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Gli aiuti ai paesi africani: una prospettiva fallimentare Analisi di Antonio Donno
Sul “Foglio” di giovedì 20 luglio, Vittorio Emanuele Parsi ha pubblicato un interessante articolo sulle misure che adotterà Putin a proposito delle navi che trasportano grano e che passano per il Mar d’Azov, controllato dai russi. Il blocco delle navi è un’ulteriore misura utilizzata da Putin per incrementare lo stato di tensione che caratterizza la guerra russa contro l’Ucraina. Parsi sostiene giustamente che la strategia del leader russo si esprime nel motto “tanto peggio, tanto meglio”, anche se si tratta di una strategia che colpisce prevalentemente i paesi africani. Tuttavia, la crisi alimentare che potrebbe colpire quel continente avrebbe risvolti tragici sulla situazione internazionale.
Nella parte finale del suo articolo, Parsi scrive riguardo alle possibili vie d’uscita dalla situazione gravissima che si va prospettando a causa della nuova iniziativa di “questo mediocre cavaliere dell’Apocalisse”, come lo definisce l’autore dell’articolo. Questa parte merita qualche considerazione. Si tratterebbe di conciliare le necessità delle società ospitanti con quelle delle società da cui partono gli emigranti, ma la prospettiva indicata da Parsi è di assai difficile realizzazione, come ha dimostrato, a partire dagli anni sessanta, il programma di aiuti al Terzo Mondo, che fu varato dalle Nazioni Unite e accettato da molti paesi occidentali. Quel programma, che si prolunga fino ai nostri giorni, avrebbe dovuto aiutare i paesi del Terzo Mondo ad accedere a un progressivo sviluppo economico, accompagnato dalla democratizzazione del sistema politico. Tuttavia, l’immensa messe di denaro devoluta a quei paesi non ha prodotto alcun risultato soddisfacente: lo sviluppo economico non è avvenuto e il potere politico si è concentrato sempre di più nelle mani di dittatori senza scrupoli. La politica degli aiuti al Terzo Mondo è stata ed è un fallimento.
Per questo motivo, la prospettiva indicata da Parsi non può avere esiti positivi. Scrive Parsi: “La sola via d’uscita […] è rappresentata dallo sviluppo economico, politico e sociale [delle società di emigrazione], accompagnato dal non imbarbarimento [delle società di immigrazione]”. Il che riflette in qualche modo gli obiettivi che i paesi del Primo Mondo si erano proposti con gli aiuti a quelli del Terzo. Parsi sostiene, però, che ciò dovrebbe avvenire attraverso una politica di investimenti attenta, rinunciando alla beneficenza di un tempo. Ma i paesi del Terzo Mondo, soprattutto quelli africani, costituiscono obiettivi primari di Russia e Cina, che si sono posizionati in gangli vitali, soprattutto nel Sahel e nell’Africa subsahariana, senza, tuttavia, attutirne la povertà, ma incrementando soltanto i badget dei gruppi dirigenti al potere. Ne scaturirebbe un conflitto politico-economico che finirebbe per complicare ancor di più la situazione internazionale. Per questi motivi, il “processo lungo” prospettato da Parsi non pare essere destinato al successo e, per quanto riguarda l’attuale immigrazione, essa continuerà nei prossimi anni, accentuando l’“imbarbarimento” delle società avanzate ospitanti.
Antonio Donno |
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