|
Una parte velenosa del problema Cari amici, senza che i giornali italiani ed in genere occidentali ne parlassero quasi (a parte il solito bravo Molinari e un paio di brevi resoconti altrove), c'è stato un cambiamento importante nella situazione politica mediorientale. L'autore è Muhammed Abbas, il “moderato”, il “partner della pace”, che per lo più viene onorato come “presidente della Palestina” essendo stato eletto ormai quasi dieci anni fa presidente dell'Autorità palestinese per quattro anni ed essendosi prorogato da solo per un tempo ormai vicino al doppio del suo mandato – cose che non succedono neanche in Corea del Nord. Voi direte: la solita propaganda. Sì, la solita propaganda, ma con un tono e un'aggressività inedita per un'assemblea generale dell'Onu, dove si trovano delegazioni al più alto livello. La “bomba” che un assistente di Abbas aveva assicurato il dittatore avrebbe sganciato contro Israele non è qui. Il secondo ounto è un codicillo che vi trascrivo letteralmente: “manterremo le tradizioni della nostra lotta nazionale stabilite dai fedayn palestinesi e cui noi siamo impegnati dall'inizio della rivoluzione palestinese nel 1965”. Mentre non ci è traccia degli impegni presi a Oslo, come la rinuncia al terrorismo innanzitutto, e anche l'impegno a risolvere la questione della spertizione amministrativa di Giudea e Samaria per mezzo di trattative. Questo è il discorso di New York, che, nonostante qualche elogio verbale, mette fuori gioco l'azione degli Stati Uniti, cerca di sostituirli come mediatori principali del conflitto con l'Onu e non a caso è stato preso malissimo da un Dipartimento di Stato che certo non brilla di amore per Israele: discorso “controproduttivo”, “provocatorio”, “gli Usa ne rigettano il contenuto” (http://www.jpost.com/International/US-accuses-Abbas-of-counterproductive-UN-speech-376404). Ma c'è un dettaglio in più da considerare, la seconda cosa di cui i giornali italiani non hanno parlato quasi e comunque non hanno spiegato. Dopo molte esitazioni e dopo aver fatto credere il contrario, come tutti chiedevano, Abbas ha confermato il governo di “unità nazionale” con Hamas, assumendosi quindi la corresponsabilità delle sue azioni (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Report-Fatah-Hamas-agree-to-cede-control-of-Gaza-to-unity-government-376331 ). Anche qui c'è un documento da leggere, un accordo molto opaco e burocratico ( il testo è qui: http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Text-of-Fatah-Hamas-agreement-376350 ), in cui però si accettano gli obiettivi politici di Hamas (cessazione del blocco, libera importazione dei materiali da costruzione, che sappiamo come siano usati). “Noi [Hamas e Fatah, cioè Abbas] sosteniamo le mosse politiche palestinesi e gli sforzi volti a raggiungere gli obiettivi nazionali del popolo palestinese in questa fase e quelli che sono contenuti nel documento di riconciliazione vale a dire la liberazione della terra, la rimozione degli insediamenti e l'evacuazione dei coloni , la rimozione del muro razzista di separazione e di annessione, il raggiungimento della libertà, del diritto al ritorno, dell'indipendenza e dell'autodeterminazione, compresa la creazione di uno Stato indipendente con piena sovranità su tutti i territori palestinesi occupati nel 1967, con capitale a Gerusalemme, garantendo il diritto al ritorno dei profughi alle loro case e la liberazione di tutti i prigionieri e detenuti.” Anche qui molta retorica e chiaramente obiettivi incompatibili con ogni trattativa con Israele. Ma il veleno sta in quegli “obiettivi nazionali del popolo palestinese”, che rimandano implicitamente agli statuti di Hamas e di Fatah, che stabiliscono chiaramente “l'obiettivo nazionale” di una “Palestina” estesa “dal fiume al mare”, cioè la distruzione dello Stato di Israele. Ma, badate bene, questa non è una prova di forza, ma di debolezza. Il discorso all'Onu, a parte la condanna americana e gli ovvi applausi della sola platea islamica e terzomondista, non ha fatto nessun effetto internazionale, era concepito per la platea interna di Ramallah, innamorata del bellicismo di Hamas. La questione palestinese è oggi sempre più chiaramente periferica rispetto al grande assalto islamista, ne è un aspetto provinciale e nessuno può illudersi che risolvendolo ai danni di Israele si avrebbe la pace in Medio Oriente. Gli schieramenti su questo tormentato scacchiere si sono rovesciati molte volte, ma di recente a sfavore di chi appoggia in maniera militante e non solo a parole il terrorismo palestinese. Ugo Volli |