Martedì 20 giugno 2006 La GAZZETTA dello SPORT pubblica un articolo di Stefano Boldrini ( a pagina 9, "Ghana, Israele e una bandiera, scoppia il caso") sulle polemiche suscitate dall'esposizione della bandiera di Israele da parte del calciatore del Ghana John Paintsil.
I deliri complottisti della stampa araba vi sono variamente definiti e riportati con compunta serietà. L'idea che Paintsil sia un agente del Mossad sarebbe "ironia". La tesi dello "sfruttamento dei giovani africani" e del "lavaggio del cervello" sembrano immediatamente più "serie".
Paintsil non sarà punito né dalla squadra né dalla Fifa. "Non c'erano gli estremi per prendere provvedimenti", ci informa Boldrini, che non si chiede come si possa anche lontanamente sospettare la presenza di tali "estremi" nel gesto di Paintsil.
In compenso ritiene necessario spiegarlo. "Forse", sostiene , il giocatore lo ha fatto per ottenere il rinnovo del suo contratto con l'Hapoel di Tel Aviv.
Infatti: " il campionato israeliano è una delle mete preferite dai calciatori africani, per questioni di denaro".
Per cui "la tesi del ragazzo cresciuto nelle scuole di calcio israeliano e plagiato non regge nel caso di Paintsil".
Le alternative, per spiegare un gesto di affetto verso Israele sono dunque soltanto due: l'inganno da parte dei "sionisti" o l'"avidità".
Schema non molto diverso da quellio del forum di Indymedia, dove si riversano insulti e dichiarzioni d'odio verso Paintsil.
Eccone alcuni esempi:
John Pantsil, difensore del Ghana, al termine della partita contro la Repubblica Ceca, per festeggiare la vittoria della sua squadra sventola la bandiera della criminale associazione sionista.
Soprattutto se viene dal sangue dei Palestinesi, come quelli nell’ultima strage che avete fatto a Gaza, bambini compresi….
Siete delle merde sioniste e più merde di voi i vostri servi, di qualsiasi colore essi siano.
Di seguito una cronaca del CORRIERE della SERA del 21 giugno 2006 sull'odio e sulle ingiustizie contro Paintsil:
WÜRZBURG — Eccolo qui, lo sbandieratore John, al primo piano dell'hotel Maritim: gioca a calcio-balilla e mangia due banane nella saletta «Beatrice di Burgundia», dedicata alla dodicenne che Federico Barbarossa sposò proprio qui a Würzburg, nell'anno di grazia 1156. Lui, John Pantsil, 25 anni compiuti il 15 giugno, nato in Ghana e arruolato come difensore nella squadra israeliana Hapoel Tel Aviv, della defunta Beatrice non sa nulla. Come pochissimo, giura dall'altro ieri ai suoi dirigenti e compagni ghaniani, sa del conflitto israelo-palestinese. Se avesse saputo di più, aggiunge, forse ci avrebbe pensato due volte a sventolare in campo quella bandiera con la stella di David, dopo la vittoria del Ghana contro la nazionale ceca.
Giocatori e dirigenti musulmani di altre squadre hanno protestato, hanno parlato di manovra propagandistica del Mossad e hanno mugugnato contro la Fifa che non avrebbe controllato abbastanza quel che accadeva sul campo. Si è profilata l'ombra di un incidente politico-diplomatico. E alla fine, John si è scusato attraverso un portavoce della sua federazione: «Volevo solo fare contenti i miei tifosi israeliani, non m'intendo di robe politiche e il mio gesto non voleva avere nessun'altro significato. Nessuno mi aveva incaricato di compierlo. E né i miei compagni, né l'allenatore, né i dirigenti, ne sapevano nulla. Mi dispiace se ho ferito i sentimenti di qualcuno, non volevo». Chiosa della federazione ghaniana: «Il signor Pantsil ha agito in totale buona fede, caso mai la sua è stata solo ingenuità. Comunque, quel gesto non esprime assolutamente una nostra posizione. Ci scusiamo anche noi, se qualcuno si è ritenuto offeso o ferito. Ma non riteniamo di dover prendere alcun provvedimento contro il giocatore».
Già ma quella bandiera? Come ha fatto John, a portarsela in campo, senza che nessuno se ne accorgesse? «Nel calzettone, no?», sorriso e pausa nella battaglia di calcio-balilla. «Piegata e messa nel calzettone, prima della partita». Ma è inutile chiedere di più. «Niente interviste» ammoniscono nervosi i portavoce della squadra. Più tardi, all'allenamento, ci sono quattro auto della polizia invece delle solite due. Ma l'allenamento è una baraonda di battute e risate con le poliziotte bionde che si divertono un mondo: niente problemi di ordine pubblico.
La storia di John non è certo un segreto, e la raccontano quasi in coro i suoi colleghi di squadra. Come tutti loro, lui viene dal «colts», lo spettacolare calcio da marciapiede praticato dai ragazzini nelle città e nei villaggi del Ghana. Quando giocava in patria, come attaccante nel «Berekum Arsenal» e nei «Liberty Professionals», John guadagnava più o meno 100 dollari al mese. Abbastanza per vivere, ad Accra, ma non per vivere benissimo. Poi, 4 anni fa, l'offerta dal Maccabi e quindi dall'Hapoel di Tel Aviv. In Israele, John si è ambientato benissimo. «Ma non è ebreo, né musulmano, né cristiano — dicono i compagni — e neppure ateo. Soprattutto, non è un politico». È solo «un ragazzone semplice e buono», aggiunge Kwabena Yebeah, inviato di
Africa Sports e decano dei giornalisti del Ghana. La bufera sembra finita: ma non è escluso che, domani a Norimberga, contro gli Usa, l'allenatore Ratomir Dujkovic decida di tenere in panchina proprio lui, lo sbandieratore. Tanto per prudenza diplomatica, e soprattutto se il ragazzo avrà i calzettoni troppo larghi.
Di seguito l'editoriale del FOGLIO a commento della vicenda, "Un azzurro imiti il ghanese":
Facciamo a capirci: se si brucia la bandiera d’Israele non è obbligatorio scusarsi, se la si espone, sì? Strano, no? Succede che un calciatore del Ghana che gioca a Tel Aviv, per ragioni sue, decide di festeggiare un gol della squadra sollevando con un compagno un piccolo stendardo con la stella di David, sì, insomma, la bandiera del paese che lo ospita e che non disputa questi Mondiali perché la Nazionale non ha superato, ovviamente per colpa dei francesi, le qualificazioni a Germania 2006.
Finimondo al Mondiale per una bandiera innalzata. I compagni processano l’audace ghanese, la stampa araba lo insulta, la Federazione nazionale e internazionale lo costringe alle scuse e a fare la figura dell’ingenuotto che non si è reso conto di quale terribile offesa ha arrecato. Appunto, quale offesa? Ci dichiariamo subito ingenuotti politici, piuttosto che riconoscere un’offesa in un gesto comunque bello come alzare (e non per bruciare) una bandiera. Offesa a chi? Eppure la stampa continentale e italiana racconta la vicenda con assoluta normalità, come se fosse del tutto ovvio che se un giocatore espone la bandiera d’Israele reca forte offesa, gravissima. Quale offesa? A chi? E se avesse festeggiato innalzando la bandiera – poniamo – canadese? Sarebbe successo lo stesso finimondo? Fare un gesto – d’affetto o politico che sia poco importa in questo caso – che manifesta simpatia per un’altra bandiera non vuole dire non amare la propria. Non è nello spirito dello sport e del Mondiale – visti soprattutto dalle anime belle – avvicinare i popoli, invece che allontanarli? La legge della fratellanza è uguale per tutti, o no? A quanto pare no, per Israele bisogna sempre e comunque fare un’eccezione. Perché se il capo di un regime fondamentalista e quasi atomico vuole cancellare Israele dalla mappa, va capito, in fondo non lo pensa, e comunque bisogna parlarci. Se un giocatore di calcio alza la bandiera d’Israele, va costretto alle scuse, in fondo non sa quello che fa, e comunque bisogna impedire che qualcuno lo rifaccia. Non sarebbe male che un azzurro rifacesse quel gesto.
Di seguito, due lettere giunte in redazione, che affrontano la vicenda toccando aspetti trascurati dai media. Invitiamo a prendere spunto da esse per scrivere ai quotidiani di riferimento.
Saronno, 20/6/2006
Una breve considerazione sull'episodio della bandierina israeliana sventolata da John Paintsil del Ghana. Di tutta la vicenda colpisce il livello di infamia cui fanno ricorso i media egiziani citati, che non perdono occasione per riprendere i soliti stereotipi sui gli israeliani (ebrei) oppressori e sfruttatori del mondo. Il messaggio è violento e razzista verso Israele, intimidatorio verso il mondo. Stupisce che nessun corrispondente si sia posto una semplice domanda: perchè il Ghana doveva scusarsi?
Marco Morello. Saronno
Bello l' articolo di Davide Frattini (pubblicato dal COORRIERE e ripreso da IC, vedi questo link), e senza volere criticare, ma io avrei aggiunto che il motivo per cui Israele non gioca nei Mondiali e' perche' paesi come l' Iran e la Saudia Arabia che invece ai mondiali sono arrivati si rifiutano di giocare a calcio con Israele per cui Israele per qualificarsi deve giocare contro I paesi europei (molto piu' forti di Iran e Arabia Saudita) invece di cimentarsi contro le squadre della sua area geografica. (Immagino che se Israele giocasse contro qualsiasi paese del Medio Oriente e vincesse un sacco di teste cadrebbero e intendo la cosa letteralmente…) Insomma il razzismo dei paesi arabi non solo costringe il Ghana a chiedere scusa, ma protetto dalla FIFA fa si' che Israele non giochi. Un' ingiustizia bella e buona.
Emanuela Prister
Dallas Texas
Di seguito, l'intervento di Deborah Fait:
E' successo il finimondo ai Mondiali di calcio: un giocatore della squadra del Ghana, proveniente dall'Hapoel Tel Aviv, alla fine della partita vinta dalla sua squadra, tira fuori da una tasca dei pantaloncini un piccola bandiera di israele e la sventola ridendo felice. Perche'? Per motivi suoi, forse per la gioia di aver vinto, forse per rendere omaggio al Paese, Israele, che lo ospita e lo ama, un gesto insomma di pura e semplice felicita'.
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