Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 03/12/2022, a pag. 1, con il titolo 'Dialogo col sordo', l'analisi di Paola Peduzzi.
Paola Peduzzi
Milano. Anche noi siamo pronti a parlare con l’occidente, ha detto il Cremlino ieri, a patto che riconosca i “nuovi territori” della Federazione russa, cioè quel 18 per cento (e più) di territorio dell’Ucraina che Vladimir Putin occupa illegalmente. Anche noi siamo pronti a parlare, ma “dobbiamo garantire i nostri interessi”, ha detto il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, e “cosa dice il presidente Biden di fatto? Che i negoziati sono possibili soltanto dopo che Putin lascia l’Ucraina”: quindi per i russi i negoziati non sono possibili perché non vuole abbandonare i “nuovi territori”. Nella conferenza stampa e nel comunicato che hanno preceduto la sontuosa cena di gala organizzata da Joe Biden per Emmanuel Macron (con aragoste e vini e formaggi americani: in tempo di pace su questa diplomazia culinaria ci saremmo divertiti), il presidente americano e quello francese hanno detto di essere pronti a parlare direttamente con Putin, se il presidente russo “cerca di mettere fine alla guerra”. Intanto l’aiuto all’Ucraina va avanti, e il 13 dicembre a Parigi ci sarà una conferenza per coordinare tra gli alleati il sostegno “politico, di sicurezza, umanitario ed economico” al governo di Kyiv e al popolo ucraino. La gran confusione del dibattito sui negoziati di guerra potrebbe già risolversi così: al momento non c’è un terreno comune. Non è che manca, come sostengono quelli che considerano gli alleati occidentali e Volodymyr Zelensky dei guerrafondai, la volontà di negoziare. Manca una convergenza sulle condizioni che possono portare almeno a una tregua. Molti fanno un gran salto in avanti e immaginano la pace, ma al momento le forze di Putin continuano a fare la guerra, bombardando indefesse il paese, occupandone illegalmente quasi un quinto, ed è difficile immaginare un negoziato di pace quando una parte – la parte che ha aggredito – continua a fare la guerra. Il primo passo è quindi fermare la guerra e poiché la Russia, che appunto questa guerra l’ha pianificata e scatenata, non lo fa, all’Ucraina non resta che combatterla. L’alternativa è accettare il fatto che Putin voglia conquistare un paese sovrano con la forza e che sia disposto a distruggere tutto quello che non riesce a conquistare: cioè arrendersi. Al momento non esiste una terza via, nonostante la volontà delle parti in campo di dialogare, perché quel che conta non è tanto parlarsi – ci si parla a livelli alti, diplomatico e militare – ma trovare qualcosa da dirsi. E le parti in guerra non sono affatto sullo stesso piano: i russi possono smettere di attaccare ma gli ucraini non possono smettere di difendersi. Non c’è nessuno che non vuole il negoziato: i guerrafondai non esistono così come, se si guarda bene, non esistono i pacifisti. Esistono semmai gli “appeaser”, cioè quelli che sono disposti a fare concessioni in modo unilaterale (e l’“uno” in questo caso è l’Ucraina che si difende e non la Russia che attacca) per rendere l’avversario meno belligerante, cioè perseguono una politica accomodante a spese di chi subisce l’attacco. Gli “appeaser” definiscono tutti quelli che non sono come loro “guerrafondai” – tutti tranne uno che poi è letteralmente l’unico vero guerrafondaio: Putin – e discutono, non da oggi, di concessioni. Ma oggi il dialogo che viene proposto dall’occidente riguarda la possibilità di fermare la guerra: è il presidente russo che sposta l’attenzione sul fatto che l’occidente non gli vuole lasciare i “nuovi territori”. Così nel frattempo non ferma la guerra, ed è l’unico al quale basterebbe un attimo per farlo.
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