Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il portavoce di Hamas ucciso: così Israele combatte la propaganda Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 01 settembre 2025 Pagina: 8 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Il portavoce di Hamas ucciso: così Israele combatte la propaganda»
Riprendiamo da IL GIORNALE di oggi 01/09/2025 a pag. 8 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "Il portavoce di Hamas ucciso: così Israele combatte la propaganda".
Fiamma Nirenstein
Morto il Goebbels palestinese. Abu Obeida era il portavoce di Hamas, l'organizzatore delle grottesche messe in scena per il rilascio degli ostaggi. Teneva in pugno la stampa, con le sue conferenze stampa in cui diffondeva la menzogne, il punto di vista dei terroristi, poi riprese da tutte le grandi testate. Israele lo ha eliminato con un raid mirato.
La comunicazione è un fronte di guerra importante come gli altri 7 con cui si confronta Israele e da cui proviene, in tutto il mondo, una minaccia sostanziale al mondo democratico. Crea odio antisemita e contro i cristiani. Gli episodi odierni, lontani per quanto possano sembrare, dell’eliminazione del portavoce di Hamas e della decisione americana di proibire l’ingresso di Abu Mazen all’Assemblea Generale dell’ONU, sono un modo di fronteggiare la forza della propaganda antioccidentale. Anche chi crede di non conoscere Abu Obeida, perché ha visto la sua faccia sempre avvolta nella kefiah sul teleschermo o issata come bandiera alle manifestazioni, lo conosce bene. Obeida, al secolo Hudayfa Abdallah al-Kahlout, eliminato sabato con un’incursione aerea di cui gli israeliani, nonostante 11 morti, dicono di aver guidato con estrema cautela l’azione per salvaguardare la popolazione, era molto di più di un portavoce. È lui che ha amministrato la popolare, vittoriosa campagna di criminalizzazione di Israele che si è pasciuta dei termini genocidio e fame; quella in cui si è visto nelle lerce gallerie la disperazione dei rapiti, le loro ossa senza carne, le lacrime e le preghiere, così da demoralizzare e dividere l’opinione pubblica israeliana; lui che, col sostegno dei media, di al-Jazeera, coi “ministeri” di Hamas che forniscono i numeri poi ripresi senza verifiche, ha inondato l’opinione pubblica. Abu Obeida era popolare e famoso, un simbolo per il suo popolo e per quello dei propagandisti affascinati dall’immagine mascherata, dalla voce nasale in arabo eccitato: quando al-Arabiya ha annunciato la sua morte, Hamas ha diffidato dal diffondere la notizia. Ma una volta verificato che lo spokesman di Izza din al-Qassam dal 2004, famoso da quando annunciò nel 2006 il rapimento di Shalit, era stato colpito, lo stesso Ministro della Difesa Israel Katz l’ha annunciata di persona. Il suo stile era la minaccia di morte a Israele e ai rapiti. L’ultima volta, venerdì, ha detto, che se l’esercito entrerà a Gaza “gli ostaggi saranno coi nostri guerrieri nel combattimento, soggetti agli stessi rischi”.
È una guerra senza quartiere, tutte le roulettes girano, ore decisive anche per un eventuale accordo sui rapiti, l’ingresso a Gaza, gli accordi e gli scontri coi Paesi Arabi. Gli Stati Uniti non stanno a guardare: il divieto a Abu Mazen di entrare negli USA per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite e per la riunione collaterale voluta da Macron per approvare uno Stato palestinese, (garantito date le maggioranze automatiche dell’istituzione che è certamente fra i peggiori nemici di Israele) resterà, è probabile, senza conseguenze.
Anche quando Arafat subì un divieto americano si tenne la riunione a Ginevra e comunque resta famoso il suo discorso all onu del 74 con la pistola e l' ulivo.
Ma il senso della mossa è chiaro: Abu Mazen, che solo a giugno si è deciso a dire una parola, forzata, sul 7 di ottobre, ha uno storico nesso col terrorismo che alimenta con gli stipendi mensili e la deificazione degli shahid. Oggi in particolare, suggeriscono gli USA, questo non deve essere ammesso dal consesso internazionale, deve finire l’era del terrore, fare posto a quegli Accordi di Abramo cui Abu Mazen si oppose con tutte le forze. L’ America non ignora che Abu Mazen, anche se Hamas gli ha strappato il ruolo di protagonista, vuole essere nel giuoco per uno Stato che odora di premio al terrore. Tutto è simbolico, ma importante. La roulette gira, niente terrorismo nel mondo prossimo venturo dicono gli USA. Una scommessa interessante, mentre Israele intanto porta le riserve sul campo di Gaza e di conserva tiene aperto il fronte sui rapiti.
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