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Russia, Turchia, Iran sono già i padroni del Medio Oriente?
Analisi di Antonio Donno
A destra: Hassan Rohani, Recep T. Erdogan, Vladimir Putin
È frequente leggere sulla stampa nazionale e internazionale che il Medio Oriente sia divenuto il centro degli interessi politici ed economici di Turchia, Iran e Russia, con la Cina che si adopera sempre più alla acquisizione di punti strategici nella regione. Così, la situazione è tale da poter affermare che l’Occidente si stia progressivamente ritirando dallo scacchiere mediorientale. Nel volgere di un secolo, prima la Gran Bretagna e la Francia, poi oggi gli Stati Uniti, si sono orientati o si stanno orientando in questa direzione. Il Medio Oriente, dunque, si starebbe proponendo come un fronte anti-occidentale, in via di egemonizzazione da parte di potenze euro-asiatiche. La guerra degli undici giorni tra Hamas e Israele ne sarebbe l’ultima evidenza.
Benché sia vero che Washington intende sganciarsi dalle questioni mediorientali per cimentarsi in scacchieri che oggi sembrano più urgenti per gli interessi americani, la regione è oggi in una fase di transizione, nella quale nulla può essere dato per certo, perché occorre tener conto delle questioni che sono ancora sul tappeto. Prendiamo il caso dei negoziati in corso dopo la fine della guerra Hamas-Israele, di cui per ora non si hanno notizie precise sul loro andamento. Secondo molti analisti, Israele avrebbe vinto la guerra, mentre Hamas avrebbe ottenuto un successo politico per sé e per il suo protettore Iran. Il che non ha ragione d’essere, se non si attendono i risultati dei negoziati che si stanno svolgendo con la mediazione dell’Egitto. Il nuovo governo d’Israele non ha alcuna intenzione di scendere a patti con i terroristi di Hamas, nel senso che si rifiuta di fare concessioni a chi lo ha attaccato proditoriamente. Non è da escludere che i negoziati falliscano, il che riporterebbe la questione dei rapporti tra Israele e i palestinesi al punto di partenza.
A loro volta, gli incontri di Vienna tra Stati Uniti e Iran sul problema nucleare iraniano e sui missili a testata nucleare posseduti da Teheran sono in corso ed è logico prevedere che da parte americana vi sia una connessione tra gli esiti di questo accordo e gli eventuali risultati degli incontri tra Hamas e Israele. La diplomazia di Washington non può non intrecciare le due questioni, perché l’Iran è il sostenitore militare ed economico di Hamas e, a loro volta, gli Stati Uniti, pur avendo posto le problematiche mediorientali al quarto posto nella loro agenda di politica internazionale, non potranno abbandonare il campo regionale senza aver conseguito risultati tangibili.
Vi è un ulteriore fattore da tenere in considerazione. Benché Turchia, Iran e Russia abbiano interessi evidenti verso il Medio Oriente, è difficile sostenere che le tre potenze possano giungere ad una alleanza, o almeno ad un sostanziale equilibrio tra i loro rispettivi progetti. Esse agiscono politicamente ed economicamente sullo stesso terreno regionale mediorientale, condividono l’opposizione all’Occidente – pur facendo parte la Turchia della Nato – ma un’eventuale alleanza, o il raggiungimento di un equilibrio non reggerebbe alla prova dei fatti, finendo per produrre tensioni alla prima occasione. Al di là di queste ipotesi, comunque, le agende dei tre paesi non potranno mai conciliarsi, mentre, dal canto suo, la Cina, senza interferire – apparentemente – con le loro politiche, punterà ad acquisire posizioni strategiche soprattutto nel Golfo Persico.
In conclusione, lo scacchiere mediorientale, a differenza di quanti lo definiscono ormai stabilizzato intorno agli interessi di Turchia, Iran e Russia, con la Cina quarto incomodo, è in movimento. Soltanto gli esiti dei negoziati tra Hamas e Israele e tra Iran e Stati Uniti potranno fornire chiavi di lettura per comprendere il futuro del Medio Oriente.
Antonio Donno |
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