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Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 23/10/2021, a pag. 19, con il titolo " 'L'America difenderà Taiwan militarmente'. La sfida di Biden, l'ira di Pechino" il commento di Giuseppe Sarcina.
Giuseppe Sarcina Joe Biden
Tanto che ieri la Casa Bianca ha cercato di riparare con un blando comunicato: «Nessuna variazione, noi siamo per lo status quo». Il ministro della Difesa, Lloyd Austin, parlando a margine di una riunione Nato a Bruxelles, si è limitato ad aggiungere: «Nessuno vuole che le questioni nell'area possano esplodere. Noi rimaniamo impegnati nella nostra politica di una sola Cina». Il riferimento è alla cosiddetta «dottrina dell'ambiguità strategica». Dal 1979 gli Stati Uniti riconoscono un solo governo in Cina, quello della Repubblica Popolare, guidata dal partito comunista. GU Usa non hanno mai legittimato Taiwan, rifugio dei «controrivoluzionari» fin dal 1949. Nello stesso tempo, però, si sono auto-assegnati il ruolo di garante dell'indipendenza di un territorio, impegnandosi a fornire armi e assistenza economica. Oggi il governo di Taipei sta cercando di non finire stritolato nella morsa di Xi Jinping, senza però alimentare lo scontro. Ecco perché la frase di Biden è stata accolta con preoccupazione, come un elemento di disturbo. La presidente Tsai Ing-wen ha fatto sapere: «Taiwan dimostrerà la ferma determinazione a difendersi e continuerà a lavorare con Paesi che condividono gli stessi valori per dare un contributo alla pace e stabilità nella regione». Pace e stabilità, dunque, non c'è bisogno di proclami bellicosi. Ma I segnali in arrivo da Washington sono contraddittori. Da una parte la Casa Bianca sta provando da settimane ad agganciare il leader cinese per aprire un negoziato complessivo su rapporti economici, climate change, pandemia, cyber-security. E, certamente, Washington chiede ai cinesi di porre fine alle provocazioni, come la spedizione di 156 aerei da guerra nei cieli vicino a Taiwan. L'altra sera Biden ha ricordato di non cercare «una guerra fredda» con la Cina, un concetto al centro del discorso all'Assemblea delle Nazioni Uniti, a fine settembre. Nello stesso tempo, però, il presidente nomina ambasciatore a Pechino Nicholas Burns, un ex diplomatico, che giovedì ha tenuto un'audizione esplosiva davanti alla Commissione Esteri del Senato, sostenendo che gli Stati Uniti dovranno fornire «copertura nucleare a Taiwan», e definendo la Cina, cioè il Paese che lo dovrà ospitare, come “la minaccia numero uno per gli Usa».
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