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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Riformista Rassegna Stampa
02.09.2025 Ostaggi dimenticati alla Mostra. Che sbadati i vip sul red carpet!
Commento di David Di Segni

Testata: Il Riformista
Data: 02 settembre 2025
Pagina: 3
Autore: David Di Segni
Titolo: «Ostaggi dimenticati alla Mostra. Che sbadati i vip sul red carpet!»

Riprendiamo dal RIFORMISTA, del 02/09/2025, a pagina 3, il commento di David Di Segni dal titolo "Ostaggi dimenticati alla Mostra. Che sbadati i vip sul red carpet!".


David Di Segni (@DavidDS___) / Twitter
David Di Segni

Chi si ricorda degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas? Alla Mostra del Cinema di Venezia, nessuno. C'è spazio solo per i pro-Pal. Gal Gadot e Gerard Butler avrebbero potuto farlo, ma sono stati esclusi dagli inviti, a seguito di una petizione per il loro boicottaggio firmata da quasi tutti gli attori e i registi presenti. Ci sono vittime di serie B, se sono ebrei e israeliani.

Dopo le recenti polemiche al Festival del Cinema di Venezia sul boicottaggio degli attori Gal Gadot e Gerard Butler, la questione palestinese è rimasta centrale sotto i riflettori della Laguna e, soprattutto, nelle domande rivolte agli attori sul red carpet. Quasi come fosse una parola d’ordine, un esame di coscienza da superare per poter restare nell’Olimpo della pellicola. Nulla da obiettare se questo viscerale sentimento di vicinanza alla causa – mai così acceso se non sotto le luci di Venezia – comprendesse anche l’apprensione per gli ostaggi israeliani e l’avversione al terrorismo di Hamas. Così, però, non è stato. Nessun accenno, nemmeno una lacrima di coccodrillo, per chi da quasi 700 giorni vive in condizioni disumane nei tunnel di Gaza: affamati, al buio, violentati, con il fucile dei terroristi palestinesi puntato alla nuca.

Pare evidente che le vittime israeliane non abbiano diritto nemmeno a una lampadina, tra le luci abbaglianti del Festival; che non meritino nemmeno una parola da parte dei volti sempre pronti alle telecamere; che non siano più degne di un applauso o di un appello da parte di quel pubblico in maschera che, sul palcoscenico dell’ipocrisia, ha mostrato il proprio volto peggiore. Un volto indegno, sia per il silenzio selettivo sia per l’uso strumentale della causa palestinese, divenuta ormai un passe-partout di legittimazione e una corda con cui delimitare il recinto dei buoni. Quei buoni affranti per Gaza, ma mai per le vittime del 7 ottobre né per le migliaia che ogni giorno muoiono in altre guerre del mondo, ma che non godono della brandizzazione conferita alla Palestina.

Quei buoni che timbrano il cartellino della Palestina, rilasciando interviste strappalacrime, per poi ritirare il volto dilaniato e sfilare a sorrisi smaglianti tra i flash dei fotografi che urlano i loro nomi in cerca dello scatto da copertina. Kefiah, bandiera e pugno alzato: uno starter pack da mostrare per attirare i riflettori su di sé e meritare la ola mediatica. Un sistema di ritorno che spinge a compiere qualcosa di sempre più eclatante, più condivisibile, più vendibile.

Come Michele Riondino, che sfilando sul tappeto rosso ha mostrato la bandiera palestinese dallo schermo del cellulare. Come Benedetta Porcaroli, che ha indossato la stessa spilla simbolo degli ostaggi israeliani, ma alterata con i colori della Palestina: un gesto di appropriazione del dolore e di sostituzione emotiva che smaschera quel finto umanitarismo tanto decantato sempre e solo in un’unica direzione. Sempre Porcaroli ha poi dichiarato che non ci sia bisogno di “essere esperti di niente” per parlare di quanto accade. Una frase che, dietro un ipocrita sentimentalismo, tenta invece di banalizzare una questione complessa, in cui conoscenze e competenze sono fondamentali per esprimere un giudizio sensato.

Senza le quali si omette volutamente di ricordare che Israele combatte ogni giorno contro i terroristi di Hamas, i quali sfruttano la propria popolazione per rimanere in vita. Ma se, per ipotesi, le conoscenze non fossero necessarie per parlare di Gaza, certamente non lo sarebbero nemmeno per volgere uno sguardo, un pensiero, agli ostaggi. Eppure non è stato fatto. Tra le luci di Venezia, nemmeno un accenno per le vittime israeliane.

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redazione@ilriformista.it

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