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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Riformista Rassegna Stampa
30.08.2025 Molinari è fiducioso: La crisi finirà
Intervista di Aldo Torchiaro a Maurizio Molinari

Testata: Il Riformista
Data: 30 agosto 2025
Pagina: 4
Autore: Aldo Torchiaro
Titolo: «Israele al bivio, tra guerra e futuro Molinari è fiducioso: La crisi finirà»

Riprendiamo dal RIFORMISTA, del 30/08/2025, a pagina 4, l'intervista di Aldo Torchiaro a Maurizio Molinari dal titolo "IIsraele al bivio, tra guerra e futuro Molinari è fiducioso: La crisi finirà".

File:Aldo Torchiaro.png - Wikipedia
Aldo Torchiaro

Biografia di Molinari Maurizio e vita professionale: leggi la bio di Molinari  Maurizio
Dall’ascesa di Bennett all’Occidente pro-Hamas, passando per il veto di Rubio su Abu Mazen
L’editorialista della Repubblica, Maurizio Molinari, appena rientrato dal viaggio in Medio Oriente, traccia gli scenari in arrivo

Maurizio Molinari, saggista ed editorialista di Repubblica – che ha diretto, dopo La Stampa - ha trascorso due settimane in Israele per capire meglio la realtà di questa fase del conflitto.

Rientrato da un viaggio in Israele, cosa ti ha colpito di più a quasi due anni dal 7 ottobre 2023?

«Quanto ho visto a Majdal Shams e a Tel Aviv. Majdal Shams è il villaggio druso sul Golan dove gli Hezbollah uccisero con un razzo 12 bambini. È attraversato dal confine Israele-Siria. Oggi su entrambi i lati vi sono soldati israeliani e civili drusi. Bandiere israeliane e druse sventolano assieme. E i drusi sul lato siriano, che avevano abbandonato le case durante la guerra civile, ora sono tornati perché si sentono sicuri. È l’immagine di un Medio Oriente dove Israele protegge le minoranze siriane minacciate dal governo di al-Jolani che nasce dal fondamentalismo sunnita. A Tel Aviv invece, roccaforte delle proteste anti-Netanyahu, basta entrare in un caffè per accorgersi che il Paese è diviso sul premier ma compatto sulla necessità di sconfiggere Hamas e liberare gli ostaggi. Per scongiurare un altro 7 ottobre».

La maggioranza Netanyahu traballa, le esternazioni di Smotrich e BenGvir non aiutano. Cosa vedi in prospettiva?

«Ho incontrato a Ramat Gan alcuni giovani leader della protesta anti-Netanyahu. Ritengono che lo sfidante più credibile sia Naftali Bennett, l’ex premier. Si preparano a sostenerlo quando si voterà nel 2026. Perché è un moderato e può rubare voti a Netanyahu. Anche le forze più a sinistra guardano a Bennett. Alla destra di Netanyahu, in ascesa è Ben-Gvir. Si prepara, assieme a Smotrich, ad una campagna in cui contesterà la fine della guerra a Gaza. Il momento spartiacque può arrivare a ottobre, quando la Knesset tornerà a riunirsi: allora, se la guerra sarà finita, le strade di Netanyahu e di Ben-Gvir/Smotrich potrebbero separarsi. Dando inizio alla campagna elettorale».

Gli aiuti iniziano ad arrivare con maggiore regolarità, la dichiarazione di Gaza City come zona di guerra operativa li mette in discussione?

«Siamo all’inizio dell’operazione militare che Trump e Netanyahu hanno concordato alla Casa Bianca, durante cinque lunghi giorni di incontri. I punti dell’accordo sono due: più aiuti umanitari e resa dei conti con Hamas per disarmarla e liberare tutti gli ostaggi. Trump vuole finire entro 2-3 settimane per far partire la ricostruzione a Gaza attorno al rilancio degli Accordi di Abramo. Ma per Netanyahu il rischio è alto perché Hamas può uccidere i 20 ostaggi ancora vivi sui 48 che mancano all’appello».

Perché è svanito l’accordo Israele-Hamas che sembrava fatto?

«Perché quando Witkoff è venuto in Italia, a Roma e in Sardegna, per incontrare i mediatori, l’intesa era quasi fatta ma l’annuncio di Macron sulla volontà di riconoscere lo Stato palestinese ha spinto Hamas a irrigidirsi facendo saltare la tregua».

È stato Macron a far saltare l’intesa sul cessate il fuoco a Gaza?

«L’ambasciatore Usa a Gerusalemme, Mike Huckabee, lo ha detto in più occasioni. L’iniziativa francese sul riconoscimento dello Stato palestinese ha fatto percepire ad Hamas la possibilità di cogliere un risultato politico tale da abbandonare il compromesso a cui Usa, Qatar, Egitto e Turchia l’avevano obbligata. Questo è il motivo per cui il vero rivale di Trump in Medio Oriente è Macron. Hanno progetti alternativi: Trump vuole sconfi ggere Hamas per inviare una forza interaraba a Gaza e rilanciare i Patti di Abramo, Macron punta invece sulla creazione di uno Stato palestinese sostenuto da truppe Onu. Al momento l’Arabia Saudita di Mohammed bin Salman sostiene Trump ma Macron la corteggia».

Perché Marco Rubio non concede il visto di ingresso ad Abu Mazen, leader dell’Anp, per l’Assemblea dell’Onu?

«Il motivo formale è la carenza di impegno di Abu Mazen e dell’Anp nella lotta al terrorismo di Hamas. Quello più politico svela la volontà di impedire la dichiarazione dello Stato palestinese che proprio Abu Mazen voleva fare dal podio del Palazzo di Vetro».

Il mondo arabo moderato sta cambiando atteggiamento nei confronti di Israele.  li sono i segnali da cogliere?

«Gli Stati arabi hanno paura del movimento dei Fratelli musulmani, di cui Hamas fa parte, perché lo ritengono una minaccia diretta alla loro stabilità. Da Riad al Cairo, da Amman ad Abu Dhabi, l’interesse è la sconfitta di Hamas. Per questo l’Egitto sta addestrando un importante contingente di sicurezza composto da gazawi e destinato, con il sostegno Usa, ad assumere la responsabilità della sicurezza nella Striscia quando Israele si ritirerà dopo il ko di Hamas».

Su chi preme di più Trump: Netanyahu o me del terrorismo, indicarono con chiarezza il Qatar?

«Su entrambi perché Netanyahu guida le operazioni militari ma l’Emiro al-Thani è il vero protettore di Hamas. Molti dei capi jihadisti restano a Doha e i fondi qatarini sono vitali per Hamas. Witkoff conduce un negoziato serrato che ha anche un terzo cruciale protagonista: bin Salman. C’è un episodio che descrive cosa sta maturando: qualche tempo fa bin Salman nei corridoi della Casa Bianca ha incrociato Edan Alexander, ex ostaggio di Hamas, ed hanno parlato in arabo, perché Alexander lo ha imparato dai rapitori. Alexander ha descritto a Mbs le celle nei tunnel. Anche questo è il Medio Oriente che cambia e consente di pensare alla ricostruzione».

Dunque il conflitto è avviato alle battute finali? 

Trump vuole la conclusione della guerra e preme su Netanyahu per ottenere in fretta la sconfitta di Hamas, ma senza una forte pressione arabo-turca il gruppo terrorista potrebbe voler combattere all'infinito, puntando sul sostegno che ottiene in molti Paesi occidentali per riuscire a centrare quello che è il suo obiettivo di fondo: sopravvivere per perseguire la Jihad.

Paesi occidentali tra cui l'Italia, dove si moltiplicano gli episodi antisemiti e le campagne antiisraeliane. Gli attori a Venezia, la Flotilla... E c'è addirittura chi legge i comunicati di Hamas in pubblico.

Il clima di intolleranza nasce da un corto circuito. La solidarietà per le vittime civili palestinesi a Gaza assai raramente si accompagna ad una pari solidarietà per le vittime civili israeliane e per gli ostaggi. Solo riuscendo a trovare un unico approccio a sostegno di tutte le vittime della guerra si può arginare l'odio».

Un docente di diritto a Palermo ha chiesto su Facebook alla sua rete di «bandire gli amici ebrei. Anche quelli buoni. Tutti: perché alla fine gli ebrei mentono tutti». Il Rettore prende le distanze ma non adotta sanzioni…

Quando nel 2007 Giorgio Napolitano parlò dell'antisionismo come "antisemitismo travestito" e quando Sergio Mattarella, dopo ll'elezione a Quirinale, inserì Stefano Taché, il bambino ucciso nell'attentato alla Sinagoga di Roma del 1982, nella lista delle vittime del terrorismo, indicarono con chiarezza all'Italia quella sovrapposizione fra antisionismo ed antisemitismo che sta oggi generando un'intolleranza contro gli ebrei senza precedenti dalla nascita della Repubblica nel 1946. Un’intolleranza costellata da una moltitudine di violazioni dell’articolo 3 della Costituzione, ome quella avvenuta a Palermo».

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