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David Elber
Israele, Storia e diritto
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Il concetto di occupazione e il suo uso politico 14/01/2023
Il concetto di occupazione e il suo uso politico
Analisi di David Elber

Informazione Corretta

Il concetto di occupazione e il suo reale significato legale per il diritto internazionale si è perso nel corso dei decenni per lasciare spazio al suo uso meramente politico al fine di colpire in modo particolare un unico Stato al mondo: Israele.
Nel caso di Israele la cosa ha assunto una dimensione che nel corso degli anni è diventata imbarazzante. L’origine di questo fenomeno risiede nelle istituzioni internazionali per giungere attraverso l’informazione e le organizzazioni non governative, all’opinione pubblica con l’unico scopo di delegittimare l’esistenza stessa di Israele.

Il termine “occupazione” o “territori occupati” è comunemente utilizzato – relativamente a Israele – dall’ONU, dalla UE e da una miriade di organizzazioni e mass media per indicare, indistintamente, alcune aree geografiche come Giudea e Samaria (Cisgiordania), il Golan o addirittura la Striscia di Gaza che dal 2005 ha visto il completo ritiro di tutti i cittadini e militari israeliani. Ma perché Israele non può essere accusata di occupazione?

Per prima cosa è importante conoscere la fonte che norma il principio di occupazione nel diritto internazionale: la definizione di occupazione, si trova nell’Art. 42 della Convenzione dell’Aia del 1907. Quindi il primo, e il più importante principio del diritto internazionale relativo all’occupazione, è riferito all’occupazione da parte di uno Stato del territorio sovrano di un altro Stato.

Il prerequisito fondamentale affinché si possa parlare di “occupazione territoriale” è che l’occupante e l’occupato (parzialmente o totalmente) siano due Stati riconosciuti. Non vi possono essere altri casi. Le aree di Giudea e Samaria erano rivendicate da due Stati, Israele e Giordania, dei quali, il primo, aveva un legittimo titolo legale derivante dal principio dell’uti possideti iuris, mentre il secondo aveva un illegittimo controllo territoriale ottenuto con una guerra d’aggressione. Il contenzioso è terminato nel 1994 con la firma del trattato di pace tra i due paesi, ma nonostante ciò il concetto che Israele “occupi” dei territori non è mai venuto meno. Un analogo ragionamento si può fare per le alture del Golan, conquistate da Israele con una guerra difensiva anche se non ratificata con un trattato di pace per volontà dello Stato aggressore: la Siria.

E’ importante, per i lettori, conoscere alcuni dati relativi all’utilizzo dei termini “occupazione” o “territori occupati” adoperati dalla sola ONU a partire dal 1946 tramite i propri organi: Consiglio di Sicurezza, Assemblea Generale, Consiglio dei Diritti Umani (fino al 2006 Commissione dei diritti umani), fino alle meno importanti agenzie onusiane. Una interessante indagine in questo senso è stata compiuta, alcuni anni fa, dal giurista americano Eugene Kontorovich e dal suo staff. I dati emersi dal loro lavoro sono sconcertanti.

Il Professor Kontorovich ha scoperto che l’ONU ha utilizzato i termini di “occupazione” o “territori occupati” circa 2.600 volte in relazione a tutti i casi mondiali di “occupazione” vera o presunta e in tutti i casi – tranne 16 volte – i termini sono stati utilizzati in riferimento al solo Israele. Se a questi dati aggiungiamo il fatto che Israele è accusato di “occupare” dei territori a partire dal 1967 e i dati ONU partono dal 1946 si può ben comprendere come Israele, uno dei più piccoli Stati del mondo, sia visto di fatto come l’”unico” Stato occupante al mondo dalla Seconda guerra mondiale ad oggi.

Evidentemente, per l’ONU, non c’è mai stata l’occupazione di parte di Cipro, dell’Afghanistan, di parte dell’Ucraina, della Cambogia, di Timor Est, del Tibet, del Vietnam, del Nagorno Karabakh e di altre decine di territori sparsi per il mondo per breve o lungo periodo. Una conseguenza diretta di questa “politica” (da non confondere con il diritto internazionale) da parte del più importante organo internazionale è la sua ricezione acritica dalla quasi totalità dei media. Per queste ragioni l’opinione pubblica mondiale è portata a credere con convinzione che Israele sia uno Stato “occupante” (anzi l’unico), o “colonialista” o perfino “imperialista”. Se è certificato dall’ONU rimangono pochi spazi per i dubbi e infatti, forti di questo “randello politico” opinionisti, giornalisti e politici attaccano Israele in tutte le occasioni.
Qui è sufficiente fare un solo esempio del doppio standard adottato dall’ONU nei riguardi di Israele: da molti anni ormai, si considerano i territori di Giudea e Samaria come “territori palestinesi occupati” (terminologia usata anche dalla UE) e di conseguenza si susseguono le risoluzioni ONU di condanna dell’”occupazione” israeliana. Da una attenta analisi si “scopre” che Israele avrebbe “occupato” quell’area dal 1967, tuttavia tra il 1948 e il 1967 non è mai esistito uno Stato palestinese e l’area invece era governata dalla Giordania. Come mai l’ONU non ha mai emesso una sola risoluzione di condanna per l’occupazione giordana? Forse perché non la considerava come occupazione. Ma se non era occupazione quella giordana come può esserla quella israeliana? Qui sta tutta la differenza tra diritto e politica.

Risulta fondamentale, per quanto esposto, cercare di utilizzare in modo corretto i termini relativi ad Israele per non cadere nella trappola che inevitabilmente si crea quando si usano a sproposito termini di diritto internazionale come “occupazione” volti unicamente a demonizzare e delegittimare l’unico Stato di diritto del Medio Oriente.

David Elber - Progetto Dreyfus Archivio | Progetto Dreyfus
David Elber

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