Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il bluff a vela se la prende comoda Commento di Aldo Torchiaro
Testata: Il Riformista Data: 03 settembre 2025 Pagina: 3 Autore: Aldo Torchiaro Titolo: «Il bluff a vela se la prende comoda «E se li facessero arrivare a Gaza?»»
Riprendiamo dal RIFORMISTA, del 03/09/2025, a pagina 3, l'intervista di Aldo Torchiaro a Maurizio Molinari dal titolo "Il bluff a vela se la prende comoda «E se li facessero arrivare a Gaza?»".
Aldo Torchiaro
La Sumud Flotilla per Gaza non fa sul serio, è solo un'operazione propagandistica. Cerca lo scontro plateale con Israele, cercando di violare il blocco, ma non ha finalità umanitarie autentiche. David Elber spiega che il blocco navale è perfettamente legale e legittimo, semmai è l'azione della flottiglia ad essere un atto di pirateria. Stefano Parisi, invece, lancia un appello a Israele perché faccia passare le barche di Greta Thunberg, proprio per evitare che il clamore di un arresto porti acqua al mulino della sua causa.
La Flottiglia non fa sul serio. Sa che non toccherà mai terra a Gaza.
Per questo si imbarca con la gioiosa allegria di chi solca le placide acque mediterranee di inizio settembre: a Barcellona hanno esposto su uno dei natanti una cesta di prodotti biologici, marmellate e composte di mirtilli.
A Genova si sono messi in posa per i fotografi. A Tunisi faranno una festa a terra, tutti insieme. Hanno chiesto a una attenta cabina di regia di coordinare centinaia di eventi in tutta Italia, nei dodici giorni ancora previsti per la lenta veleggiata verso le acque israeliane.
Gli addetti ai lavori, a partire dai comunicatori e dai giornalisti più esperti, sanno bene che quella della Sumud Flotilla è solo una provocazione.
Come diceva il poeta greco Kavafis, in Itaca, «La mèta è il viaggio», non certo l’approdo. Che non ci sarà.
Lo sa bene anche Antonino Monteleone, che affida a X la sua analisi: «La quantità di aiuti umanitari che un gruppo di barche partito dall’Europa vorrebbe portare a Gaza, sapendo di non poterlo fare, è inferiore alla quantità di carburante che verrà impiegato per la traversata. Ne sono ben consapevoli.
Sanno anche perfettamente che non metteranno mai piede sulla costa di Gaza. E sanno pure che Israele gli farà grandi regali sul piano comunicativo, facendo rispettare il blocco navale.
E salvandogli anche la pelle.
Se sbarcassero a Gaza, dando per scontato che ci troviamo di fronte a persone di animo buono che mai avrebbero rapporti con organizzazioni terroristiche, dovrebbero fare i conti con Hamas che contende il monopolio nella raccolta e distribuzione degli aiuti umanitari».
Israele – in stato di guerra dal 7 ottobre 2023 – agirà nel pieno diritto di respingere i natanti che dovessero penetrare nelle sue acque territoriali. Resta da vedere se le autorità israeliane avranno la sensibilità politica di mandare davvero a Gaza qualcuno di quegli attivisti.
David Elber, ricercatore storico indipendente e autore, tra gli altri saggi, de Il diritto di sovranità in terra di Israele (Salomone, Belforte & Co.), è categorico: «Per quanto riguarda il discorso tecnico del blocco navale, c’è da sottolineare subito che è contemplato dal diritto internazionale.
Quando c’è una guerra in corso, uno Stato ha diritto ad attuare un blocco navale. Questo lo si trova soprattutto in due accordi internazionali. Uno è la Dichiarazione di Londra del 1909, relativa alle leggi navali in tempo di guerra, e l’altro è la Dichiarazione di Sanremo del 1995, legge internazionale sui conflitti in mare».
Sull’esito delle minacce del ministro israeliano della Sicurezza, Ben Gvir, Elber lascia aperta l’incognita: «Tutto dipende da come si approcciano gli attivisti. Se fossero armati, ipoteticamente, Israele li può trattare da nemico vero e proprio, ma non è questo il caso.
Ovviamente questa è una dimostrazione, semplicemente per dar fastidio e per delegittimare Israele agli occhi dell’opinione pubblica.
Detto questo, Israele in termini legali può bloccare queste navi con gli attivisti, controllare il loro carico e poi decidere successivamente cosa farne, nel senso che il carico può essere consegnato nella Striscia, come era stato fatto anche in passato».
E infatti un precedente c’è: «Se non ci saranno scontri minacciosi, Israele semplicemente farà come in passato: li preleva, li porta in territorio israeliano e poi li rispedisce nei rispettivi paesi.
Se c’è un confronto più animato, possono scattare delle sanzioni, effettivamente anche carcerarie».
Certamente la marina israeliana prenderà il controllo delle imbarcazioni e le scorterà in porto. Permetterà a qualcuno di sperimentare sulla propria pelle il brivido dell’avventura nelle zone ancora controllate da Hamas?
«Sul piano umanitario non risolveranno nulla, e a quel punto ci saranno due opzioni: diventare veri e propri scudi umani e mettere in crisi le operazioni militari, prestandosi a fare il gioco di Hamas volontariamente, e quindi integrando il reato di favoreggiamento del terrorismo, oppure potrebbero essere sequestrati da Hamas per farne l’oggetto di nuove trattative, stavolta con l’Europa», argomenta Elber.
Il presidente dell’Associazione Setteottobre, Stefano Parisi, ha le idee chiare: «Ai buoni della Global Sumud Flottilla non interessa nulla dei palestinesi, nulla degli aiuti, il loro scopo è solo mediatico: essere gli eroi, le vittime della potenza occupante genocidaria.
Sono cinici, usano i bambini malati per accusare Israele, usano i morti palestinesi per perseguire gli ebrei in tutto il mondo.
Non si preoccupano degli ostaggi israeliani e delle donne stuprate da Hamas, dei bambini uccisi e sequestrati, delle donne violentate dai russi in Ucraina.
Non si mobilitano per i bambini uccisi e per le donne violentate in Sudan, non corrono a salvare la popolazione trucidata in Somalia, in Congo.
No, loro vogliono solo aiutare l’Islam radicale a spazzare via lo Stato degli ebrei, l’unica democrazia in Medio Oriente».
Dunque, che fare?
«Un appello sentito – prosegue Parisi – al Governo di Gerusalemme: li lasci arrivare a Gaza, li lasci sbarcare, li lasci entrare, li lasci provare a distribuire gli aiuti. Non faccia loro questo ennesimo regalo mediatico. Non li fermi, non pratichi il previsto e riconosciuto (a livello internazionale da 20 anni) blocco navale. Non hanno armi, non c’è nessun pericolo. L’unica vera arma potentissima di cui dispongono è quella della propaganda. Il Governo d’Israele li disarmi. Una volta entrati, li porti a vedere la distribuzione degli aiuti, gli faccia vedere quanti sono i camion che entrano, dove sono e da chi sono bloccati, gli faccia sapere chi paga quegli aiuti, li faccia restare qualche settimana a Gaza, gli chieda chi li finanzia. Israele così non vincerà certo la guerra mediatica, ma almeno questa farsa sarà smascherata».
Alla Setteottobre fa eco, da Milano, il consigliere comunale di Azione, Daniele Nahum: «Credo che un governo israeliano lungimirante dovrebbe consentire l’ingresso delle imbarcazioni cariche di aiuti umanitari a Gaza. Innanzitutto, perché una maggiore quantità di aiuti è fondamentale per la popolazione civile. Non solo: affiderei a questi stessi organizzatori la gestione della distribuzione degli aiuti all’interno della Striscia. In questo modo, forse, si renderebbero conto delle gravissime responsabilità di Hamas, anche nella gestione degli aiuti. Un’operazione che, realisticamente, durerebbe un solo giorno».
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