La vergogna dell’Aja: Hamas equiparato a Israele
Commento di Fausto Carioti
Testata: Libero
Data: 21/05/2024
Pagina: 1/15
Autore: Fausto Carioti
Titolo: La democrazia equiparata al terrorismo

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 21/05/2024, a pag. 1/15 l'analisi di Fausto Carioti dal titolo “La democrazia equiparata al terrorismo ”


Fausto Carioti

Il procuratore Karim Khan ha chiesto alla Corte Penale Internazionale di emettere un mandato d'arresto per Netanyahu così come per Sinwar, per Gallant così come per Hanyieh. Ha messo sullo stesso piano la democrazia liberale di Israele con il gruppo terrorista islamico che ammazza gli ebrei. Per la gioia di tutti gli antisemiti. Dove sono i nostri coraggiosi politici che si dichiarano amici di Israele, perché tacciono? Battano un colpo! Perché tacciono di fronte a questo scandalo? Perché non chiedere la chiusura di questa vergognosa Corte Penale Internazionale che non è servita mai a nulla? 

Gli antisemiti da tastiera e da campus universitario, gli odiatori di Israele e di ciò che l’unica democrazia di quella regione rappresenta, ossia l’Occidente, ora hanno un’arma in più, gentile omaggio dello stesso sistema giuridico occidentale. Il magistrato britannico Karim Khan, procuratore capo della Corte penale internazionale, ieri ha chiesto l’arresto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del suo ministro della Difesa, Yoav Gallant. Se la richiesta sarà accolta dai giudici, verrà emesso un mandato di arresto immediatamente esecutivo, e Netanyahu sarà il primo leader di un Paese occidentale a ricevere un simile trattamento.
Sarà anche una “innovazione” dei principi su cui opera quella corte, che ha poteri limitati e dovrebbe entrare in azione solo quando i tribunali degli Stati sono inerti dinanzi alle accuse di crimini di guerra. Mentre in Israele le procure stanno indagando, come ha ricordato il segretario di Stato americano Antony Blinken, che pure da mesi ha smesso di stare dalla parte di Netanyahu.
A partire dall’8 ottobre e sino ad oggi, secondo il procuratore il premier israeliano e il suo ministro si sono resi responsabili di «sterminio», «persecuzione» e altri crimini di guerra e contro l’umanità.
Accuse che non sfigurano a confronto dei capi d’imputazione per i quali, a Norimberga, furono processati i volenterosi carnefici di Hitler.
Per arrivare a queste conclusioni, lo stesso magistrato ha spiegato di essersi avvalso della consulenza di «un gruppo imparziale di esperti di diritto internazionale». Tra questi c’è la baronessa inglese Helena Kennedy, che nel 2020 firmò una lettera in cui si chiedeva al Regno Unito di imporre sanzioni a Israele, e l’avvocatessa libanese Amal Clooney, moglie dell’attore George, che nei giorni scorsi era stata accusata dai gruppi pro-Palestina di non battersi a dovere per la causa. Era un’impressione sbagliata: stava lavorando al caso della corte dell’Aja, che ha subito rivendicato come un successo personale sul sito della “Fondazione Clooney per la Giustizia”.
Il fatto che contemporaneamente, e con il sostegno dello stesso gruppo di luminari super partes, Khan abbia chiesto l’arresto di Yahya Sinwar e altri due capi di Hamas, non rende giusta ed equilibrata la decisione, come vorrebbe far credere chi l’ha elaborata, ma ne amplifica lo scandalo: proprio questa equiparazione è l’essenza della vergogna.
Non solo perché, in questo modo, si mette sullo stesso piano giuridico e morale ciò che non è paragonabile. L’aggressore che diventa uguale all’aggredito. Gli smembratori di bambini e gli stupratori trattati come i soldati in divisa, i quali hanno regole da rispettare e comandanti, tribunali e un’opinione pubblica interna che li giudicano. Uno Stato democratico che lotta per sopravvivere messo al livello dei terroristi che vogliono cancellarlo.
Ma perché, soprattutto, la par condicio tra le due parti in guerra è una finzione: la parte danneggiata dalla corte dell’Aja è una sola. Per Sinwar e gli altri due tagliagole, la richiesta d’arresto internazionale non cambierebbe nulla.
Nessuno metterebbe in discussione il loro ruolo al vertice di Hamas, perché la loro leadership non è legittimata da un processo democratico: comandano perché hanno i soldi e le armi. La cosa non influenzerebbe nemmeno il loro “status” internazionale: gli spostamenti dei capi di Hamas sono limitati agli Stati canaglia e alle organizzazioni terroristiche con cui trafficano, i cui capi se ne fregano del mandato d’arresto della Corte penale internazionale.
Per il premier israeliano vale l’opposto. Netanyahu è il leader politico di una nazione democratica, che significa avere avversari con i quali misurarsi sul terreno del consenso e milioni di elettori che lo valutano ogni giorno. Anche se la prima reazione è stata di sostegno nei suoi confronti (106 parlamentari della maggioranza e dell’opposizione, su un totale di 120, hanno subito condannato l’annuncio di Khan), il mandato d’arresto lo trasformerebbe in un’anatra zoppa, per la felicità dei suoi rivali interni e dei suoi nemici esterni.
Oltre a danneggiarne l’immagine dentro e fuori i confini d’Israele, quella richiesta impedirebbe al capo del governo di Gerusalemme qualunque attività internazionale nei 124 Stati che hanno ratificato lo statuto della Corte dell’Aja, tra i quali ci sono i ventisette membri dell’Ue e il Regno Unito, i quali avrebbero l’obbligo di arrestarlo appena poggiasse piede sul loro suolo.
Il capo militare di Hamas è già un fuggitivo e un paria della scena internazionale. Il primo ministro d’Israele lo diventerebbe, e assieme a lui sarebbero messi ai margini i milioni che lo hanno votato e lo Stato che rappresenta. Il sogno degli antisemiti occidentali trasformato in realtà da un pugno di toghe.

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