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Antonio Donno
Israele/USA
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Gli Stati Uniti stanno rinunciando al loro ruolo nel mondo 25/08/2021
Gli Stati Uniti stanno rinunciando al loro ruolo nel mondo
Analisi di Antonio Donno

A destra: Joe Biden con Anthony Blinken

La fuga degli Stati Uniti dall’Afghanistan e la conquista del potere da parte dei talebani potranno avere un’influenza sulla situazione attuale del Medio Oriente? Un paese come l’Afghanistan, posto in una posizione strategica fondamentale nel cuore dell’Asia Centrale, una volta nelle mani di un gruppo terroristico come quello talebano, potrà avere delle conseguenze politiche sui paesi circostanti e sulle altre formazioni terroristiche che sono presenti in quell’immensa regione? Questo è uno degli interrogativi cruciali che emerge oggi a causa del ritiro americano e della conquista talebana. L’Occidente è fuori dallo scenario del Grande Medio Oriente, favorendo così gli interessi di Russia, Cina e Pakistan. In quale modo questi tre Stati utilizzeranno la ritirata americana non è dato sapere, almeno per il momento. La realtà, però, è sotto gli occhi di tutti: la sconfitta degli Stati Uniti è la sconfitta dell’intero Occidente. Dalla fine della guerra fredda l’Occidente ha dato forfait in molte aree strategiche del sistema politico internazionale.

Se si esclude il sostegno importante dato da Trump a Israele, anche con la creazione degli Accordi di Abramo, a partire da Obama e, oggi con Biden, Washington procede a lasciare il Medio Oriente senza che la regione abbia raggiunto un grado di stabilità grazie al ruolo decisivo degli Stati Uniti. Con Obama questo ruolo è venuto meno e Biden sta concludendo l’opera iniziata dal suo predecessore democratico. Biden afferma che il confronto con Russia e Cina è il cuore del suo programma politico e che, per far questo, occorre liberarsi di fardelli pesanti come quello rappresentato dalla questione mediorientale. Ma la conquista talebana dell’Afghanistan non rischia di aprire un nuovo scenario inedito nel Grande Medio Oriente? Ignorare quest’eventualità, non tanto remota, non porterà a un aggravamento dell’instabile situazione nel cuore del Medio Oriente, fino allo stesso equilibrio del Golfo Persico? Per una potenza globale come gli Stati Uniti escludere la situazione mediorientale dalla propria agenda politica per privilegiare le questioni relative ai rapporti con Russia e Cina è semplicemente inammissibile, politicamente perdente, una resa strategica dalle gravissime conseguenze.

La riconquista dell’Afghanistan da parte dei talebani pone Russia e Cina in un vantaggio strategico mai avuto nel passato. Inoltre, il paese possiede risorse mai sfruttate finora, che possono costituire una merce di scambio con le due potenze asiatiche. Ma anche il Pakistan, sebbene le sue potenzialità in senso lato siano inferiori, ha una linea di confine con il paese afghano di migliaia di chilometri, che gli può concedere la possibilità di una penetrazione territoriale. A sua volta, anche l’Iran ha una sostanziale linea di confine con l’Afghanistan, ma gli interessi di Teheran sono oggi volti a rafforzare la propria posizione nel Golfo Persico, una volta conclusi gli accordi sul nucleare e sui missili balistici con gli Stati Uniti.

In definitiva, il ritiro inglorioso degli Stati Uniti dall’Afghanistan avrà conseguenze politico-strategiche ancora non ben definibili. Gli Stati Uniti inizieranno a confrontarsi con Russia e Cina, secondo il progetto dell’Amministrazione Biden; a loro volta, i due paesi asiatici sosterranno il confronto con Washington, ma nello stesso tempo non si ritireranno da un’opzione importante come quella rappresentata dall’Afghanistan. Questa è la differenza tra Washington, da una parte, e Mosca e Pechino, dall’altra. E non è una differenza di poco conto. Gli Stati Uniti stanno venendo meno – progressivamente – a un compito storico che tutto l’Occidente gli ha conferito fin dalla Rivoluzione americana, una rivoluzione che ha dato una svolta alla storia del mondo e ha esaltato il ruolo della democrazia liberale americana, una democrazia liberale da esportare. Vedremo.

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Antonio Donno

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