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Corriere della Sera - It.danielpipes.org Rassegna Stampa
29.08.2011 Libia, che fine ha fatto l'attentatore di Lockerbie?
Il rischio islamismo è concreto? Commenti di Guido Olimpio, Daniel Pipes. Cronaca di Lorenzo Cremonesi

Testata:Corriere della Sera - It.danielpipes.org
Autore: Guido Olimpio - Daniel Pipes - Lorenzo Cremonesi
Titolo: «La paura (prematura) della Sharia - Blues libico - Mistero sulla sorte dell'uomo di Lockerbie. 'No all'estradizione'»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/08/2011, a pag. 14, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " La paura (prematura) della Sharia ", a pag. 15, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Mistero sulla sorte dell'uomo di Lockerbie. 'No all'estradizione' ". Da IT.DANIELPIPES.ORG l'articolo di Daniel Pipes dal titolo "Blues libico", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

CORRIERE della SERA -  Guido Olimpio : " La paura (prematura) della Sharia"

Il Comitato dell'opposizione ha finalmente svelato l'identità di tutti i suoi membri e tra questi solo il responsabile del consiglio supremo militare Abdel Hakim Bel Haj è legato alla Fratellanza musulmana. Magari altri lo sono ma preferiscono mantenere il riserbo sulle loro simpatie.
Nella bozza di Costituzione — come abbiamo indicato nei giorni scorsi — si afferma che la legge islamica (la Sharia) sarà «la fonte di ispirazione della legge dello Stato». Sono segnali di una lenta infiltrazione islamista? È presto per dirlo, in tanti lo temono.
La Fratellanza è presente in Libia, però soffre dei contatti avuti con il regime e in particolare con il figlio di Gheddafi, Saif Al Islam. Un modo per sopravvivere alla repressione ma che ha minato la credibilità del movimento agli occhi degli altri oppositori.
I Fratelli, come in altri Paesi del Medio Oriente, giocano sul lungo termine e se la rivoluzione dovesse disattendere i «sogni» sono pronti a offrire alternative. Inoltre un aiuto potrebbe venire dal Qatar. L'Emirato ha svolto un ruolo chiave in questa crisi ed è molto vicino alla Fratellanza.
Sono minoritari anche gli islamisti radicali che, tuttavia, puntano su due elementi: la determinazione e le stigmate del «martirio» rappresentate dai combattenti offerti alla causa.
Il Comitato vuole recuperare i militanti che in modo vago o diretto si ispirano ad Al Qaeda. Non sarà facile ma ci prova, anche con l'aiuto di un'associazione britannica che rieduca i terroristi. Intanto i duri e puri aspettano studiando le mosse dei neo dirigenti e le prospettive politiche.
Quanto alla legge islamica va precisato che «fonte di ispirazione» non significa un'applicazione diretta della Sharia come avviene in Arabia Saudita. Per alcuni è soltanto un riferimento per ampliare una base dove pesano molto nazionalisti e laici. Tutto però cambia e può cambiare ancora. E molto dipenderà da quanto avverrà nelle prossime settimane in Libia.

IT.DANIELPIPES.ORG - Daniel Pipes : "Blues libico"


Daniel Pipes, Muhammar Gheddafi

Guido Olimpio, forse, è stato troppo ottimista nel suo articolo. Sottovalutare il pericolo islamico è un errore. Rispondiamo a Olimpio con l'articolo di Daniel Pipes, eccolo:

Per il pezzo originale in lingua inglese, cliccare qui

Molti sono pronti a far festa per la fine politica dell'inviso, eccentrico e folle Muammar Gheddafi mentre le truppe dei ribelli entrano a Tripoli. Io non faccio festa. E vi spiego il perché.

L'intervento della Nato del marzo scorso è stato fatto senza la dovuta diligenza verso chi a Bengasi stava dando una mano d'aiuto. Fino ad oggi, la loro identità [di chi presta aiuto] è un mistero. Ci sono buone probabilità che le forze islamiste si nascondano dietro gli elementi più benevoli, aspettando il momento giusto per uscire allo scoperto e balzare addosso, come accadde grossomodo in Iran nel 1978-79, quando gli islamisti non rivelarono la loro forza né il loro programma finché lo Scià non fu eliminato. Se questo dovesse essere oggi il caso della Libia, allora il povero Gheddafi si rivelerà migliore dei suoi successori tanto per i soggetti libici della tirannia quanto per l'Occidente.

Spero di sbagliarmi e che i ribelli siano moderni e liberali. Ma temo che un dispotismo senza via d'uscita sarà rimpiazzato dagli agenti di un movimento ideologico mondiale. Temo che le forze occidentali condurranno al potere i peggiori nemici della civiltà.

CORRIERE della SERA -  Lorenzo Cremonesi - " Mistero sulla sorte dell'uomo di Lockerbie. 'No all'estradizione' "


Abdel Baset Al Megrahi

TRIPOLI — Che fine ha fatto Abdel Baset Al Megrahi? La caccia dei giornalisti nelle ultime ore a uno dei più controversi e terribili personaggi dell'era Gheddafi è parte della grande narrativa che accompagna la fine della dittatura. Lo cercano nella sua abitazione, in un quartiere tranquillo alla periferia occidentale della capitale. I vicini dicono di non saperne nulla: «Sino a venerdì lo abbiamo visto vicino alla porta della sua abitazione. Poi è sparito». Qualcuno suggerisce che Gheddafi lo avrebbe portato con sé perché «sa troppe cose». In serata l'inviato della Cnn, Nic Robertson, sostiene di averlo trovato nella sua villa e scatta una foto che mostra un anziano disteso su un letto con mascherina per l'ossigeno: «È in coma e in fin di vita». Robertson riporta le parole del figlio Khaled: «Gli diamo solo ossigeno, nessuno ci aiuta».
I ribelli sono contrari alla sua estradizione in Inghilterra o in America. Al Megrahi è sinonimo di terrorismo di Stato, malizia di Gheddafi, imbroglio e tradimento. Accusato di essere tra gli agenti del regime responsabili dell'attentato contro il volo 103 della Pan Am fatto esplodere a 10.000 metri di altezza sopra il villaggio scozzese di Lockerbie nel 1988, è stato l'unico a venire consegnato alla giustizia, processato e condannato all'ergastolo. La vicenda è uno dei tanti punti oscuri dell'ambigua convivenza tra Gheddafi e Occidente negli ultimi 10 anni. Consegnato ai giudici scozzesi nel contesto del processo di miglioramento dei rapporti con la Libia, Al Megrahi dopo otto anni di carcere nel 2009 venne riconsegnato alla Libia per «motivi umanitari». Ammalato di cancro, si pensava dovesse spirare entro pochi mesi. Ma fu scandalo quando Gheddafi lo accolse con tutti gli onori, come un martire perseguitato, un eroe nazionale. Poi si scoprì che il malato sopravviveva bene, molto più del previsto. Tornarono a chiedere giustizia le associazioni dei familiari dei 270 morti di Lockerbie. Ci furono pressioni sui governi di Londra e Washington. Sino a che il 22 agosto un senatore di New York, Charles Schumer, è tornato a chiederne l'estradizione. Non una richiesta formale. Ma una forma di pressione. Ieri il ministro della Giustizia del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi, Mohammed Al Alagi, ha messo le mani avanti. «Al Megrahi resterà in patria. Non siamo come Gheddafi che manda i libici ad essere processati all'estero. Per noi il caso è chiuso».

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