Il business del terrorismo
ecco come le cellule terroristiche si arricchiscono
Testata: Libero
Data: 15/08/2003
Pagina: 13
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: Gli utili del terrorismo
Riportiamo l'articolo di Dimitri Buffa pubblicato su Libero venerdì 15 agosto 2003.
Un impero finanziario di oltre 1 miliardo e mezzo di euro, pari a circa 3 mila miliardi di lire, con un incasso annuo di oltre 300 milioni di euro. Questo é l'indotto per difetto del business del terrorismo, dello stop and go della lotta armata in Palestina. E' stato calcolato di recente dagli studiosi del centro di Kalkylia sul terrorismo e si basa sia sui soldi che Arafat e la sua banda hanno messo al pizzo all'estero ormai da venti anni, sia sull'incasso giornaliero delle estorsioni per la causa, un metodo ampiamente usato anche dall'Eta nei Paesi baschi e dalle Farc in Colombia, sia sul calcolo del traffico di droga e armi che rimane il piatto forte dell'Anp.
Questo stato di cose, dicono gli esperti israeliani, rende di fatto non
smantellabile la centrale terroristica che sotto le varie forme oggi esistenti, Hamas, Jihad islamica e Brigate Al Aqsa, é tutta comunque riconducibile al Fidel Castro dei Palestinesi. Che se riesce ad arricchire dei soldi suddetti e di tanti altri ancora le proprie tasche e quelle degli accoliti del suo regime, di certo impoverisce quelle già ben misere delle persone in nome delle quali dice di fare la lotta armata.
Oggi il reddito pro capite in Palestina, o meglio, nei territori dell'Anp, é ampiamente sotto i mille dollari. Nel 1993, dopo gli accordi di Oslo era a
quota 2800 dollari. Come si vede, in dieci anni si é decurtato di tre volte.
La Ue negli ultimi dieci anni ha dato un miliardo e mezzo di euro all'Anp per il suo popolo e anche di più ha ricevuto dagli altri paesi arabi. E che i soldi siano il perché dei fallimenti di ogni tregua e di ogni dialogo con i signori del terrorismo, lo sanno benissimo anche i capi degli Hezbollah libanesi che continuano un'impossibile guerriglia dal sud del Libano contro
l'Alta Galilea esclusivamente per giustificare i finanziamenti iraniani
nell'ordine dei 10 milioni di euro l'anno. Che finiscono in gran parte nei conti esteri dello sceicco Nasrallah.
Il patrimonio complessivo dell'Olp già nel 1990 veniva stimato tra gli 8 e i
14 miliardi di dollari americani. E benché l'organizzazione di Arafat fosse considerata dal giornale "Yedioth Aronot" come il principale investitore nelle borse di Francoforte, Parigi e Tokio per tutti gli anni '90, la parte più importante di una liquidità impressionante (con la quale ci si compra anche la simpatia dei mass media angloamericani ed europei) veniva secondo il rapporto del Servizio nazionale britannico di Intelligence criminale del 1993 (Ncis) da "donazioni, estorsioni, liquidazioni, traffico illegale di droga e di armi, riciclaggio di denaro sporco, frodi".
La corruzione dei dirigenti, quindi, é anche una delle ragioni della lotta
armata di oggi: si vive facendo del terrorismo suicida un business e non ci
si rassegna, se veramente Abu Mazen riuscisse a condurre in porto una pace
con la controparte israeliana, e dovere andare a lavorare come tutti gli
altri.
La vera distanza tra il padre padrone dei palestinesi e l'attuale premier che cerca di fare i salti mortali per mediare tra queste due opposte concezioni dello stato é tutta qui. Arafat in passato é stato capace persino di fare rapire uno dei propri cassieri a lui infedeli (si era messo a rubare in proprio) dall'emirato dell'Abu Dhabi dove si era rifugiato con il malloppo. Si trattava del famigerato Al Rusien e la vicenda accadde il 20 aprile del 2001.
Ai bei tempi gli uomini che si spartivano le spoglie del popolo palestinese
comprendevano anche Abu Mazen, che era a capo della "Sky pr", una società che aveva il monopolio dell'import export, nonchè l'attuale capo della sicurezza Mohammed Dahlan che invece gestiva i dazi doganali da ex capo della sicurezza di Gaza. Oggi questi due militano nella fazione avversa del partito di Arafat, quella che dice che "si è toccato il fondo e che bisogna guardare in faccia la
realtà". Gli altri "ladroni", che se non sono 40 come quelli di Ali Baba poco ci manca, purtroppo invece sono ancora stretti intorno al rais che li mise a
capo rispettivamente dell'edilizia (Ramzi Khouri), del petrolio (Hassan
Asfour), della spesa farmaceutica e della relativa industria (Nabil Abu
Rouday) e dei computer (Nabil Shaat, uomo di raccordo con l'Onu).
Un sistema politico così autoreferente, che ha nell'illegalità diffusa della
droga e delle scorribande terroristiche il proprio bancomat, dovrà innanzitutto trovare un'altrettanto lucrosa alternativa, prima di lasciare
il passo agli uomini che veramente vogliono la pace con Israele per il bene
del futuro stato di Palestina.
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