieme storica, atletica e religiosa che riunisce i 70mila abitanti di Viterbo in una sfavillante serie di celebrazioni di piazza.
Al culmine, il Trasporto.
Rito, cerimonia, ardimento dei cinquanta «facchini», che così tengono – con voto di umiltà – a farsi chiamare.
Appena in prossimità della Macchina, l’annuncio: «Per questioni di sicurezza quest’anno la manifestazione si terrà a luci accese».
Capiamo subito che questa prima volta nella storia dell’antica festa patronale premette a qualcosa di grave.
Ci mettiamo in contatto con le autorità e troviamo conferma: un’ora prima dell’avvio della festa, un blitz in un covo – lungo il percorso della celebrazione – ha permesso di arrestare due cittadini turchi in possesso di pistole cariche e di un mitragliatore già puntato sulla folla in piazza.
Poteva essere una strage.
È stato attentamente analizzato il profilo e il percorso dei due stranieri.
Uno dei due non aveva documenti e non è risultato inserito in banche dati italiane.
È letteralmente un fantasma.
Sotto la lente di ingrandimento è finito tutto quello che ruotava attorno ai due arrestati: armi, cellulari, attrezzature, abiti.
I due turchi, davanti al magistrato della Procura di Viterbo, hanno fatto scena muta, avvalendosi della facoltà di non rispondere.
Evidentemente, come tutti i terminali di organizzazioni, sono in attesa di ordini dall’alto.
L’ipotesi dell’attentato è al vaglio del magistrato, che però non esclude che la cellula stesse preparandosi a un assalto al carcere viterbese per permettere la fuga di complici detenuti.
Ma se avevano le armi cariche nelle ore della manifestazione, e si erano piazzati strategicamente al centro del percorso, a chi miravano, quali erano gli obiettivi?

Il retroscena: così l’intelligence ha evitato il peggio
Tra le personalità accreditate ieri per partecipare alla festa di Santa Rosa, c’era anche l’ambasciatore di Israele, Jonathan Peled.
L’intelligence italiana ha avvisato quella israeliana di quanto stava accadendo per tempo.
Con lui, nella lista degli ospiti che potevano essere nel mirino dei presunti terroristi, anche Arianna Meloni, poi trattenuta a Roma per impegni, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e quello della Cultura, Alessandro Giuli, la senatrice Stefania Craxi, il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri e il deputato azzurro Alessandro Battilocchio.
La lunga giornata di riunioni e di contatti al Viminale ha consegnato da subito uno scenario molto preoccupante.
La mobilitazione è stata massima.
Il ministro Matteo Piantedosi è stato in ufficio per ore con il capo della Polizia e i suoi più stretti collaboratori.
Effettuati controlli a tappeto in città.
Da Roma è partito un contingente aggiuntivo di forze dell’ordine.
Posizionati cecchini nei punti sensibili.
E sono stati mandati, a Viterbo, anche i Nocs.
Allerta massima e colpi in canna, quella di Viterbo non era un’esercitazione.
Una sola sventagliata di mitra sulla folla avrebbe potuto provocare decine di vittime: famiglie con anziani e bambini, forze dell’ordine e religiosi avrebbero potuto rimanere vittime ignare, se l’intelligence non avesse sventato l’operazione.
Il ministro Piantedosi per primo si è complimentato con i suoi uomini per il successo – prima di tutto preventivo – con cui hanno annullato la minaccia islamica.
Che, per la prima volta, porta i caricatori di proiettili al piombo nel cuore di una cerimonia popolare e religiosa di una placida cittadina italiana.

Il contesto: le cellule della Fratellanza Musulmana in Italia e i rapporti con Hamas
Se i gruppi armati maghrebini sono particolarmente minacciosi in Spagna, Francia e Belgio, le cellule turche sono particolarmente attive nell’Europa centrale e settentrionale.
Come se, nella spartizione delle aree di competenza, ai turchi fosse stato assegnato il presidio di una parte del Vecchio Continente.
Nel maggio 2024 la Procura di Milano era intervenuta arrestando ben 19 turchi: «Soggetti indagati, a vario titolo, per associazione per delinquere aggravata anche dalla transnazionalità, banda armata diretta a costituire un’associazione con finalità terroristiche e a commettere attentati terroristici, quindi detenzione e porto illegale di armi “micidiali” e di esplosivi», si leggeva nel dispositivo sulle misure cautelari.
E da pochi giorni si è appreso che una cellula turca, proprio un anno fa, aveva preparato un attentato a Papa Francesco nel corso della sua visita a Trieste del luglio 2024.
In quel caso a finire in manette è stato Hasan Uzun, un cittadino turco di 46 anni affiliato a Isis K, sigla operante in Italia, Germania, Austria, Olanda e nei Paesi scandinavi sotto l’ombrello di un brand più noto e radicato.
Il pulviscolo delle sigle di matrice islamica salafita porta alla Fratellanza Musulmana.
Nata oltre un secolo fa in Egitto, è fortissima in Turchia, fin nelle più alte sfere, e più di recente si è radicata in Qatar, da dove riunisce le peggiori intenzioni dei gruppi fondamentalisti in una nebulosa di micro-gruppi di fuoco.
Hamas ed Hezbollah (ma non Jihad Islamica) sono affiliate alla Fratellanza Musulmana, per la quale si occupano di portare terrore e morte in Medio Oriente.
Peccato che qualcuno non riesca ad esprimere, malgrado il ruolo ricoperto, parole di esplicita condanna verso Hamas e le organizzazioni affiliate.
Da oggi diventa più chiaro che, quando si tratta di Israele, si parla del miglior alleato che Italia ed Europa possano avere.

 

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